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Tra la gente che non sogna, ci pensa Lucio Corsi a ricordarci come si fa con "Volevo essere un duro"

  • Immagine del redattore: EcceNico
    EcceNico
  • 55 minuti fa
  • Tempo di lettura: 3 min

Dell’exploit che ha vissuto Lucio Corsi dopo Sanremo dovremmo esserne tutti felicissimi: non sempre viralità e talento vanno a braccetto, ma quando questo avviene è godopoli (cit. che capiranno in 10 a voler esagerare).



Il fuoriclasse toscano che da dieci anni ormai ci fa librare a mezzaria dalla meraviglia ogni volta che lo ascoltiamo ha sfornato a marzo scorso un album, “Volevo essere un duro”, che l’ha definitivamente e universalmente consacrato nell’albo dei cantautori moderni mainstream che conosce anche nonna Lucia dalla profonda provincia pugliese. Un album dalla forte componente umanistica dopo una carriera passata a celebrare gli aspetti più diversi della natura, degli animali e degli elementi. Un disco maturo e autoironico, struggente e disinvolto: è quanto di più speciale Lucio Corsi abbia scritto finora, un album che lo rappresenta interamente, in ogni sua sfaccettatura e peculiarità.


Ad aprire il racconto ci pensa “Tu sei il mattino”, che già a partire dal nome ci riconnette alla dimensione tipicamente onirica e delicata di Lucio, una deliziosa fiaba d’amore e di brezza mattutina che ci porta fin nei meandri della realtà dove la gente non sogna, un’immagine tagliente per includere forse quei ragazzini un po' cresciuti che si fanno chiamare adulti. Segue “Sigarette”, un pezzo che sembra uscito da un fogliettino stropicciato nella tasca di un personaggio di Dostoevskij: un’ode al vizio preferito di Lucio e di molti altri a questo mondo, un inno al lasciarsi andare alla corrente della vita, anche se intravediamo in lontananza la cascata che ci attende. Un pezzo squisito che mi sono ritrovato a canticchiare in qualsiasi momento della giornata da due mesi: inizierei a fumare solo per sentirlo ancora più mio.


Arriva poi “Volevo essere un duro”, il manifesto di questo album e di Lucio in generale: una canzone meravigliosa e che ha ammaliato tutti dentro e fuori da Sanremo e che non smetterà mai di piacerci per la sua semplicità e immediatezza. Un pezzo che smonta meticolosamente e in modo geniale stereotipi tossici di genere (e non solo) e che mette d’accordo tutti.



Facciamo quindi conoscenza di “Francis Delacroix”, “un mio amico di Volpiano, un fotografo, perciò un imprigionatore di voci e di rumori. Il bugiardo più autentico che abbia mai conosciuto.” In forma di talkin blues scopriamo un personaggio a metà tra la realtà e l’immaginazione, issato da Lucio ad icona multiforme dagli infiniti talenti e peculiarità, che ha attraversato la storia e le vite di mille anime diverse. Il migliore amico che tutti vorremmo a fianco nella vita. Se non fosse che a volte ci capitano invece svariati Rocco Giovannoni, il protagonista di “Let there be Rocko”, un pezzo che parla delle vibes che si respirano alle medie e soltanto lì, incluse le prime cotte e le prime supplenti cattive.



De “Il re del rave” Lucio racconta che “è una canzone macchina del tempo che mi riporta nei miei occhi di ragazzino, occhi capaci di rendere epiche anche le figure più luride, o di rendere sciatti gli Dei.” I personaggi che costellano la vita musicale di Lucio sono schegge di uno specchio che forse solo idealmente riflettono e compongono Lucio stesso, ma che nonostante tutto ci portano più vicini alla sua vera personalità. Ci affezioniamo a loro come coi protagonisti di sogni frammentati che al mattino dopo ci ricordano che razza di notte incredibile abbiamo vissuto, pur non ricordandone neanche i contorni. La Giulia di “Situazione complicata” non è da meno, con il suo magnetico e tragicomico fascino proibito e il suo ritornello con sorriso incorporato.


Ci avviciniamo alla fine di questa strampalata storia fatta di duri, bulli e stelle di provincia facendo i conti prima con “Questa vita”, “una riflessione a due con il mio cervello, un duello” e per finire ci tuffiamo “Nel cuore della notte”, nella quale Lucio si affaccia a una finestra che dà sulle vite di noi tutti, che ci piaccia o no. Una lunga coda di pianoforte prima di addormentarsi rotolandoci in pensieri che si smaterializzano in un unico grande buio che ci accoglie per appartarci dal resto del mondo.



Si chiude così un album rollercoster che sterza deciso tra stili e influenze diverse per poi ritrovarsi in una unica grande storia di umanità che ci riguarda tutti. Mondo, proteggi questo tuo Lucio, ne abbiamo bisogno come non mai.


“Mi chiedo dove sia il confine, tra la pace e la noia”


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