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Lorenzo Lepore con "Futuro" ci insegna a guardare avanti senza paura di ciò che verrà

di Maria Stocchi.


Se mi venisse chiesto di fare una lista delle mie più grandi paure, quella del futuro sarebbe sicuramente al primo posto; seconda quella del buio, terza del ghiaccio.

Alla fine, se ci penso, sono concetti che si rincorrono: sono tutti accomunati dall’incertezza. Il buio mi spaventa perché potrebbe nascondere qualsiasi cosa. Il ghiaccio, invece, è il terreno perfetto sul quale scivolare, di colpo, senza possibilità di aggrapparsi ed evitare la caduta.

Il futuro li incorpora entrambi: per quanto possiamo sforzarci di organizzare, fare piani, non sappiamo mai davvero che cosa questo abbia in serbo per noi. Potrebbe farci finire a terra, all’improvviso, esattamente come su una lastra di ghiaccio.

Il nuovo singolo di Lorenzo Lepore si chiama proprio così: “Futuro”. Ma di questo tempo incerto, sconosciuto, nella canzone sembra esserci solo il meglio. È quel futuro di cui parli con i tuoi amici per ore e ore, in cui sogni, e speri, e ti chiedi se, ti chiedi come, con gli occhi che brillano di entusiasmo.


“Non lo so, ma rimango a guardare. Fortuna che io riesco ancora a commuovermi per la mia vita che avanza mentre guardo il mare”

Non ci sono, ma in sottofondo si riesce quasi a sentirle, le onde del mare – avanti, indietro. Un fruscio fresco di brezza e salsedine. Mentre ascolto questa canzone, mi sembra di godermi l’orizzonte con i piedi affondati nella sabbia.


Credo di essere di parte, perché in “Futuro” non solo c’è tutto il meglio della scuola romana; è anche un pezzo che rappresenta una delle forme di cantautorato che preferisco. Sullo stile di “Una somma di piccole cose” di Niccolò Fabi, per intenderci. Quello fatto di pochi strumenti, leggeri, di velluto, che fanno da scenografia a testi ricchi di intensità.


Non a caso, quello del giovane cantautore – anche lui romano, alunno dell’ Officina Pasolini - è stato giudicato il miglior testo della XXXII° edizione di Musicultura 2021.



Non manca la denuncia: la critica sottile verso questa società industriale, consumistica, concentrata solo su produzione e progresso, sempre pronta “a ricordarti che sei uno dei tanti”. Quella del “nun ce pensa’ che è mejo, damme retta”. Quella che ti porta a fissare le lancette dell’orologio, nell’attesa che il tuo turno finisca. Intanto, meglio non ribellarsi e non fare troppo rumore.


Nonostante la sua posizione sia chiara, la sensazione che comunica il pezzo non è di disillusione, amarezza o rancore. Tutt’altro. Perché il futuro, alla fine, è un po’ come il mare. Alterna quiete e tempesta, calma e agitazione. Può riempire di pesci le nostre reti, così come lasciarle vuote. Può portarci dove vogliamo arrivare, oppure decidere di far finire la nostra barca in un luogo totalmente diverso, non programmato.


La nuova canzone di Lorenzo Lepore è un invito a lasciarsi andare a tutto questo. A un futuro che, vada come vada, qualunque cosa troveremo ad aspettarci, sarà perfetto, perché cucito su misura per noi. Basta solo non smettere di commuoversi. Conservare quegli occhi che brillano, quell’entusiasmo che solo una chiacchierata all’alba, sulla spiaggia, può regalare.

Per quanto riguarda il futuro di questo giovane artista, non possiamo che augurargli il meglio.



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