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"Le Ragazze Della Valle" Vale LP e Lil Jolie raccontano il loro joint album - Intervista

Prendi due artiste che si conoscono da anni, mettile su due percorsi di carriera paralleli e poi falle rincontrare, falle lavorare ad un album a quattro mani e avrai un progetto valido e accattivante. Vale LP e Lil Jolie sono le protagoniste di questa storia e "Le Ragazze Della Valle" è il loro joint album. Un album dove si vedono non solo le anime delle due cantanti ma anche temi profondi come il senso di comunità, l'accettazione di sé e del rispetto.

Ne abbiamo parlato con loro e ne è seguita un'intervista onesta e genuina, proprio come Vale LP e Lil Jolie.

Ciao ragazze, “Le Ragazze Della Valle”, il vostro joint album, lo descrivete come un viaggio attraverso emozioni profonde, l'educazione all'affettività e la lotta interiore che diventa riflessione sociale. Come nasce questo viaggio e come questi tre temi vi toccano da vicino?

Nasce proprio da questa riflessione che prima è stata vita, percorso e poi è diventata una riflessione tematica e semantica. Semplicemente entrambe venivamo da un primo periodo di scoperta nostra personale musicale.


Angela l'anno scorso ha fatto il suo disco, ha fatto l'esperienza di Amici, io venivo dalla scrittura del mio disco che mi ha preso due anni della mia vita quindi era il nostro primo momento anche dove ci stavamo rendendo conto che non eravamo più le ragazzine di 18 anni che stavano giocando, ma che questa cosa di raccontarsi e di utilizzare la musica e di essere il nostro lavoro stesse diventando effettivamente molto più catartica, importante, matura, consapevole, quindi entrambe venivamo da questa esperienza anche non in maniera negativa, egoriferita. Quando puoi stare nel tuo viaggio, nella tua fantasia, rincorrere le canzoni da sola, anche se la musica è sempre un esercizio di insieme perché ci sono più persone che la fanno, fare un proprio disco unicamente tuo è una questione differente. Però ne avevamo abbastanza dopo questo periodo di aver lavorato a queste cose in maniera singola, sentivamo che era arrivato il momento anche per necessità di rincontrarci e di dare vita a questo progetto di cui avevamo effettivamente sempre avuto l'idea da piccoline volevamo fare un disco insieme da sempre però entrambe come abbiamo anche detto sentivamo la necessità ecco di scoprirci, fare i nostri primi lavori in maniera indipendente, eccetera.


Quando lei (Lil Jolie, ndr) torna ad Amici sentiamo questo ricongiungimento molto personale ed emotivo, è stata la prima volta che siamo state così lontane, perché poi effettivamente da dieci anni non ci siamo mai separate. Viviamo insieme, siamo amiche, lavoriamo insieme ai nostri progetti, quindi in realtà è successo e poi dopo ce ne siamo rese conto. Abbiamo incominciato per gioco a lavorare a dei brani in studio insieme durante l'estate, eravamo molto prese da questa emozione del ricongiungimento, del divertirsi, senza pensare senza rincorrere stando in quel momento di divertimento e sono uscite queste tracce. Poi è venuta l'idea tutti insieme di partecipare a Sanremo perché c'era “Dimmi Tu” e questo è stato il primo passo che ha reso più formale quest'unione grazie al quale abbiamo fatto tutta l'esperienza di Sanremo. Abbiamo anche iniziato a dichiarare gli intenti del nostro progetto insieme e effettivamente noi ci rendiamo conto che questo disco è stato un po' premonitore di quello che è successo. Abbiamo fatto questi brani ad agosto e ci siamo ritrovate a poi a riflettere dopo, le riflessioni alla fine nascono sempre da quello che succede senza pensarci, senza programmarlo e poi dopo come dicevo anche all'inizio ti portano a riflettere. È venuto un primo periodo di pragmaticità, cioè non pensavamo al disco, non pensavano a cosa dovesse parlare, ha parlato lui: il concept alla fine sono stati quei momenti che hanno portato a galla tutte queste tematiche che effettivamente fanno parte della nostra amicizia e di noi, perché alla fine da quando siamo piccoline che è grazie all'altra, all'incontro con l'altra, che abbiamo avuto il coraggio di superare i nostri limiti che all'inizio era il nostro paese, la nostra provincia e che poi sono diventati anche i desideri che abbiamo avuto. Quei desideri di quando avevamo 18 anni, magari oggi sono le nostre paure e infatti in questo disco, in tutte le tracce, in tutte le forme che può rappresentare alla fine a sempre queste tematiche principalmente della discussione con l'altro, di mettersi in relazione all'altro e grazie a questo anche sfuggire a questa dinamica incombente, egoriferita alla quale siamo figli perché viviamo in una società difficile anche comunque dopo il Covid, che sembra in realtà un momento lontano ma è stato determinante per la nostra crescita. Questo disco che da una parte ha questa nostalgia, queste emozioni anche molto scure, ribellione, nostalgia, malinconia però che è anche bilanciata da una grande ironia, da una grande forma anche di espressività naturale a tratti goffa e molto scherzosa e ironica e sono tutte cose che troviamo nel disco. È stato un disco fatto di pancia e di emozione pura. Siamo state molto nel momento. Forse per la prima volta io in vita mia mi sono sentita esattamente dove ero. E come dice Vale, non so se ce le siamo tirate oppure le abbiamo attirate ma sembra che tutto quello che poi abbiamo predetto poi è successo.


Certo, poi sono delle cose che noi vediamo in questo disco ovviamente di più di quelle che poi ci possa ricevere perché l'abbiamo fatto quindi nel nostro dirti premonitore, nella nostra mente ci sono tante immagini, però effettivamente è lo stato emotivo che ci troviamo a vivere ora a 25 anni, donne che stanno crescendo, che si stanno formando, che hanno anche un richiamo molto più collettivo. non si è più dei bambini di 18 anni o delle ragazze di 18 anni che fanno della propria esistenza, il proprio gioco. Ci sentiamo chiamate anche a fare di più, a fare altro, siamo rese conto che la nostra amicizia poteva raccontare in un certo qual modo, anche nostro, anche semplice, anche personale, questa questione della collettività, del gioco di squadra. Dall'altro lato, in un momento storico così avido ci è sembrato giusto sia per noi per rimetterci in gioco, come amiche, come cantanti e come autrici sia per effettivamente poi compiere questo disco insieme che era un'idea che avevamo da piccole, quindi è stato un po' questo il giro cronologico cioè prima l'abbiamo fatto e poi abbiamo capito che quelle cose che erano la nostra vita potevano raccontare qualcosa di più.

 

Parlando di comunità, l'amore per voi stesse e la comunità sono l'altro grande filo rosso di questo album che non collega solo i brani ma anche la vostra collaborazione. Imparare ad amare se stessi può, secondo voi, portare un apporto positivo alla comunità in cui si cresce o si sceglie di appartenere?

No, io sono convinta della prima ed è per questo che poi il tema dell'affettività e soprattutto dell'educazione all'affettiva è stato il tema portante della nostra esperienza sanremese, in quanto volevamo comunque dare valore alla nostra presenza. Eravamo anche in mezzo a tante persone molto famose, cioè è stato per noi il movente per fare questa esperienza e per dare un bellissimo segnale che poi ci siamo portati dietro nel progetto. Ritornando alla domanda, è un tema fondamentale perché ci siamo rese conto di quanto effettivamente c'è poca coscienziosità di quello che siamo, ci sono pochi strumenti a livello sociale, accessibili a tutti non privati, quindi non che io mi alzo e cerco di andare allo psicologo, di fare un percorso di terapia. Così sono pochi ambienti sani, lavorativamente parlando, personalmente parlando, nella famiglia, quindi ci siamo rese conto che c'è effettivamente molta urgenza di parlare dei propri sentimenti, perché alla fine se tu non ti conosci non puoi conoscere l'altro e non puoi avere quella sensibilità al primo gesto d'amore che stiamo chiamati a fare nei confronti di noi stessi, nella nostra legittimazione, però anche in una forma di disciplina emotiva. La tua vita non è più un gioco, sei grande, entri in relazione con altre persone, quello che fai si riflette sull'altro, siamo un cosmo, ci sono molte energie, quindi è giusto in realtà un giorno svegliarsi e sarebbe più giusto essere accompagnati da un assetto sociale a quell'educazione là.


Con la musica a questo vogliamo dare questa scossa che noi non abbiamo sentito dalla società che ti porta a dire “cavolo è il momento che magari ragiono un po' su me stessa su quello che sento perché sento delle cose perché mi comporto in questo modo” perché poi effettivamente quello che facciamo è solo il riflesso di cosa sentiamo dentro ed è per questo che alla fine si prova e empatizziamo con le cose più assurde, perché alla fine lo sappiamo tutti, che quello che facciamo ha a che fare con delle cose dentro personali, che abbiamo vissuto, la nostra storia, eccetera. Quindi sentiamo molto che c'è l'urgenza di porre l'attenzione su questa cosa che manca, almeno nel nostro paese, in Italia che è rimasto uno dei pochi paesi europei a non avere l'educazione all'affettività nelle scuole. Ma questo è un tema, anche per noi che veniamo dalla provincia dove magari non sei in città, che c'è l'associazione del terzo settore. Quella è una cosa matura perché tu ci devi andare, è una cosa che fai da grande e effettivamente a noi c'è la scuola ed è l'unico momento in una città, in un paese piccolino dove l'individuo si scopre a prescindere dalla famiglia e nessuno può essere purtroppo vittima del proprio assetto familiare quindi se non diamo mai la possibilità a delle persone di decostruirsi da grandi oppure di crescere in un modo sano da piccoli, dubito che vengano fuori delle società sane e positive dove non si sente all'ordine del giorno che stupri, violenze e questioni di ogni genere.

 

È stato fondamentale per me. Poi noi raccontiamo in una maniera semplice quali siamo, è una cosa su cui ci interroghiamo tanto perché essendo anche noi due, condividiamo tanto, anche noi ci scontriamo su molte dinamiche e delle volte arriviamo a dei punti dove ci trattiamo molto male. Deve esserci sempre un momento invece dove sedersi a tavola e dire discutiamone perché alla fine siamo tutti soli al mondo, dobbiamo farci compagnia e speriamo che ci possiamo fare pure del bene piuttosto che tutte le cose brutte che succedono. Questo molto importante per noi.

 

Parlando di provincia, possiamo dire che l'essere una ragazza della valle è uno state of mind, un modo di essere. Questo arrivare dalla provincia ha influenzato e come ha influenzato la creazione e la percezione della vostra carriera.

All’inizio la odi, tutta la mia adolescenza sono stata combattuta tra il voler andare via e invece ora che sono andata via penso a quanto sia bello ogni volta tornare giù con l'esperienza poi che mi sono fatta da sola poi fuori da quel perimetro perché poi ti rendi conto che quelle cose sono la matrice. Ecco, anche questo è un altro tema del disco, cioè partire da un sentimento. Non per forza sentimenti negativi ci portano a conclusioni negative, cioè la nostra repressione, il nostro combattere, la nostra ribellione verso quei contesti dove non ti senti libero manco di poter sognare di fare il cantante perché non hai strumenti oppure perché vieni visto dagli altri come un alieno che chissà che cosa vuole fare e questo non è sicuramente motivo di orgoglio per dove veniamo quantomeno non lo era. Ora che siamo in televisione a me ha stimolato. Ecco, io ci tengo sempre a sottolineare quest'altra cosa che è un argomento a cui tengo molto, che per forza le persone devono essere abitate da questo sentimento di rivalsa, quindi noi abbiamo avuto la musica che è stato un miracolo che ci ha portato lontane, però di nuovo il ritorno alla società ed ecco di nuovo il ritorno agli strumenti che devono essere accessibili a tutti, non solo a chi vuole fare percorsi artistici e quindi a questo grande sogno, anche chi vuole fare percorsi più canonici deve avere l'opportunità di avere un cuore, una testa sognante, anche se vivere in provincia, avere delle passioni eccetera. Per noi è tutto però poi è una scelta perché c'è anche gente che poi si emancipa da questa narrazione quasi dimentica di venire da dove è tutta una scelta. Non è che siamo chiamati per forza a dover rappresentare il posto dove veniamo per noi lo è perché siamo rese conto che, anche venendo a Milano, andando ovunque, diventando quelle che volevamo essere, avendo il lavoro dei nostri sogni, comunque ci sono state delle cose che non sono cambiate, che hanno molto a che fare con delle dinamiche nostre provinciali, cioè senza proprio nessuna vergogna, dalla cosa positiva alla cosa negativa. Io mi ricordo che all'inizio che venivamo a Milano, lo uso sempre come esempio si portavano le ciabatte per uscire. Ricordo che noi uscivamo con le ciabatte a casa e ci guardavano tutti quanti i piedi. E io lo facevo apposta. E noi lo facevamo apposta. Io mi ricordo che venivamo a Milano, mettiamo le ciabette e nessuno ci guardava. E io dicevo, ma con me, perché non mi mancava?


Quel giudizio, quella metafora, è un esempio divertente che poi ti fa ragionare di quanto certe cose che credevi fossero la tua prigione le puoi anche usare per ragionare su quanto quella è solo una prigione mentale. Alla fine la ragazza della valle è una persona che ha lasciato la sua propria prigione, che può essere provinciale, quindi geografica ma può essere anche mentale può essere anche l'educazione. Quante persone agiate che conosciamo, economicamente a livello anche di ceto, che sicuramente non si possono definire dei provinciali che vengono magari da Roma o Milano e hanno questa energia di dissociarsi da delle dinamiche. Questo è il termine giusto, è proprio questo il senso il dissociarsi la ragazza della valle è figlia della valle non è figlia di nessuna storia c'è uno stacco, rinuncia al  fatto della questione sociale tipo comoda, di dire “sono figlia di”, “vengo da lì vengo da là”. È una ragazza che si costruisce da sola cioè che diventa tutto quello che desidera in direzione ostinato e contraria. La nostra scelta per me è dire siamo della provincia quindi rappresentiamo la provincia, è proprio scegliere di farlo, cioè avremmo anche potuto non farlo, l'abbiamo fatto perché l'abbiam sentito, non perché siamo delle provinciali e quindi dobbiamo giocarci la carta della provincia, questa era...è stata una presa di posizione. È stata una posizione perché la vita è una presa di posizione.

 

E in fatto di presa di posizione, per “Dimmi Tu quando sei pronto per fare l'amore” avete portato un messaggio chiaro e anche complici i cartelli che sono stati chiarissimi, perfetti, un messaggio chiarissimo, un'ottima presa di posizione. Come avete percepito la risposta del grande pubblico? 

A tratti positiva, cioè positiva comunque per noi, perché per noi nel momento in cui si solleva una discussione è sempre positivo. I complimenti fanno piacere, il fatto che fosse giusto fa piacere però noi lo sapevamo quindi non è che davamo per scontato però sicuramente non cercavamo l'approvazione. Quindi in realtà la nostra attenzione si è molto più focalizzata sulle cose negative ma non per sentirci vittime dei commenti, ma per ragionare di quanto in realtà ce n'era bisogno. Non ci sembrava  di portare un argomento divisivo, si pensa che sulla violenza non ci sia niente divisivo e invece è il contrario. Quindi ci ha fatto molto piacere perché ci siamo rese conto di quanto poi avessimo avuto questa forza, ma non aveva niente a che fare con noi, siamo stati delle mani che hanno portato i cartelli, delle teste e dei cuori che hanno in tutto e per tutto preso questa tematica e con tutta l'energia e la cura l'abbiamo portata sul palco. Ma anche i commenti sotto la foto della nostra esibizione ci fanno capire quanto poi ce n'è bisogno, cioè ce se sia bisogno.


Sì, è stato bello vedere che è stato recepito il messaggio, però è stato molto più brutto leggere quanto in realtà su un argomento su cui dovremmo essere tutti d’accordo. C'è veramente molto marcio e molti commenti veramente scioccanti. Ha ancora di più alimentato questa cosa di credere che nella nostra esistenza musicale bisogna andare oltre, ma anche personale. Abbiamo sentito sempre di più questo richiamo come a un diritto e a un dovere che abbiamo come persone, come individui di una società che componiamo noi e che quindi ci sta che, sempre accompagnato della buona musica, rimarcare e sottolineare delle tematiche a cui teniamo. Perché la musica crea delle platee, crea dei momenti di discussione, crea degli insiemi ed è giusto portare in quel momento non solo la tua faccia, il tuo vestito, il tuo progetto, ma anche un messaggio che può essere un punto di partenza. Sappiamo che siamo seguite da molte ragazze che stanno crescendo ora, piccole di 16-17 anni, conosciamo molto bene il nostro pubblico e per me che solo una persona si possa trovare in un momento così di disagio e possa dire grazie alla nostra esperienza, io ti posso dire no, mi sconvolge il pensiero, mi fa venire i brividi e mi sento non inutile. Questo è stato bello, però è stato molto brutto vedere quanto lavoro ancora c’è bisogno di fare.

 

Com'è stato riprendersi intanto da Sanremo, che immagino essere una bella esperienza formativa? C'è qualcosa che avreste fatto di diverso? Qualcosa che avete imparato e che vi riporterete avanti? 

Allora, io posso dirti che avrei dovuto godermela un po' di più, cioè pensandoci, quella settimana l'ho vissuta molto tesa. Era un po' inevitabile, però l'avrei dovuta vivere come un live, come un mio live. Io la sento l'ansietta prima di cantare, immaginarmi sul palco, però è un'ansietà fisiologica, cioè una roba comunque che ti dà poi la voglia di spaccare quando sei sopra il palco e io a Sanremo non l'ho sentita questa ansia positiva. Ho solo sentito una forte tensione e proprio un malessere generale e mi dispiace molto perché poi so che abbiamo fatto una cosa importantissima che mi porterò dentro e che ricorderò per tutta la vita e avere questo sentimento come se non fossi riuscita poi nel mio intento. Perché mi ero prefissata l'obiettivo di stare dentro, di stare nel momento poi alla fine non è stato così per me. Cioè farlo con lei (Vale LP) è già stata una roba bellissima per me

 

Un po' come te è inevitabile in quei contesti non farsi schiacciare però se stiamo sempre là a vederlo poi con i propri occhi e a viverlo ti dà l'opportunità di ragionarci dopo e di scegliere chi vuoi essere e al netto delle cose che provi comunque che provi e basta, quindi bisogna anche legittimarsi. È ovvio che uno spera che si diverta e stia nel momento, però è ovvio che pure uno può stare teso e ok così, cioè ci deve legittimare. E noi eravamo in due. Una parte era la cura e l'attenzione alla canzone e al messaggio, l'altra era comunque la nostra prima volta. E su un palco del genere siamo delle persone, anche noi, quindi avevamo anche noi le nostre cose personali che volevamo mettere avanti. In questi momenti ti dicono che non è tutto lì e anche se il mondo crede che sia tutto lì non lo è. È un momento che non ti può mai determinare ma va bene così. Ce ne saranno di migliori e di altri diversi momenti. Ci abbiamo messo un po' per riprenderci però in realtà la voglia di ritornare inizia prima, quando scegli fare Sanremo dove Sanremo esiste solo Sanremo. Noi abbiamo combattuto, abbiamo lavorato al disco di notte, dormivamo pochissimo non vedevamo i nostri amici quindi è stato molto difficile portare avanti quel sentimento che sentivamo. È stato duro, però è stato un altro momento di crescita per noi, sicuramente.

 

 

Il disco si chiude con il brano “Sole (intorno a noi)”, che gioca sul contrasto solitudine e condivisione. Possiamo definirla la sintesi perfetta di questa collaborazione dove siete sole sì, ma insieme siete anche Sole inteso come l'una sul progetto dell'altra.

Sì, assolutamente sì. È il pezzo più liquido, decostruito ed emotivo del disco. È la sintesi di quello che siamo io e Angela, di tutte le nostre paure, della motivazione per cui ancora oggi siamo insieme. Il mondo ci fa tanta paura, comunque siamo due persone a cui hanno molte paure perché siamo delle persone credo sensibili e quindi non riescono a non vedere le cose, a non viverle in maniera viscerale.  Però il nostro lavoro ha fatto sempre sì che queste emozioni, prima la provincia poi lo scappare insieme, la nostra unione ha fatto sì sempre che queste paure, questi timori, queste ansie diventassero motivo di trasformarle in qualcosa di positivo ed è quello che effettivamente ha fatto la musica nelle nostre vite prima da sole e poi insieme. Abbiamo preso una realtà che ci faceva stare male che poi sono diverse quando cambi, quando cresci e quando cambi cambiano anche le cose che ti fanno stare male. Per avere la musica sempre dalla nostra, avere questa amicizia sempre dalla nostra che è questo catalizzatore dove entrano le cose brutte, escono belle. Ha fatto sì sempre che oggi riusciamo ad essere sì cresciute ma comunque sempre dentro con le ragazzine che sognavano chissà che cosa e alla fine lo vivono tutti i giorni nella semplicità e nella naturalezza che ci può contraddistinguere come progetto.


Siamo contente, abbiamo fatto un disco di cui siamo fierissime, ci siamo divertite, abbiamo pianto, c'è tutto di noi in questo disco così semplice. No, non semplice, in realtà molto ricercato, però anche minimale dove è molto chiaro quello che le canzoni ti vogliono dire e i pilastri che si porta dietro. Quindi sì, sicuramente "Sole" è il pezzo che più rappresenta la nostra essenza diciamo anche se fuori risultiamo sempre essere molto caotiche, siamo delle persone molto riflessive, emotive e profondissime. Almeno io lo parlo perché conosco lei quindi so quanto profondità c'è dentro di lei e sono contenta che in questo disco sia venuta fuori. Questa è la sintesi perfetta, per questo l'abbiamo messa anche alla fine. Perché all'inizio abbiamo detto no, comunque il disco parte con le ragazze della valle, no? Queste ragazze che prendono, che si accollano tutta a sta comunità, ma in realtà è presso a noi che lanciamo le pietre alle persone metaforicamente. È un pezzo divertente, coinvolgente e poi finisce dicendo alla fine siamo io e te, siamo sole, però questo lo possono essere chiunque, che senza l'altro siamo niente, cioè siamo nulla.

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