Cosa significa fare volontariato in un'associazione LGBTQIA+: il racconto in prima persona
- Iris Chindamo
- 16 giu
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 5 giorni fa
Seconda puntata della nostra rubrica PrideVision!

Vi siete mai chiestɜ come sia un'associazione di volontariato LGBTQIA+ al suo interno o chi siano lɜ volontariɜ che ne fanno parte? No? Beh…oggi proverò ad accendere la vostra curiosità nel corso di questo articolo raccontandovi la mia personale esperienza.
Il volontariato è un tema difficile da affrontare nella società attuale, che è sempre più orientata all'individualismo anche a causa delle nuove tecnologie che, semplificando la vita tramite soluzioni calcolate e veloci, ci danno l'illusione di non aver più bisogno delle altre persone. La realtà dei fatti è che siamo esseri sociali e, in quanto tali, necessitiamo di altri umani al nostro fianco.
Il problema principale che affligge ogni giorno le persone della comunità LBGTQIA+, non sono solamente gli episodi di violenza fisica o verbale, ma anche l'invisibilità e la negazione di diritti fondamentali. Questo significa che gli atti di odio si possono verificare potenzialmente ogni giorno a partire dalle istituzioni, passando per datori di lavoro, colleghɜ, vicinɜ di casa, fino ad arrivare, purtroppo, anche alla propria famiglia.
Qualche dato…
Secondo i dati raccolti dall'ISTAT negli anni 2019-2022, "una parte compresa tra il 26% ed il 41,4% delle persone intervistate dichiara che il proprio orientamento sessuale li ha svantaggiati nel lavoro o nell’avanzamento di carriera, e un’altra tra il 40,3% ed il 61% evita di parlare della propria vita privata sul posto di lavoro per non rivelare il proprio orientamento sessuale. Circa l’80% dichiara di avere subito micro-aggressioni sul posto di lavoro, mentre un terzo ha descritto esperienze di ostilità e di vessazione nell’ambiente di lavoro".
Nel 2023 l’ISTAT ha condotto un'indagine esplorativa sulle discriminazioni lavorative nei confronti delle persone trans e non binarie e ha convenuto che "la popolazione target che ha risposto al questionario ha coinvolto 630 persone (34,1% uomini trans, il 19,4% donne trans e il 46,5% persone con identità di genere non binaria) e ha avuto come esito che, nel complesso, il 57,1% delle persone occupate o ex-occupate intervistate ritiene che la propria identità di genere trans o non binaria abbia costituito uno svantaggio nel corso della vita lavorativa, in almeno uno dei tre ambiti considerati (carriera e crescita professionale, riconoscimento e apprezzamento, reddito e retribuzione) dall'indagine."
Attraverso i dati raccolti nel 2023 dalla Gay Help Line nelle attività di supporto diretto alla persona, è stato rilevato che "gli episodi di discriminazione e odio salgono del 34%, e impattano in maniera sistemica in fasce di popolazione esposte a molteplici fattori di esclusione e marginalità perché giovani, straniere o migranti, con minori risorse economiche, educative e sociali. In particolare, la violenza verso le persone lesbiche, gay, trans* è non binarie è intercorsa nel 53% dei casi totali: per il 73% di questi tra conoscenti, per il 27% da sconosciuti, sia su piattaforme online che negli spazi fisici."
È qui dunque che subentrano lɜ volontariɜ delle associazioni LGBTQIA+ che non solo organizzano i pride durante i mesi estivi, ma anche una serie di iniziative ed eventi, sia ludici che informativi, volti all'abolizione dei classici meccanismi di odio ricorrenti nella società. Il pride non è solamente una sfilata colorata e piena di glitter, ma un vero e proprio strumento di lotta e rivendicazione politica, necessaria per riportare alla luce le persone e i diritti che vengono ignorati o negati sistematicamente. Com'è logico che sia, chi non vive questa situazione in prima persona o non segue le pagine delle varie associazioni, non può sapere che questo momento gioioso e colorato rispecchia solamente la punta dell'iceberg, il culmine di un lungo e duro lavoro che lɜ volontariɜ portano avanti durante tutto il corso dell'anno.
Chiaramente, non tutte le persone della comunità lgbtqia+ sono vittime di violenza (fortunatamente) ma diminuire questi dati raccapriccianti dovrebbe essere compito di ognunə di noi e non solo durante il mese del pride.
La mia esperienza
Ho iniziato a fare volontariato per Lecco Pride nel 2021 attraverso delle semplici e veloci riunioni online che sono state sicuramente più semplici da gestire, anche banalmente in termini di imbarazzo iniziale dovuto all'ingresso in un nuovo contesto. Strada facendo poi, sono arrivata a conoscere tuttɜ anche in presenza e alle riunioni e ai vari eventi organizzati dall'associazione. Il mio ruolo all'interno di essa e il mio rapporto con lɜ volontariɜ sono ovviamente cambiati nel corso negli anni e posso dire di aver vissuto un importante percorso di crescita personale, sentendomi per la prima volta di appartenere ad un vero gruppo, che ormai è diventata praticamente una famiglia scelta.
Non ho mai fatto alcun tipo di coming out (nemmeno con la mia famiglia), ho semplicemente avuto cotte o infatuazioni per varie persone, a prescindere dal loro genere, perchè quello che mi interessa veramente sono le persone e il loro carattere, il loro animo.
Io mi sento parte della comunità ma comunque non ho mai subito discriminazioni (fortunatamente) però, facendo parte di questa associazione, ho avuto modo di conoscere chi ne ha sofferto molto ed è per questo che, tutto ciò, non ha fatto altro che accrescere la mia voglia di lottare per loro.
È sempre tutto facile?
Spoiler: no.
Le associazioni sono formate da gruppi di persone diverse e, in quanto tali, è impossibile dare sempre il massimo o essere sempre d'accordo con tuttɜ.
Non è tutto glitter e arcobaleni come sembra, ci sono lati burocratici obbligatori che riguardano l'organizzazione degli eventi, oltre che del pride. Bisogna sempre ricordarsi però che i momenti difficili sono un'occasione per migliorarsi e imparare dai propri errori per fare sempre di meglio e continuare a perseguire il proprio scopo principale: la lotta per i diritti umani e l'abolizione delle discriminazioni e delle violenze.
Ne vale la pena?
Sì, ovviamente è sempre utile fare del bene.
Forse verrebbe da chiederci: "ha ancora senso fare volontariato in un mondo del genere?" o “io da solə posso fare davvero la differenza?”, se ci pensate effettivamente è vero che l'unione fa la forza, non è solamente una frase fatta. Putroppo nel mondo attuale regna sempre di più l'indifferenza, in cui è più facile filmare un'episodio di violenza con il cellulare piuttosto che dare effettivamente una mano, anche banalmente chiamando aiuto.
Ispirazione e influenze
I miei genitori hanno iniziato pochi anni fa a fare volontariato nella protezione civile, a più di cinquant'anni, e mia madre, da quest'anno, è da poco entrata anche a far parte del team di volontariɜ del pronto soccorso. Questo è per dirvi, semplicemente, che non è mai troppo tardi per fare buone azioni nella vita, non bisogna sentirsi in dovere di fare per forza volontariato o agire immediatamente, ogni piccolo gesto quotidiano potrebbe aiutare qualcun'altrə.
Conclusione
Per essere delle persone buone e altruiste serve per forza destreggiarsi tra lunghe riunioni e eventi intensi e che occupano molto tempo? No, l'importante è dedicare almeno un po' della propria vita agli altri e, vi posso assicurare, che anche la vostra migliorerà di conseguenza.
Fare del bene alle altre persone (e farlo gratis) può sembrare un po' una follia di questi tempi, eppure eccomi qui, a scrivere la mia esperienza che spero possa, anche solo in parte, ispirare qualcunə a fare del bene. E con ciò non intendo per forza diventare volontariǝ in un'associazione LGBTQIA+, ma anche banalmente fare delle piccole donazioni, partecipare a raccolte fondi, comprare gadget i cui soldi andranno in beneficienza.
Insomma, che tu sia unɜ volontariɜ di un'associazione di qualsiasi tipo, LGBTQIA+, ambientalista, femminista o altro, l'importante è fare del bene, perchè la soddisfazione personale e la crescita morale che ti porterai dentro saranno immense e dureranno per sempre.
Piccola nota grammaticale inclusiva: ho cercato di utilizzare il più possibile un linguaggio inclusivo per rispetto verso le persone non binary o per chiunque non si senta a proprio agio con l’utilizzo dei pronomi binari (maschile o femminile). Comunque, per chi non lo sapesse il simbolo che vedete ovvero “ɜ” non è altro che una "schwa lunga", ovvero il plurale della normale “schwa” più conosciuta e indicata con “ǝ”, utilizzata per evitare di declinare le parole italiane al maschile o femminile.
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