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Qual è la differenza tra caos e ordine? "555" è il cambiamento di Cecilia - Intervista

Vi rispondo con un'altra domanda: Perchè, c'è differenza?

Uno dei tanti siti web che parla dell'argomento, riporta: "I due concetti di caos e ordine descrivono, a prima vista, due situazioni opposte. In realtà i due aspetti coesistono: esiste dell'ordine nel caos e del disordine nell'ordine". Una cosa è certa: nella nostra vita tutti abbiamo sperimentato entrambe le cose e forse non abbiamo ancora capito dove finisce l'una e inizia l'altra, o viceversa. Spesso ci facciamo tante domande, cerchiamo di uscire dal nostro caos, di imparare a conviverci, e pian piano arrivare all'ordine, o almeno, ad una sua parvenza.


Per Cecilia l'ordine non è altro che il cambiamento. Un processo difficile, a volte doloroso, ma sicuramente necessario. La giovane cantautrice toscana è da poco fuori con il suo nuovo EP "555", il numero angelico che simboleggia il cambiamento e che racconta il processo che l'artista ha attraversato in questi ultimi anni.


"All’inizio volevo chiamarlo “Ordine” per parlare della dicotomia tra caos e ordine. Ma poi, questo titolo non mi sembrava rientrare nel mood del nuovo lavoro. Forse io volevo arrivare all’ordine, ma a quanto pare non è ancora il momento. Poi, ho trovato un modo alternativo di interpretare l’ordine, e sono arrivata al cambiamento"

Il secondo tassello di questa rinascita arriva dopo "Il senso di questo caos" (di cui vi avevamo parlato qui), che parla di un periodo fatto di ansia e insicurezze, e di come sia vitale imparare a convivere con il proprio caos.


Attraverso le 4 tracce di "555", Cecilia ci fa entrare dentro il suo caos, che è come "un pianoforte che si scorda sempre". Lo fa con una scrittura schietta, che arriva al senso di questo caos, per trasformarlo in ordine, o almeno, in cambiamento. "Ma se torna la sete, cosa succede?"


"Chissà che cosa resterà di questa nebbia. Vapore lascia un po' di saliva sulle labbra. Ritroverò quella magia, dentro di me, che vuoi che sia. Mi ci abituerò. Io che mi abituo a tutto quanto quello che non ho"


Come nasce la tua passione per la musica?

Ero una bambina molto ansiosa, e a quanto pare lo sono rimasta. Mia madre aveva intuito che mi piacesse la musica perché vedeva che riuscivo ad accendermi mentre la ascoltavo. Perciò, da piccola mi iscrisse ad un corso di pianoforte con un’insegnante che faceva musicoterapia. All’inizio non volevo andarci perché avevo molta ansia di essere messa alla prova, la mia insegnante l’ha capito subito, e mi ha spronato molto. Probabilmente è grazie a lei se ho iniziato a cantare. Avevo 8 anni, ed è stato terapeutico.


Un mondo interiore come il tuo, pieno di fragilità e di ansie a volte, come viene espresso nella scrittura?

Non c’è una formula fissa nella mia scrittura. Sicuramente nei miei EP precedenti la scrittura era un processo più solitario, cercavo continuamente l’ispirazione nella mia cameretta o anche al di fuori. Per questo ultimo EP, invece, mi sono ritrovata a scrivere con altre persone, e la mia ispirazione è cambiata. In questo periodo l’ho cercata tanto anche attraverso la lettura, o al di fuori, per esempio andando al cinema. Proprio oggi parlavo con un mio amico del fatto che sento un po’ la mancanza del vecchio metodo, in cui mi chiudevo in camera e lasciavo che arrivasse l’ispirazione. Ma se ci penso bene, quando prima facevo questo, pensavo a quanto mi sarebbe piaciuto scrivere insieme ad altri. Non ho mezze misure, per me è sempre stato o bianco o nero. Aspetto con ansia il grigio.


I tuoi primi singolo sono stati “Monterey”, “Karma” e “Baltico”. Tutti contenuti all’interno del tuo primo EP “?”. Qual è, tra questi 3 brani, quello a cui sei più legata?

A livello di canzone sono molto legata a “Baltico”, è una di quelle che mi piacerebbe molto riscrivere. È un pezzo che ho scritto completamente da sola. In questa canzone sono riuscita a cogliere un momento preciso che ho vissuto. Per quanto riguarda la produzione, invece, “Monterey" sicuramente. Sono tutti contenuti in “?”, un EP che è nato durante un periodo molto difficile per me, in cui tendevo a rispondere alle domande, facendo altre domande. Non davo mai un’affermazione. Non vedevo mai la terraferma, era tutto instabile, sia in me che intorno a me. in quel periodo avevo molte insicurezze, e il punto di domanda è quello che è uscito fuori in quel periodo. Ma il titolo riprende anche il mio fare continuamente domande in ogni occasione. Ora non è questo il caso, ma se fossimo ad un bar a bere vino, probabilmente ti starei facendo mille domande.


Arriviamo a maggio 2022, data di uscita del tuo secondo EP “Il senso di questo caos”. Come sei arrivata a questo nuovo lavoro?

Ci sono arrivata perché mi sono ascoltata molto di più. Ho cominciato a dare più spazio a me, a prendere in mano tutto. Ho voluto iniziare a circondarmi di persone che assecondassero quello che sono e quello che voglio, e non il contrario. Essendo tanto insicura, per me è stato molto importante affidarmi agli altri, soprattutto alle persone con cui ho la fortuna di lavorare.


C’è qualche cantante che ti ha ispirato per questo EP?

Non mi piace parlare di reference precise, perché in realtà non ce ne sono state. Ci sono stati semplicemente i miei ascolti di sempre, come gli Strokes, gli Arctic Monkeys, molte sonorità indie alternative.


Il mio pezzo preferito di “Il senso di questo caos” è “Lacrime di piombo da tenere con le mani”. Ha un'escalation vocale e sonora notevole. Ho avuto il piacere di ascoltarla all’Officina Pasolini, quando hai partecipato alla serata dedicata alla Festa della Donna, insieme ad altre artiste. Com’è nato questo pezzo?

È una storia un po’ triste. Sono tornata a casa una notte, ero andata in tram dall’altra parte della città, a Milano, ad incontrare un’altra persona. Ma questa persona non era da sola, come a farmi capire che non voleva stare con me. Tengo moltissimo a lei, perciò non l’ho presa bene, e sono stata presa dalla disperazione. Ho pianto per tutta la sera, e una volta a casa, ho scritto la canzone e tirato giù la melodia. E la parte di chitarra in crescendo verso la fine, è voluta proprio per far percepire questo dolore.



Ieri è uscito il tuo nuovo EP, “555”, ti chiedo il significato del nome e di parlarmi di questo nuovo lavoro, anche in relazione allo scorso EP, perché so che c’è più di un collegamento.

Questo EP doveva essere la continuazione di “Il senso di questo caos”, ma poi non è stato così. All’inizio volevo chiamarlo “Ordine” per parlare della dicotomia tra caos e ordine. Ma poi, questo titolo non mi sembrava rientrare nel mood del nuovo lavoro. Forse io volevo arrivare all’ordine, ma a quanto pare non è ancora il momento. Poi, ho trovato un modo alternativo di interpretare l’ordine, e sono arrivata al “cambiamento”. Ed è successa una cosa particolare. “555” è un numero ricorrente nella mia vita, ed essendo molto legata alla numerologia e alle date, sono andata a vedere cosa significasse questo numero, scoprendo che vuol dire “cambiamento”. Perciò, ho pensato che fosse un segno, e ho voluto intitolare l’album così. È un EP che si discosta molto dal resto, nonostante abbracci il sound di “Il senso di questo caos”, ma rappresenta comunque un cambiamento.


Dato che in questo EP si parla delle fasi del cambiamento, direi di analizzarle in ordine. La prima traccia è “Febbre”. Ci sono delle citazioni che mi hanno colpito molto, come: “Dove vai quando sogni in bianco e nero”, “mi abituo a tutto quello che non ho”. Parlami di questo brano e dimmi, qual è la frase, il passaggio della canzone a cui sei più legata?

“Febbre” l’ho scritta in una delle prime session di scrittura di cui ti parlavo prima. È nata insieme a Leonardo Zaccaria e Marco Maiole. Ero spaventata all’inizio di come sarebbe stato scrivere insieme a qualcun altro. Alla fine, è uscita fuori questa canzone che sembrava non volesse andare da nessuna parte. È piaciuta molto al team con cui lavoro, e abbiamo deciso di inserirla come prima traccia del nuovo EP. Le citazioni di cui mi hai parlato sono sicuramente tra le più interessanti: “Dove vai quando sogni in bianco e nero” parla del momento in cui la tua testa vola chissà dove. Mentre “mi abituo a tutto quello che non ho” è legato a quello che mi manca nella vita, e che non torna.


In “Crisi” continui a parlare di cambiamento. Ma che rapporto hai con esso? è una parola che ti spaventa?

Cerco sempre di abbracciare il cambiamento anche se mi fa paura. Sono abituata a vedere le cose cambiare dalla sera alla mattina, e mi sono abituata. Ma il cambiamento è una cosa che fa sempre paura, soprattutto quando arriva e non te l’aspetti.


La terza traccia è “Crepe”, una canzone in cui c'è tanto dolore, che esplode in questa frase: “Questa casa sarebbe carina ma è piena di crepe”. Quali sono le crepe di cui parli?

In realtà, questo è un tasto molto dolente per me. La crepa principale è stata determinata dalla perdita di mia Papà. Il pezzo parla di quel periodo.


“Sete” è l’ultima traccia, e parla della voglia di rinascita, di scoperta. Che cos’è per te la sete? Intesa come sete di conoscenza, di fare esperienze. E quanto è importante per te?

Circondarsi di persone che ti danno energia positiva. Quando passo del tempo con persone belle, mi ritorna la sete. Quando invece vedo persone che se ne fregano, che non si curano degli altri, questo mi dà parecchio fastidio.


Dove potremo venirti a sentire?

Ad anno nuovo vi dirò tutto!!




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