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L'essenziale è invisibile agli occhi, ma forse anche alle orecchie: "La musica è finita" di Motta

a cura di Michela Ginestri e Nicola Lorusso


È uscito oggi 27 ottobre "La musica è finita" (Sugar Music), terzo album in studio per Francesco Motta prodotto insieme a Tommaso Colliva, a poco più di due anni dall'ultimo disco "Semplice".


"Il mio silenzio nell’ultimo anno è stato fare musica ogni giorno"

Un disco diretto, sfacciato e potente, la cui scrittura è più asciutta, disillusa e concisa che in passato. Si deve leggere tra le righe più volte per svelare i vari strati di cui è composto, segno di come la penna del cantautore stia diventando sempre più alta e sfuggente, da rincorrere con l'immaginazione più che con la memoria. Ascoltare la musica di Motta ha sempre significato trovare delle parti di me che non sapevo neanche di avere, un po' come quando parlavo con mia nonna delle lettere che si scambiava col nonno durante la guerra. Forse la mia idea di romanticismo nasce proprio da quei fogli di carta.



Apriamo le danze con "Anime Perse", uscita lo scorso maggio, che racconta l'attimo prima della fiducia, quel momento chiamato paura. Lei amava e poi giocava con l'amore, lui scappava dai suoi occhi, due anime perse nella stessa paura di riuscire ad amare. Durezza e difficoltà nelle relazioni: se per i bambini amare è semplice e per gli anziani invece è facile, per tutti noi nel mezzo è un seducente casino. D'altronde le cose facili costano un sacco di cose difficili. L'immagine prosegue con le due anime che camminano insieme senza parlare, evocando una sensazione di connessione silenziosa e di intesa profonda tra due persone che condividono la stessa esitazione. Chiude questo immaginario piano sequenza il momento in cui i due personaggi si sdraiano a terra come immersi in un temporale: se lo sdraiarsi a terra è simbolo di un nuovo inizio, il temporale rappresenta quella paura di aprirsi e lasciare la pioggia entrare e scavare dentro di noi. Un brano potentissimo in apertura, che sconvolge in pieno stile Motta.


Si sdraiarono a terra come dentro a un temporale in un nuovo destino con la stessa paura di riuscire ad amare (da "Anime Perse")

Ribellione e voglia di cambiamento mista ad una forte disillusione sono gli ingredienti principali di "Per non pensarci più". La canzone si sforza di sfuggire al pensiero e alle preoccupazioni che sembrano gravare sul protagonista. C'è il desiderio di liberarsi da un modo di pensare che diviene col tempo opprimente, il riferimento a Roma come una città tradita a suggerire una relazione complessa con il luogo in cui è nato, forse un senso di estraneità. Sembra di giocare con l'idea di ballare sui problemi senza risolverli mai, rivelando una sorta di consapevolezza delle proprie contraddizioni. Forse la soluzione è stare nel mezzo, tra passato e futuro, nel presente.


E ora balliamo sui problemi che poi non risolvo mai Sulla coerenza che mi ha ucciso Per non pensarci più (da "Per non pensarci più")

Uno dei brani più taglienti dell'album è "Titoli di Coda", al quale la presenza di Willie Peyote regala un preciso senso di profondità in perfetta sintonia con lo stile di Motta. Più che titoli di coda il brano descrive la scena nascosta dopo i titoli finali di un film, è l'attesa nonostante la delusione, è il desiderio di riconoscimento e di appartenenza, è il volerci essere anche quando sembriamo arrivati ad un punto fermo della vita. Il nucleo emotivo della canzone è proprio in quel senso di resilienza enfatizzato nel ritornello. Per la prima volta Motta si apre a delle collaborazioni, che si riveleranno tutte di altissima qualità, scelte con cura in modo che gli artisti risultino a tutti gli effetti co-protagonisti dei pezzi, non semplici comparse tra una strofa e l'altra.


Adesso è troppo presto per i titoli di coda Non sono i cento metri è la fottuta maratona (da "Titoli di coda")


"Alice" è la normalità. La semplicità di farsi bastare chi siamo e cosa abbiamo. Alice è la nostalgia. Per Erri de Luca "Quando ti viene nostalgia non è mancanza. È presenza di persone, luoghi, emozioni che tornano a trovarti". È un ritorno di qualcosa, è un ciclo che si chiude e lascia ad un altro lo spazio per aprirsi. La nostalgia non è malinconia ma è una parte interiore di noi che ci accompagna verso qualcosa che non c'è più e che allo stesso tempo è presente e ci fa rinascere. Ad accompagnarci verso quelle emozioni che ritornano è la voce delicata di Giovanni Truppi, che in punta di piedi ci riporta all'infanzia e alla sensazione di sicurezza e felicità che si prova quando ci si trova accanto a qualcuno di importante. Alice siamo noi nel momento in cui ritroviamo quelle emozioni nel presente.


Non ho mai cercato nient’altro che di ritrovare la sensazione di quando, da bambini, ti venivo vicino e sentivo che tutto quello che mi interessava e che era importante era lì (da "Alice")

L'album si dimostra rockeggiante, sperimentale e alternativo fino a punti in cui Motta non si era mai spinto finora, ma che gli calzano a pennello. È il caso di "La musica è finita", intensa title track che si tuffa in temi profondi e complessi, riflettendo sulla natura effimera dell'arte e della vita: in un'epoca in cui la sacralità è persa, è possibile ritrovarla nella lucidità di chi ha "capito che in fondo c’era del buono nella mia rabbia e nel confondere l’amore e l’abbandono".


La musica è finita andiamo via Il mondo stacca l’elettricità Ci vuole un senso, una filosofia Un po’ di luce nell’oscurità (da "La musica è finita")

"Scusa" in collaborazione con nientemeno che Jeremiah Fraites (anima e voce dei The Lumineers) alla produzione, piano e batteria, ci porta a far luccicare gli occhi in piena tradizione Lumineersiana. Protagonista della traccia è una connessione tra due persone, nata da un cuore che sembra avere una memoria propria e sa qual è il suo posto anche prima dei suoi proprietari. Nella mia rincorsa immaginaria quel chiedere scusa nel ritornello è un modo di condividere preoccupazioni e paure con l'altro, insieme a un desiderio di trovare una sorta di perdono per tutte quelle volte in cui non si è riusciti a farlo. Che bello chiedere scusa, e che bello correre. Nel brano viene catturata anche una sorta di nostalgia, non verso quello che eravamo (come in "Alice") ma verso quello che siamo diventati. "Vieni via con me" presente in "Quello che siamo diventati", dal suo secondo disco, si ritrova nel gesto di "rimanere qui per vedere come va a finire".


Lasciamo scivolare la tristezza Su tutto il peso delle mie parole E vestiti, ti porto al Giardino degli Aranci Insieme non ci siamo stati mai (da "Scusa")

"Maledetta voglia di felicità" in collaborazione con Ginevra è forse la canzone più radiofonica e già sentita del disco. Va a scavare in quella "maledetta voglia di felicità" che anima ogni giorno della vita adulta, ci riempie di ricordi, rimorsi ed errori e ci apre infinite strade e piani sequenza in cui perdersi nel mentre.


E finalmente la calma ritrova le cose importanti E le tue labbra scivolate via dai miei fraintendimenti (da "Maledetta voglia di felicità")

Un piano che batte il tempo e synth in abbondanza ci introducono alla penultima traccia del disco. "Se Non Avessi Avuto Te" è una canzone che esprime un profondo senso di ricerca di se stessi, di lotta contro le proprie paure e di desiderio di libertà. Il verso "E non riesco più a calmarmi, sento una voce che non c'è" in particolare cattura quel senso di disagio e di confusione interiore, una lotta con pensieri e voci che ci tormentano, quasi che il te del titolo sia proprio l'ansia, l'insicurezza che ci trascina giù mentre la mente vola via incontrollata.


Io non riesco a stare fermo Mentre cambia il vento (da "Se non avessi avuto te")

A chiudere il disco è "Quello che ancora non c'è": il desiderio di stare bene, in equilibrio tra tristezza e felicità, che non sempre sono così opposte. La tristezza, vista come un sano desiderio di volare, è innata, e quando impariamo a conviverci diventa un'ottima spinta per riuscire ad ascoltarsi e innalzarsi in volo. Il mare, che nella precedente canzone era lontano è ora vicino tanto da farci l'amore, e diventa simbolo della ricerca di un'idea di libertà e sicurezza, ma soprattutto di cambiamento e crescita.


E quello che mancava prima Adesso non ti importa Perché adesso sei cambiata (da "Quello che ancora non c'è")

Ciliegina sulla torta, la bonus track "Per sempre", che trasforma la promessa più inflazionata di sempre in un inno alle cose che restano per sempre, come le canzoni, gli abbracci e la libertà e le persone che ci vogliono bene.


Come se l'essenziale fosse non solo invisibile agli occhi ma forse anche alle orecchie, il silenzio è la chiave di volta dell'album. Quando tutto finisce - la musica, il mondo, la fede - è lì che ci si ritrova a scoprire ciò che davvero conta. "Il film è finito ma restiamo ancora, questo silenzio è una perfetta colonna sonora": per ascoltarsi, fermi e meditativi, a metabolizzare le nuove consapevolezze. Come succede al termine di un bel concerto, quando si va via dalla sala, soddisfatti, a pancia piena e bocca chiusa in un sorriso sognatore per l'esperienza appena vissuta. Ecco, arrivati alla fine de "La musica è finita" si torna alla vita con una consapevolezza diversa delle cose, con una profonda curiosità per come andrà a finire tutto questo mondo che ci siamo ricamati intorno. La stessa che ti spinge a cercare quel qualcosa di nuovo, oltre, per "perderti in quello che ancora non c’è": nella normalità di tutti i giorni, nella tristezza, nella gioia, nell'amore e nell'oscurità che ogni tanto ci avvolge sorniona.


PS: troviamo che sia uno splendido esempio il fatto che, così come Motta è stato presente all'evento Emergency qualche settimana fa al Parco Nomentano, così in tutti i suoi prossimi concerti saranno presenti dei volontari di Emergency per sensibilizzare il pubblico nella diffusione di una cultura di pace. “Sono felicissimo - commenta Motta - che gli amici di Emergency saranno presenti in tutte le date del tour. Questo perché sarò sempre dalla parte di chi sostiene la diffusione di una cultura di pace. Come ha detto Gino Strada, ‘Io non sono pacifista. Io sono contro la guerra”.



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