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L'improvvisazione è il nostro stile - Intervista ai Maguey Plant


Un po’ di tempo fa ho intervistato i bravissimi e simpaticissimi Maguey Plant. Oltre alle mille risate ho avuto la possibilità di parlare con quattro ragazzi con un sacco di idee in testa, tanti progetti e molti fuori programma.

Ciao Maguey Plant! Come nasce il vostro gruppo e quando?


La nostra storia ha inizio nel 2018. Noi tre, Silvia, Andrea e Davide, avevamo un trio acustico e alla fine di una serata ci siamo riuniti attorno a un tavolo e a un tot di bottiglie di vino e ci siamo detti: “scriviamo dei singoli nostri”. Poi avevamo bisogno di una base ritmica e, cercando una batteria, abbiamo trovato Matteo.


Prima della nascita del gruppo, voi tre facevate cover, giusto?


Esatto, in acustico. Noi tre, Andrea, Silvia e Davide, suonavamo già insieme in un altro gruppo. Eravamo già abbastanza affiatati dal punto di vista musicale.


Come mai Maguey Plant? Come nome avete scelto quello di una pianta messicana da cui si ricavano tequila e altri distillati.


Non siamo noi che abbiamo scelto il nome ma è lui che ha scelto noi! Volevamo qualcosa di naturale e che avesse anche altri significati ed è arrivato, ha scelto noi. Il nome effettivamente è di difficile pronuncia e molti sono portati a sbagliarlo. Stiamo pensando di fare un tutorial per fare in modo che tutti lo pronuncino bene!


Il vostro è un genere tra il Funk, l’R&B e il Soul, a quali artisti musicali vi ispirate?


La prima è Erykah Badu, senza pensarci e anche Stevie Wander. Artisti sia contemporanei che storici del Soul, dell’R&B, del New Soul quasi tutti americani nonostante in Italia ci sia comunque qualcosa, magari non main stream tipo Ghemon, Serena Brancale, Davide Shorty. Come artisti più famosi che appartenevano sicuramente al mondo più soul, R&B e Jazz abbiamo sicuramente Pino Daniele.


Come mai avete scelto questo genere?


Perché è quello che abbiamo sempre ascoltato ed è la musica che ci piace e che ci ha sempre influenzato maggiormente.


Il vostro primo EP, Round 3, è cantato interamente in inglese. Come mai questa scelta?


Nonostante il nostro primo EP, Round 3, sia interamente in inglese, stiamo pensando di scrivere qualcosa anche in italiano. È una sfida più grande perché l’italiano è sicuramente musicale come lingua ma è difficile da mettere su una musica che non è della tradizione della musica italiana. Poi è molto più facile scadere nel “sole, cuore, amore” e utilizzare rime un po’ banali quindi la sfida è un po’ quella.



Guardando i vostri canali social non ho fatto a meno di notare il bellissimo progetto di raccolta fondi che avete sviluppato con il Laboratorio di Quartiere Giambellino-Lorenteggio durante il primo lockdown. In cosa è consistito? E come è nato il video di “My World”?


Il progetto è stato a favore di una raccolta fondi di quartiere. Noi avevamo già scritto questo brano e volevamo destinarlo a qualcosa che fosse un aiuto pratico in quel momento. "My Word" è stata scritta in quarantena, ci è venuta l’idea di coinvolgere un coro virtuale composto da nostri amici cantanti e musicisti.


Come state gestendo questo difficile momento in cui è difficile vedersi?


Sicuramente difficile riuscire ad avere quel feeling del suonare insieme in sala prove quindi nel trovarsi a comporre nello stesso luogo però diciamo che stiamo trovando i giusti escamotage per poter portare avanti i nostri progetti. Al di là della quarantena c’è sempre la preoccupazione su quando si tornerà a fare musica live. Ora stiamo lavorando dietro le quinte che è un modo sicuramente più macchinoso e più lungo però, forse, sotto certi aspetti è più semplice perché comunque c’è una schemicità dietro di organizzazione che rende più facile il lavoro. Sicuramente la cosa che viene meno nel lavorare in questo modo e che forse è il vero fattore positivo è che spesso e volentieri trovandoci a lavorare di persona in sala prove o in studio c’erano momenti in cui si finiva a perdere un po’ di tempo. Così invece abbiamo la possibilità di rendere di più senza distrarci.

Nei primi mesi di quarantena siamo riusciti comunque a tirare fuori qualcosa nonostante ci manchi suonare dal vivo. E ora abbiamo un sacco di progetti in cantiere.


Vi consiglio l'ascolto di questi quattro musicisti bravissimi in primis perché spaccano e, in secondo luogo, perché continueranno a sorprenderci.





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