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"Hai mai avuto paura di amare?" intervista a Motta per l'uscita di "La musica è finita"

Emozionarsi per una canzone, credere nelle persone e volere il cambiamento sono solo tre delle cose che ci stupiscono parlando con Motta del suo ultimo lavoro in studio "La musica è finita". Nella nostra recensione lo avevamo descritto come un disco da capire con l'immaginazione più che con la memoria o la razionalità. Ed infatti "La musica è finita" è un album che sfida le convenzioni e incanta per la sua profonda emotività segnando un nuovo punto di svolta sia per lui stesso che per chi lo ascolta con fiducia. Il mondo che c'era e il mondo che c'è sono due facce della stessa medaglia, le due parti di un disco che si legano insieme alla ricerca di una nuova prospettiva: dopo sette anni dall'inizio la voglia di fare musica e di riscoprirsi è più viva che mai.


Parlando dell'accoglienza del suo ultimo lavoro, del concept dietro la copertina dell'album, delle sue esperienze personali e della sua visione della musica e della vita, abbiamo scoperto una nuova prospettiva sul mondo attraverso gli occhi di Motta.



Vorrei iniziare chiedendoti: che accoglienza hai percepito per "La musica è finita" ad una settimana dall'uscita?

Mi sembra ottima, stanno scrivendo delle cose belle e sento un qualcosa che non sentivo da tempo. È un disco diverso ma è stato accolto bene, sento un pubblico che si fida di me ed è una cosa stupenda. Ho sentito questa cosa meravigliosa anche durante la prima data live del tour. Tutto ciò mi fa sentire molto in movimento e libero.


Penso sia perché ci hai abituati a vederti rinnovato ogni volta. Ciascuno dei tuoi album è per qualche aspetto diverso dall'altro e chi ti ascolta è abituato a vederti ripartire da zero ogni volta.

Si esatto, anche se a questo giro vedo un approccio ancor più diverso da prima. Volendo ci sono delle canzoni che potrebbero andare in "La fine dei Vent'anni", altre in "Vivere o Morire", non sento canzoni che potrebbero andare in "Semplice", perché quel disco lì è stata una parentesi che mi è servita ancor di più a staccarmi dalla crisi degli ultimi 7 anni con me stesso.


Un aspetto che vorrei approfondire per iniziare è quello della copertina. È molto curiosa, che concept ha dietro?

All'inizio doveva essere sempre doppia perché Pepsy Romanoff che ha curato la parte grafica del disco si è presentato a me dopo aver ascoltato un po' di provini capendo prima di me che questo album ha due facce. L'inizio e la fine. La parte sopra della grafica l'abbiamo scattata a Domodossola, nella famosa "D" di Domodossola, in un posto meraviglioso. Nella parte sotto della grafica invece doveva esserci una foto ribaltata della mia mano inizialmente, che poi abbiamo usato per altre foto dentro al vinile. Poi ad un certo punto, a poco della consegna, ho visto questa foto di Pepsy che aveva scattato in uno dei suoi viaggi e ne sono rimasto affascinato. Continuavo a vederla e gli ho chiesto di provare a metterla come seconda foto ribaltata. L'effetto era molto più estremo. Un vero ribaltamento tra "io che ci sono" nella parte sopra e un mondo che non c'è più ed è ribaltato come fosse abbandonato, nella parte sottostante. Ho ritrovato queste due parti poi anche nel disco e l'intervallo segna proprio questa divisione.


Cosa stai lasciando dietro della tua vita con questo album? Qual è quella parte abbandonata?

Le fragili convinzioni che mi sono portato avanti negli anni rispetto a quelle fragilità che si rispecchiavano in un'autoreferenzialità eccessiva. Sia nei testi che nei featuring ad esempio. Mi sento molto più leggero rispetto a prima. Non che abbia trovato una comfort zone, anzi. Ho ricominciato a poter viaggiare e ad aver a che fare con le persone a tu per tu dopo la pandemia e ho cercato finalmente di accettare le cose che non posso cambiare nella mia musica e nella mia vita. Banalmente la mia voce è una di quelle cose che ho accettato, ho cercato di cambiare tutto il resto per far sì che la mia voce avesse uno spazio diverso da quello che aveva 7 anni fa.


Non sei in buoni rapporti con la tua voce?

Adesso ti dico di sì. Ma c'è stato un momento due anni fa in cui sentivo i miei provini e mi sembrava di ripetere cose che avevo già fatto prima e magari anche meglio. Questa cosa qui mi disturbava. Ti parlo della voce perché è in realtà un indicatore di un qualcosa che non potevo cambiare. Erano i miei provini a non piacermi, più che la mia voce, perché mi sembrava tutto già sentito, ero su una strada già percorsa. Questo ha significato aver cambiato tutto il resto, a partire dalle parole, per dargli un nuovo slancio.


Accennavi anche ai featuring, prima di questi album non avevi collaborazioni particolari, come mai?

Esatto, ho collaborato spesso con tanti musicisti ma di featuring soltanto due, uno con Alosi de Il Pan del Diavolo e l'altro con mia sorella in "Semplice". Non ero molto aperto ai featuring perchè li fanno tutti e spesso si vedono delle collaborazioni che è evidente che sono puramente "strategiche" a prescindere dal risultato. In questo senso spero di non fare mai featuring così, per me è fondamentale che la musica sia una cosa vera e ben fatta, si sente se prendo per il culo le persone e non vorrò mai questo.


Tra le collaborazioni di questo disco spicca sicuramente quella con Jeremiah Fraites, che per un amante dei Lumineers e della tua musica è un vero all-in. Come nasce questa conoscenza?

Nasce perché i Lumineers pubblicarono un post di una loro playlist in cui avevano messo "Ed è quasi come essere felice" e ci siamo conosciuti. Io li amo totalmente, sono fortissimi dal vivo e hanno un modo di scrivere che è unico, quella roba lì la fanno solo loro così. Jeremiah ad un certo punto si è trasferito in Italia, ci siamo visti nel suo studio e ho iniziato ad ascoltare un po' di prove musicali che aveva, perché lui ha anche un progetto di piano solo. Ho sentito questo giro di piano e ho subito pensato "devo scriverci qualcosa sopra assolutamente". È stato difficile scriverla perché è un universo che è difficile da mettere in italiano: quella musica lì la fanno bene loro, in lingua. È stato difficile ma penso di esserci riuscito.


In quel pezzo citi anche il Giardino degli Aranci, ha un significato particolare per te?

Beh si, perché è un luogo dove davvero non sono mai stato e in cui vorrei andare. È tutto vero!


Cos'è "quello che ancora non c'è" nella tua vita attuale?

Tante cose in realtà, quel brano - non dovrei dirlo - ma è il brano a cui tengo di più. Personalmente mi succede poche volte di emozionarmi così tanto nello scrivere e cantare un pezzo. Tutti ad un certo punto facciamo i conti con quello che ancora non c'è. Tante cose non ci sono ancora ma non significa che non si possa essere felici di quello che invece si ha.


Ti è mai capitato di avere paura di amare come per i protagonisti di Anime Perse?

Io sinceramente no, mi sono sempre buttato nell'amore. Se inizio qualcosa non riesco a farla con la mano sinistra. A volte però mi sono trovato a non avere un amore sufficiente verso me stesso e quindi non essere in grado di poter amare un'altra persona. Il che non significa non saper stare da solo, quella retorica lì del "per poter star bene insieme bisogna saper stare bene anche da soli" non l'ho mai condivisa tanto, io da solo bene non ci sto, ma per me non è un problema. Il problema di amarsi e volersi bene quello c'è ed è importante. Se una persona non si ama e non pensa al suo benessere è difficile che riesca ad amare.


Mi viene in mente un ritornello del precedente disco, di "Quando guardiamo una rosa": tu pensi che la felicità sia nelle cose o nelle persone?

Penso si trovi nelle persone. Credo tanto alle persone, alla condivisione, a tante cose che abbiamo visto anche in pandemia: tolte le persone quello che rimane è un certo tipo di solitudine che risulta interessante lì per lì ma solo per poco tempo.


Riguardo la musica, tu pensi ti abbia dato le risposte che cercavi?

Risposte in realtà no, mi ha aiutato a farmi le giuste domande. Mi ha fatto stare sempre meglio, mi ha salvato dal mondo tante volte e ora continua a salvarmi da me stesso. Non ho mai cercato risposte nella musica, mi sono fermato al farmi le giuste domande.


La musica ti aiuta ad avere una visione più ottimista o pessimista del mondo?

Forse realistica si, a livello di emozioni che cambiano tanto col tempo. Alla fine dei vent'anni mi ero bloccato sul vedere tutto o bianco o nero, il voler mettere l'acceleratore sulle cose forse mi ha dato quello sprint in più a livello emotivo.


In redazione abbiamo molto apprezzato la scelta di condividere il palco con i volontari di Emergency, che saranno presenti ai tuoi live a testimonianza di ciò che portano avanti ormai da anni. Tu come vivi la responsabilità sociale che un artista può avere? Una necessità o una possibilità?

Una necessità in quanto cittadino, sinceramente. Nel senso che queste persone si danno da fare giorno e notte per far sì che questo mondo non ti dico possa migliorare ma almeno che non tracolli su se stesso. È una responsabilità da cittadino prendere una posizione sociale e cercare di difendere quello in cui si crede, anche in un momento storico in cui va di moda dire tutto e il contrario di tutto. Ovviamente l'onore è mio di avere Emergency in tour, spero che le persone al concerto si informino a riguardo. Chi fa concerti ha un megafono e va usato responsabilmente e bene soprattutto.


Ripensando al tuo percorso artistico cambieresti qualcosa col senno di poi?

Sono contento del percorso che c'è stato; forse l'idea di trasferirmi all'estero, per quello in cui credevo a vent'anni, mi avrebbe aperto altre vie ma non so se migliori o peggiori, però non mi avrebbe permesso di innamorarmi del linguaggio e della scrittura delle canzoni in italiano. Quindi alla fine va bene così.


Per concludere, se un giorno dovessi smettere di fare musica a cosa ti dedicheresti? Qual è la tua seconda più grande passione?

Ho tante passioni, davvero tante, ma senza musica mi sembrerebbe di non avere la possibilità di respirare. Di piani B ce ne sarebbero tanti, ma non li vedo possibili. Per me staccarmi dalla musica sarebbe come cambiare nome.



Queste le date in programma del tour nei club di Motta:

27 ottobre – LIVORNO – The Cage (data zero) - SOLD OUT

9 novembre – MILANO – Magazzini Generali

10 novembre – TORINO – Hiroshima Mon Amour

11 novembre – RONCADE (TV) – New Age

16 novembre – FIRENZE – Viper

17 novembre – BOLOGNA – Estragon

23 novembre – POZZUOLI (NA) – Duel Club

24 novembre – CIAMPINO (RM) – Orion

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