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La musica può smuovere le coscienze: Rosita Brucoli racconta “Agente!” - Intervista

Lo scorso 6 Giugno è uscito "Agente!", il nuovo singolo della cantautrice classe '99 Rosita Brucoli, pubblicato dall'etichetta indipendente Sound To Be.



A differenza del suo album d'esordio, "Camminare e Correre", e del suo singolo precedente "Non vuoi più drogarti alle feste", Rosita con questo suo nuovo brano apre le porte ad un nuovo capitolo della sua ricerca e del suo percorso artistico, anche grazie alla produzione di Ramiro Levy e Alessandro Di Sciullo.


Per l'occasione, ho avuto il piacere di fare una lunga chiacchierata con Rosita per parlare sia di "Agente!", sia delle sue influenze musicali, nonché del suo amore per Caparezza, e sia del ruolo che la musica ha come ancora per non annegare all'interno di contesti problematici, difficili.



Ciao Rosita, benvenuta su IndieVision, come stai?

Ciao ragazzi, questa è sempre una domanda difficile, ma sto bene, questo è un bel periodo per me!

A distanza di quasi due settimane dall'uscita di "Agente!", come senti che sta venendo recepito questo tuo nuovo pezzo?

Io penso che "Agente!" rappresenti un nuovo capitolo musicale per me. Sento che è un pezzo molto rappresentativo di quello che sono, sia musicalmente sia proprio della mia storia, no? Credo che che ogni volta che si racconti questo tipo di verità, poi dall'altra parte c'è sempre una risposta positiva, no? Perché arriva un po' quello che sono e voglio dire, nel bene e nel male. Comunque "Agente!" non è proprio un pezzo estivo. Sono felice di com'è, sento che c'è una buona risposta e soprattutto sento che ci sono dall'altra parte delle persone molto emozionate e stupite di ascoltare questo tipo di storie.

Concordo sul fatto che "Agente!" sia un pezzo molto personale e grazie a questa sua caratteristica fa sì che venga recepito in una maniera molto forte per chi sa ascoltarlo. All'interno di questa canzone si sente una storia vera, una storia personale, la necessità di voler raccontare questa storia.


"Agente!" è un brano di denuncia, una canzone che è frutto di esperienze personali e che racconta di come, cito testualmente, "possa essere complesso crescere in un contesto caratterizzato da poche opportunità, risorse limitate e prospettive incerte".

Volevo chiederti, come è nata questa canzone?

Questa canzone è nata da un sentimento semplice ma complesso allo stesso tempo, ossia la

frustrazione, intesa come frustrazione di nascere in dei contesti meno fortunati di altri.

Frustrazione che poi è rabbia e poi se si cerca di canalizzare bene questa rabbia, diventa denuncia e qualcosa di più utile. In me è nata una frustrazione iniziale perché quando sei un adolescente che vive questo tipo di situazioni, non sempre riesci a cogliere l'aspetto positivo di crescere in questi contesti. Prima di riuscire a coglierlo, non è facile e quindi ti senti tagliato fuori, ti senti sfortunato.

"Agente!" è nata proprio da un episodio vero. Mia madre un giorno raccontò a questa persona che lavoro volessi fare, ovvero la cantautrice, e questa persona rispose: "vabbè, ricordati sempre che lei è figlia di un disgraziato". Dopo che mia madre mi raccontò questo episodio, io sono andata al piano e ho scritto "Agente!".

Diciamo che, questo episodio, è stata la miccia che ti ha spinto a scrivere la canzone.

Esatto, sicuramente questa canzone è nata sia da tanta rabbia, che da tanta voglia di voler

rappresentare un certo tipo di persone, che spesso non viene rappresentata nelle canzoni.


Infatti, volevo chiederti, sempre inerente alla canzone, quali sono le ancore a cui aggrapparsi per riuscire a crescere, fiorire e non farsi abbattere in un simile contesto incerto e limitato?

Che bella questa domanda, grazie!

Sicuramente, penso che un buon ascolto di se stessi, un imparare a volersi bene può essere una delle prime ancore per riuscire ad avere una vita felice, nonostante un passato poco felice.

Quindi, imparare ad ascoltarsi, imparare ad utilizzare tutti gli strumenti che ci sono a

disposizione nel nostro mondo, come la psicoterapia e l'arte. Fondamentale è anche trovare un qualcosa a cui appassionarsi, come la musica o lo studio. Sentirsi vivi attraverso la passione, attraverso l'ascolto attivo di se stessi è sicuramente una delle ancore più importanti.

Poi confrontarsi tanto con le persone che hanno delle storie diverse da te.

All'inizio è difficile, ma nonostante le diversità, riuscire a confrontarsi e imparare anche dagli altri, anche da chi ha avuto delle storie felici, può aiutare, no? Quindi l'incontro con le altre persone, potrebbe essere anche un'altra ancora importantissima.


Il riuscire a vedersi dentro, guardarsi dentro, penso che sia un'ancora fondamentale per riuscire a fiorire in tutti i campi o contesti. Senza sapere cosa si vuole non si va da nessuna parte. Non importa poi, se lungo il percorso avrai davanti tante difficoltà, è fondamentale per riuscire a star bene con se stessi, utilizzare tutte le proprie forze per inseguire quella via, piuttosto che arrendersi, lasciarsi buttare giù e vivere con il rimpianto, questo è il mio parere personale.

Assolutamente, io sono d'accordissimo con te, e faccio questo mestiere (la cantautrice) per non avere rimpianti a prescindere da come andrà. L'importante è sicuramente esprimersi, leggersi sempre dentro e poi esprimersi, perché attraverso l'espressione esisti, esisti nella società, esisti nel mondo, esisti nel gruppo.



A differenza di "Non vuoi più drogarti alle feste", con questo tuo nuovo singolo hai esplorato territori sonori da te finora non toccati, campi fortemente elettronici e caratterizzati da un ritmo martellante, quasi danzereccio, anche se questo non è il termine migliore per definirlo. Come mai questa scelta?

Questo pezzo ha un fraseggio un po' più rap. Io ho cercato questa caratteristica perché, in realtà, io ascolto tantissimo rap e mi piace sia utilizzare la mia voce, che avere questi incastri, queste metriche molto serrate, proprio perché mi piace anche quell'aspetto del song-writing. Questa canzone è nata anche da una mia preproduzione, dove ho un po' smanettato con i suoni che avevo a disposizione e avevo voglia di sperimentare, andare in una direzione un po' più dark a livello sonoro. Ho cercato queste sonorità tramite questi synth, molto acuti, questa ritmica tra il tribale e appunto il rap.

Dunque, il sound di "Agente!" l'ho voluto fortemente, anche perché arriva dai miei ascolti.

Ad esempio, in questo pezzo io riesco a sentire l'amore che ho per Caparezza, artista che reputo uno dei migliori degli ultimi vent'anni e con la quale sono cresciuta. I primi concetti che ho visto, infatti, sono stati i suoi. Mi ricordo benissimo la me che aveva dodici anni, pogare in mezzo alla gente durante le date de "Il Sogno Eretico" tour.


Tornando al testo di "Agente!", mi hanno colpito molti versi: "siamo schiavi della casualità, del progresso, della nostra età e dell'ansia di non farcela", perché, a parer mio, mettono, nero su bianco, alcune delle cause principali del disagio dei giovani d'oggi, individui spaesati, impauriti verso il futuro e che soffrono dell'ansia da prestazione.

Volevo chiederti, secondo te, la musica che ruolo può giocare nell'aiutare i giovani a liberarsi dalle catene della schiavitù, della casualità, del progresso e dell'ansia?

Ritorniamo un po' al discorso di prima, no? è un po' come se chi scrive musica lasci passare alcune cose che poi, in qualche modo, riescono a suscitare delle reazioni negli ascoltatori. Attraverso l'ascolto, ovviamente, attivo, magari i ragazzi che sentono delle parole, delle canzoni specifiche, poi riescono a far succedere qualcosa dentro di sé.

Sicuramente la musica, se basata su un ascolto attivo, può smuovere delle coscienze. Io credo che questa cosa possa far avvenire dei piccoli cambiamenti, che poi piccoli non sono, perché

dipende un po' sempre da quanto è recettivo l'ascoltatore.

Sicuramente avere una passione come la musica, ma anche da ascoltatore banalmente, è qualcosa che può portare verso un ascolto più attivo di sé e quindi, ritornando al discorso di prima, fornirsi di strumenti, come la psicoterapia, che salvano la vita.

Ad esempio, per me la terapia è stata fondamentale, penso che sia qualcosa di prezioso e fondamentale. Non riesco a capire come non ci sia un psicoterapeuta per persona, come i medici di famiglia che tutti abbiamo, non riesco ancora a capire come non sia possibile.

Se c'è una persona, dall'altra parte, che ha una passione come la musica, è perché vuole avere un ascolto attivo, vuole avere voglia di superare le proprie paure e i propri ostacoli.

C'è una parte di generazione che è bloccata, perché siamo sommersi da tantissimi stimoli, abbiamo tantissimi strumenti, ma proprio per questo siamo confusi dalla moltitudine di strumenti che abbiamo. D'altro canto, c'è anche una volontà di voler ritornare a avere meno strumenti, meno anche, banalmente, oggetti tecnologici, ma voler vivere un po' più

attivamente la vita reale.


Sì, vivere una vita più vera, che segue i ritmi della vita. Una vita, per così dire, lenta,

piuttosto che una vita sovra-stimolata, veloce, di fretta. Si sta cercando un ritorno ai ritmi della vita, e, secondo me, la musica può aiutare, perché se si vuole ascoltare, nel vero senso della parola, una canzone bisogna dedicargli del tempo e non deve essere un sottofondo.

Assolutamente sì. Inoltre, penso che il concerto sia un'esperienza ancora più completa dell'ascolto sulla piattaforma, perché c'è tutto, c'è l'incontro con gli altri, e poi c'è la musica ascoltata dal vivo, che ha un feeling diverso dalla musica ascoltata sulle piattaforme.

Spero di vedere ancora più persone ai concerti rispetto agli ultimi anni.

La musica dal vivo è fondamentale, è un'esperienza fondamentale da vivere. Durante un live ti godi a pieno la musica e vedi anche il lavoro di quegli artisti che ci tengono al proprio set, ci tengono a proporre un contenuto culturale, musicale di livello, studiando nel particolare come vogliano che sia il proprio concerto.

Secondo me, i concerti sono fondamentali sia per godersi la musica dal vivo e non tramite telefoni o altro, sia per uscire dalle proprie comfort zone. Come hai detto te, un live è un'esperienza a 360 gradi, conosci tutto, conosci le persone intorno, devi relazionarti con le altre persone.

Un'ultimissima cosa sulla questione dei concerti. Se tu vai ad assistere ad un live, sei parte dello spettacolo, perché il pubblico che c'è una sera non è lo stesso di un'altra sera. Ogni sera il feeling è diverso e partecipi veramente a qualcosa che non esisterà forse mai più, no? Sì, è una performance temporanea, un happening. Sali sul palco, te hai la tua scaletta, però non sai chi è davanti, non sai cosa può succedere, perché può succedere tutto sul palco, ogni sera è un'esperienza che è irripetibile.


Insieme al singolo sono usciti online due filmati dal titolo "Enza, mia madre" e "Gino, dietro "Agente!", che non sono dei video musicali ma sono una sorta di documentari molto personali e autobiografici.

Come mai hai scelto di pubblicare questi video così personali e con protagonisti i tuoi familiari?

Quando ho scritto "Agente!" e, in generale, per la scrittura di questo disco, mi sono resa

conto che parlavo di argomenti molto personali. Mi sono accorta che, forse, c'era il bisogno di raccontare un po' più profondamente quello che c'era dietro le canzoni. Magari per cercare di far empatizzare un po' di più anche le persone che capitavano nell'ascolto, ok? Diciamo che quest'idea è avvenuta anche grazie all'incontro che ho fatto con Francesco Imperato, il regista di tutti questi piccoli documentari. Lui ha accolto subito l'idea, ha preso un aereo ed è venuto in Puglia da me per quattro giorni, vivendo a stretto contatto con me e la mia famiglia. Alla fine è diventato uno di casa e quindi è riuscito a cogliere degli argomenti molto privati, proprio per via del legame e della vicinanza che si era formata.

Il motivo per cui abbiamo realizzato questo materiale sta proprio, anche, nella bellezza di far vedere da dove nascono queste canzoni. È stato difficile, perché comunque esporre le persone della propria cerchia familiare così è sempre difficile riuscire a farlo. Nonostante questo, mi sono detta perché no, perché non farlo?.



Secondo me, questa idea di uscire con le canzoni insieme a video documentari molto personali e lontani anni luce dalla concezione che, in musica, si ha di videoclip, la trovo davvero molto importante, perché dai una chiave di lettura ulteriore alle tue canzoni.

Posso aggiungere un'ultima cosa? è anche bello che, ogni tanto, sui social si vedano, si metta il focus sulle storie di persone comuni, che non sono influencer, ricche e bellissime, ma che, per me, hanno tanto da dire, no? Questa la cosa che poi mi ha anche spinto a pubblicare questi contenuti. Io riconosco che ci sia della saggezza in alcune persone comuni che dovremmo più vedere sui social, perché siamo bombardati da degli esempi di bellezza e standard irraggiungibili. Secondo me, riportarci invece su che cosa c'è davvero nel mondo, cioè non soltanto ricchissimi e bellissimi, ma anche gente semplice che ha sofferto, ma nonostante ciò, ha delle cose importanti da dire e le dice in una maniera consapevole e risoluta. Questa cosa era anche l'obiettivo di questo materiale video.


A differenza di molti tuoi colleghi, quest'estate non hai annunciato nessun concerto. Volevo chiederti, questi mesi li passerai interamente in studio per ultimare il tuo nuovo disco, o ci saranno occasioni per poterti vedere dal vivo e chissà, per poter ascoltare anche qualche inedito?

Sicuramente, per prima cosa, devo chiudere questo disco.

Inoltre, devo anche preparare il live, perché sono ancora in un momento di sperimentazione per quanto riguarda il modo di portare questo disco dal vivo. Sto ancora capendo il come portarlo, sto facendo degli sperimenti per capire il set. Detto questo, ci sono un paio di appuntamenti in cui suonerò, ma proprio un paio che si potranno contare sulle dita di una mano. Il vero mini tour partirà nell'inverno.

Diciamo che, una volta che il disco sarà chiuso e sarai riuscita a costruire il live in maniera tale che quello che hai fatto in studio possa essere riportato almeno al 90% dal vivo, tornerai seriamente a fare concerti?

Esatto. Nella dimensione live, comunque, ci sono delle regole a sé, perché non è che si può totalmente riprodurre quello che abbiamo fatto in studio. Sì, cercherò di riproporlo, ma ci saranno così tanti elementi da aggiungere proprio per le cose che ci siamo detti prima.

Il live è un'esperienza, quindi sarà più lungo del disco, ci saranno degli intermezzi differenti, vocali e quindi c'è da lavorare molto in questo senso.

Io penso che la dimensione live sia molto più difficile rispetto al momento di realizzazione del disco. Allo stesso tempo, penso che sia sia anche la più bella, perché alla fine dei conti c'è un feedback che arriva direttamente, lì in quel momento con te, per questo è il mio momento preferito.



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