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Emma Nolde "toccaterra" e vede la luce il suo primo album - Intervista

Aggiornamento: 3 set 2020

Con una sensibilità così radicata nel suo essere genuino e pieno di cavi che si collegano al suo profondo per amplificarne i contenuti e renderli chiari, la giovanissima cantautrice toscana, Emma Maestrelli in arte Emma Nolde è un nuovo esempio di musica che grida verità e autenticità. È questo quello che si percepisce ascoltandola, non c’è nulla di forzato in lei, riesce a comunicare in un modo così straordinariamente naturale che ci si accorge subito di quanto la musica abbia da sempre fatto parte della sua vita, diventando pertanto una componente quasi congenita da non riuscirla ad identificare in un ruolo preciso. È come se Emma e la musica fossero una mescolanza liquida che risulta impossibile scindere. Emma Nolde,  pressappoco in punta di piedi, faceva il suo ingresso  nello scenario della musica indipendente italiana lo scorso giugno con il brano d’esordio (male), ed è stata una new entry che ci ha preso per mano e ci ha accompagnato verso l’uscio della sua porta, non ancora aperta del tutto ma dalla quale ha lasciato intravedere la luce di un magico universo, il suo, che ci ha illuminato e incuriosito tanto. A poche settimane di distanza seguiva "Nero Ardesia", brano già premiato al Rock Contest 2019 come miglior canzone con testo in italiano e che insieme a (male) compone e anticipa l’uscita del suo primo album "Toccaterra", realizzato insieme alla collaborazione di Renato D’Amico e Andrea Pachetti, in uscita domani 4 settembre 2020 per Woodworm, Polydor, Universal Music e Locusta booking. "Non è un album, quanto più una collezione di canzoni personalmente necessarie" dice Emma parlando di "Toccaterra", con l'entusiasmo e la paura di chi trova il coraggio di svelare il proprio io al mondo  intero. Oggi, alla vigilia di una data così tanto attesa per lei ma anche per noi che non vediamo l’ora di ascoltare tutto il suo lavoro allo scattare della mezzanotte, proponiamo di seguito l'intervista in cui approfondiamo la sua conoscenza.  

Ciao Emma e benvenuta su IndieVision. Innanzitutto grazie per averci già regalato due bellissimi tasselli del tuo primo lavoro discografico che di seguito approfondiremo e poi complimenti a nome di tutto il collettivo IndieVision. Ho già introdotto un po’ di te ma vorrei che ora fossi tu a raccontarci e dirci chi è Emma Nolde. Di cosa si compone il tuo universo e da dove deriva tutta questa dedizione per la musica?

Ho iniziato a sette anni a suonare la chitarra, quindi da quando ho ricordi lucidi, ho sempre suonato, forse per questo mi è difficile definire il ruolo della musica all'interno della mia quotidianità. Ho capito negli anni che è ciò che mi permette di stare sola. Tutto qua. Ma in generale le passioni hanno questo tipo di potere, quello di saturare l’attenzione. Spesso concentrarsi su una sola cosa sembra impossibile, per questo hanno un grande senso di esistere le passioni, ci fanno andare dritti al punto, anche nella decisioni personali, rendono tutto più chiaro.


Hai iniziato prestissimo a scrivere canzoni in inglese ma mai pubblicate, poi successivamente hai avvertito l’esigenza di sentire il “suono all'italiana”. Oltre al bisogno di un diverso sound cosa ti ha convinto ad esprimerti e dunque a comunicare in italiano piuttosto che in inglese?

Più che dal “sound” il cambiamento è stato dettato da vicissitudini personali. Ho iniziato a dire come mi sento, cosa che prima mi era quasi impossibile, a raccontare ciò che provo agli altri, così l’inglese che serviva per lo più a non farmi capire è diventato ingombrante. Come diceva Jeff Buckley, nei testi bisogna essere specifici, e non c’è altro modo per farlo veramente se non scrivendo nella lingua in cui parli.


Ho letto che non ti va di inquadrare la tua musica in un genere predefinito però se dovessi darle un aggettivo o magari descriverla in poche righe quali parole useresti e perché?

La descriverei con “Nolde” ed è proprio questo il motivo per cui ho riconosciuto questo nome come mio (non è il mio vero cognome). Il significante, più che il significato, di questa parola, assomiglia terribilmente alla mia musica: influenze nordiche comunque lontane, melodie dolci, ma dirette.


In riferimento al primo singolo (male), brano che personalmente mi è arrivato nell'immediato e in modo chiaro, mi piacerebbe sapere in quale momento lo hai composto e da cosa sono state dettate le parole presenti nel testo. Quali esperienze o sentimenti vissuti si celano dietro questo brano?

(male) è nato in un momento in cui mi era necessario trovare un’escamotage per non sentirmi tanto “piccola” davanti a una persona particolare. Insegnare qualcosa male va contro di per sé al significato di insegnare e nello stesso titolo vuole essere protagonista la mia insicurezza: (male), tra parentesi, come se si volesse nascondere, un po’ come me in quel momento. In una delle sporadicissime serate passate in discoteca, infatti, avrei avuto voglia di lasciarmi andare e che anche lei facesse lo stesso. Già il fatto di sentirne la necessità mi elevò al livello del “dai ti insegno io”. Troppa timidezza, troppa vergogna, ma cosa volevo insegnare (ride) ... ovviamente tutto fallito.


Ma in generale in quali momenti ti capita di scrivere le tue canzoni? E cosa succede in questi momenti?

Mi capita di scrivere nei momenti di quello che chiamo il “vuoto pienissimo”. Ho probabilmente una visione molto romantica, in senso letterario e non letterale, nel senso che credo nell'invasamento, nei momenti in cui non potresti fare altro che quello. Vivo tutto il resto come un’esercitazione, allenamento, che deve rendermi pronta a sfruttare quei momenti. Non c’è un ordine, né una linea del tempo, è tutto molto confusionario e impiego molto tempo per finire una canzone, circa un mese, spesso anche di più, perché voglio che sia composta solo in quei momenti così carichi, affinché sia il più possibile vera nel lungo periodo e non sia solo l’infatuazione di un momento.


“Prendimi le mani e con i nostri piani andiamo via dai locali pieni il sabato sera, andiamo in una stanza vuota nero ardesia”. Inizia così l’inciso di "Nero Ardesia", il tuo secondo singolo uscito lo scorso 24 luglio e già vincitore del Rock Contest 2019 come miglior testo in italiano. Cosa racconti in questo testo e a chi è dedicato?

Ho scritto “Nero Ardesia” a quindici anni ed è dedicato al mio gruppo di amici. Siamo sempre stati quelli che restavano in disparte, che non avevano voglia di andare in discoteca, ma solo di parlare ed essere ascoltati. Sono stati una parte importantissima della mia adolescenza, mi hanno insegnato che è possibile essere veri anche fuori dal proprio guscio.


Ma di cosa si riempie e come riesce ad illuminarsi la stanza vuota nero ardesia di Emma?

Di domande, amici, ambizioni, progetti, cavi, cuffie da rifare. E pantaloni larghi. (ride)


Dopo i singoli (male) e "Nero Ardesia", ci saranno altre sei canzoni che ci attendono con l’uscita del tuo primo album “Toccaterra” il prossimo 4 settembre. Ci puoi anticipare qualcosa? Cosa racchiude il progetto e qual è il significato del titolo che hai scelto di dargli?

Ho sempre preferito sottolineare il fatto che, tolto il ruolo discografico, a livello artistico e musicale, (male) e Nero Ardesia non potessero essere definiti singoli, ma parte di un lavoro che per essere compreso, necessita di essere ascoltato per intero. Non a caso, se non fosse stato per lo scenario quasi apocalittico che si è creato e non fossimo stati costretti a mettere in discussione ogni nostro piano, sarebbe dovuto uscire il disco, tutto insieme, senza singoli. Comunque, si intitola Toccaterra, titolo che leggo come una sorta di imperativo stanco: “Toccaterra, Emma! Confrontati con il reale, abbi il coraggio di venire alla luce, di scoprirti e di farti scoprire” e non è un album, quanto più una collezione di canzoni personalmente necessarie.


Cosa è previsto dopo l’uscita di questo tuo primo album?

Di suonare live, quanto più possibile, è la cosa più importante adesso. Poi di registrare, arrangiare, ricominciare da capo; con tempi umani, senza fretta.


Spesso artisti della tua età o che iniziano in età adolescenziale a fare musica, siamo soliti vederli e ascoltarli nei talent show. Cosa pensi in merito? Tu hai mai provato o pensato in passato di parteciparvi oppure la tua ottica musicale si è sempre allontanata da questi format?

Sono nata quando è nato “Saranno Famosi” e per forza di cose sono cresciuta anche insieme a quella realtà, finché a forza di imparare non mi sono disillusa completamente a riguardo. Non ho mai provato. Poi boh chissà, tutto può succedere, ma per adesso è un punto fisso non farlo.


Sui social c’è un video di una tua fantastica interpretazione piano e voce di un brano di Ivano Fossati. A tal proposito mi piacerebbe conoscere quali sono i cantautori italiani del passato e/o del presente che ti piace ascoltare di più?

Ho iniziato da poco ad apprezzare la musica italiana. Mi piace ascoltare, in ordine sparso: Renato Zero, Luigi Tenco, Niccolò Fabi, Brunori SAS, Giovanni Truppi, Motta, Achille Togliani, Caparezza, Cristina Donà, Fossati, Colapesce, Dalla, Cremonini e altri.


Mi dici 3 canzoni “del cuore” che sono nella tua playlist?

Senza pensarci troppo: Fake plastic trees -Radiohead / Overgrown - James Blake / Dancing - Elisa / Chissà se lo sai - Lucio Dalla. Ne ho dette quattro spero vada bene lo stesso.


Cosa vorresti che arrivasse di Emma e della tua musica agli ascoltatori?

Di me vorrei che arrivasse la sincerità, basterebbe questo.


Emma, ultima domanda. Che sensazione si prova a sentirsi vuota senza mai cadere?

Non lo so, devo imparare anche io, quando ci arrivo te lo faccio sapere.







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