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Occhi, sul palco di Sanremo Giovani con il valzer "Ullalà" - Intervista

Occhi sarà una dei protagonisti della nuova puntata di Sanremo Giovani con il brano "Ullalà", un valzer che rompe le regole del cantautorato pop moderno. Ambientato in un bar di provincia, il brano si apre con una intro teatrale che dà il via al racconto di una storia in cui la voglia di innamorarsi tipica dei vent'anni, la fatica di crescere e l'incertezza del futuro si sviluppa in immagini vivide e piccole scene di vita quotidiana.


Prima della sua esibizione sul palco di Sanremo Giovani, abbiamo scambiato qualche parola con l'artista.


Ciao Andrea! Benvenuto su IndieVision. Quest’anno sei stato selezionato tra i 24 artisti di Sanremo giovani con il brano Ullalà. Come nasce questo brano?

Questo brano nasce in una stanzina del mio oratorio a Lodi. Quando stavo suonando questi quattro accordi, mi sono reso conto che se li avessi fatti diventare un valzer, avrebbero creato quel mondo immaginario che mi ha fatto partire quel “Non sparate sul pianista!” che c’è all’inizio della canzone e tutto l’immaginario che ne deriva. Poi ci ho lavorato sopra mettendo insieme esperienze autobiografiche, storie che ho visto, eventi che ho vissuto in prima persona, belli e brutti che siano e ho tirato fuori questa storia. E' ambientata in un vecchio bar di provincia dove io sono lì a suonare, ma che di fatto ci sono degli anziani che vogliono solamente guardare la partita e io li sto disturbando. 


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E’ un brano che è nato appositamente per Sanremo o solo in un secondo momento hai pensato che poteva essere giusto per la partecipazione al programma?

E’ nato senza  assolutamente pensare a Sanremo, anzi penso che “Ullalà” sia quel brano che quando vuoi scrivere per Sanremo, fai l’opposto. Scrivere un valzer in sei ottavi con una intro teatrale e con le strofe tutte storte, non viene percepita come una scelta sanremese. Però quando abbiamo lavorato sul brano, ci siamo resi conto che era un’ipotesi un po’ azzardata. Però penso che alla fine era proprio il caso di osare, avevo anche altri brani che potevo mandare molto più standard, però alla fine abbiamo deciso di andare con questo, anche prendendoci il rischio di non essere capito come brano.


Pensi che ti possa rappresentare di più una canzone del genere o dei brani più standard scritti appunto per Sanremo?

Ad oggi è il brano che mi rappresenta di più e di cui vado più fiero, perché rappresenta la mia maniera di scrivere. Io ho la testa che viaggia senza troppe connessioni logiche sensate, mi faccio i mie viaggioni nella musica come nella vita. Uso delle immagini che non sono per niente cool. Però mi rappresenta un sacco perché mostra anche la mia goffagine, perché sono abbastanza goffo nelle cose che faccio. Sono contentissimo del fatto che abbiano scelto Ullalà, perché così sapevo che sarei andato sul palco di Sanremo, ipoteticamente parlando, portando me stesso al 100%.


Molto curioso è anche il tuo nome d’arte “Occhi”. Perché hai scelto proprio questo nome per presentarti al pubblico?

Mentirei se non ti dicessi che deriva dal mio cognome che è Occhipinti. Sono cresciuto in un contesto in cui tutti mi chiamo Occhi. Però all’inizio non volevo scegliere questo nome, perché mi sembrava un po’ banale, però pian piano che crescevo mi chiedevo cosa fosse la musica per me e mi sono reso conto che Occhi era il nome più azzeccato possibile per il motivo per cui faccio musica. Per me la musica è avere attenzione  a quello che ci circonda, cioè alle storie delle persone che vengono dimenticate, a quelli che spesso non stanno sopra un palco, quelli che nella vita consideriamo gli ultimi, e anche tutte quelle storie che sembrano piccole, banali ed inutili. Ma se uno li guarda attraverso gli occhi, puoi farli vedere con occhi diversi. Quindi tramite la mia musica provo a fare questa cosa qua.


Come ti stai preparando per salire sul palco di Sanremo Giovani?

Sto facendo un sacco di prove, essere pronto tecnicamente mi fa stare molto sereno. La penso come una sorta di performance sportiva. Ti devi allenare per cantare bene. Non mi perdonerei il fatto di dire “Cavolo non ho fatto del mio meglio per arrivare lì e cantare nelle migliori condizioni”. Ho allestito una piccola saletta con i miei amici nel teatro dell’oratorio, ci mettiamo lì la sera, faccio le prove all’infinito.


Il tuo brano inizia con una parte recitata in cui ti trovi in un bar di provincia e stai per suonare. Perché hai fatto questa scelta stilistica?

Una volta ho sentito Post Malone che rispondeva alla domanda: “Quando è che esiste la canzone?” e lui dice “Dopo solamente una frase, ma deve essere la frase giusta”. Io sono stra d’accordo con questa cosa, per me ogni canzone per l’artista ha una frase che già dentro di sé ha tutta la canzone. Per me questa frase è appunto “Non sparate sul pianista”. Questa frase è venuta molto spontaneamente e da lì ho detto: “Ce l’abbiamo” anche se non c’era ne un ritornello e neanche sapevo di cosa avrei parlato.


Molto curiosa è la prima parte del videoclip in cui ci sono delle didascalie che spiegano come il muoversi in sincronia possa aumentare la vicinanza e la fiducia reciproca. Come è nata l’idea di far ballare insieme coppie di persone per comunicare al meglio questo messaggio al pubblico?

Questa è un’idea che mi era venuta perché ho provato a pensare quale fosse una cosa che visivamente a livello di videoclip potesse arricchire l’esperienza dell’ascoltatore. Mi son reso conto che una delle tracce tematiche del brano era proprio il ballare, perché Ullalà ti porta intrinsecamente al valzer del moscerino. Quindi il tema del ballo all’interno del brano è molto presente per come è fatto in sé il brano. Dato che l’altra tematica del brano è quella del crescere e dell’innamorarsi avendo vent’anni, ho pensato di fondere il tutto in un video con persone di tutte le età.


Il tuo non è solo un brano d’amore ma anche un racconto generazionale che mette in luce la fatica di crescere e l’incertezza verso il futuro? Come immagini il tuo domani e cosa speri che accada nel tuo percorso artistico e non?

Io ovviamente spero di riuscire a fare il cantante come lavoro, come professione e come occupazione principale. Però mi dico anche se poi non dovesse essere così, va bene lo stesso. La cosa importante e che davvero misura la qualità della vita di ognuno, non è per forza quali obiettivi raggiungi, ma come vivi quando provi ad arrivare lì. Il mio termometro del “sta andando bene, sta andando male” è fare le cose rimanendo sempre me stesso e circondarmi di persone giuste in ambito personale e lavorativo.

 
 
 

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