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Sincero, impulsivo, pop: "Opopomoz" è l'album di esordio di Sano - Intervista

25 anni, figlio dell'underground partenopeo e una penna che non teme di osare: "Opopomoz" è l'album di esordio di Sano, al secolo Riccardo Capone, pubblicato lo scorso 14 novembre per Bomba Dischi/WEA.


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Dopo l'esperienza da protagonista con il collettivo indipendente Thru Collected, nato a Napoli durante la pandemia da Covid-19, il primo EP da solista nel 2022 "L'industria, il pop, la camera, il sesso" e il recente singolo "Morena" feat. Tutti Fenomeni nel producer album di Golden Years, l'artista ha scelto di raccontarsi e raccontare la propria quotidianità in "Opopomoz", scritto, composto e prodotto a sei mani da Sano, Rainer Monaco (già produttore di Thru Collected) e Drast (Psicologi).


L'album si configura come un lavoro che spazia, dal cantautorato all'urban, dal rap alla trap più recente, il tutto seguendo un unico filo conduttore: la scrittura. Sano scrive con istinto e consapevolezza, il racconto diventa un modo per emanciparsi, riscoprirsi, esplicitare l'anima più "pop" nascosta nei precedenti lavori. Non è un modo di rinnegare il proprio passato, anzi, ma un tentativo di evoluzione e apertura, in parte tipico della nostra generazione: il presente viene raccontato senza filtri, con le sue contraddizioni, i momenti di disorientamento, le paure da affrontare.


Ed è qui che la musica diventa uno strumento di autoanalisi e sopravvivenza, in grado di tenere assieme ogni pezzo. L'esperienza del collettivo, l'appartenenza ad una città come Napoli, che ti abbraccia e ti vive dentro, i momenti di crescita trascorsi nell'eterogeneità di spazi in cui il disordine diventa identità. "Opopomoz" è figlio di questa cornice: sincero, impulsivo, pop.


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Ciao Riccardo e benvenuto su IndieVision! Lo scorso 14 novembre è uscito il tuo album d’esordio “Opopomoz” per Bomba Dischi, titolo che richiama inevitabilmente all’omonimo film d’animazione di Enzo D’Alò. Da dove nasce questa idea?

L’album si è formato partendo da una frase o una parola, il titolo l'ho trovato alla fine. Nel momento in cui mi sono reso conto che effettivamente stavo facendo un disco, andava trovato un titolo e andava trovata un'estetica, mi sono chiuso in camera a scrivere sui fogli idee varie e a un certo punto è venuto in aiuto Enzo D’Alò con l'omonimo film Opopomoz che mi ha illuminato; mi ha permesso di utilizzare una parola che non significa nulla ma è onomatopeica e anche un po' provocatoria a modo suo, per racchiudere tutte le tantissime parole, tanti concetti che ho provato a mettere nelle canzoni

 

Dal 2020 in poi, sei stato tra gli artisti più attivi del collettivo Thru Collected, nato a Napoli durante il periodo di pandemia da Covid-19. Questa prima esperienza “in grande” da solista, come l’hai vissuta? Com’è nata la co-produzione di “Opopomoz” con Rainer Monaco e Drast?

È sicuramente diverso, non mi ero mai approcciato a un lavoro in cui dipendesse tutto da me, i sì e i no, in cui la responsabilità finale, la decisione finale fossero mie. È stato interessante quanto difficile, al contempo credo che tutto ciò che farò sarà per sempre mirato ad una dimensione collettiva. Infatti, anche in questo progetto solista, ho condiviso il bene e il male di tutto quello che succedeva con Rainer Monaco e Drast.

Rainer è la persona che mi ha accompagnato in tutto e io ho accompagnato lui nel percorso artistico degli ultimi 4-5 anni, da quando abbiamo iniziato a fare le canzoni e la musica un po' più seriamente. Con Drast ci conosciamo da tanto tempo, da 10 anni, ci stimiamo molto a vicenda ma non avevamo mai avuto un punto di incontro artistico, creativo perché facevamo percorsi un po' diversi. Poi è capitato che un po’ più di un anno fa ci siamo avvicinati di nuovo e abbiamo provato a fare della musica assieme. Fatta questa canzone per lui, mi ha proposto di fare un esperimento e provare a scrivere dei pezzi insieme per il loro album DIY (degli Psicologi, ndr) che è uscito il primo dicembre dell'anno scorso. Effettivamente è andata bene perché abbiamo fatto 7 canzoni insieme e mentre succedeva questa cosa io stavo scoprendo nuovi modi di fare le canzoni, nuovi modi di approcciarsi a tutto questo discorso, quindi ho fatto una canzone mia, scritta da me e per me, gliel'ho fatta sentire e abbiamo convenuto insieme, poi anche con Bomba Dischi, che potesse essere un punto di inizio per creare un album.

 

“Calore” viene descritto come un brano-ponte tra il tuo approccio di scrittura passato e quello presente. C’è una forte dicotomia tra caos e armonia, così come negli estremi odio-amore di “Gelosissima”. Possiamo considerare questi “estremi” come parte della tua persona o del tuo percorso artistico? In che modo hanno influito sulla costruzione dell’album?

Mi fa piacere questa domanda perché questa cosa nessuno fino ad ora l'aveva menzionata, quindi sì, è una cosa che mi diverte fare e una cosa che mi appartiene, questi dualismi e queste contraddizioni inserite e contestualizzate in un unico fatto. Per come sono fatto io mi aiuta molto prendere un concetto e parlarne in modo diverso rispetto a come lo si potrebbe raccontare normalmente.


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Uno dei tratti di spicco del disco è il modo in cui emerge la volontà di fare un prodotto quasi “liberatorio”, senza rincorrere etichette o generi particolari ma spaziando apertamente tra cantautorato, rap e urban. Ci sono artisti che hanno influenzato particolarmente i tuoi ascolti nel periodo di stesura dell’album?

In generale sono influenzato da tante cose e probabilmente non me ne rendo conto. Tutto il cantautorato italiano, diciamo quello importante, da Tenco, Battisti, Battiato, De Gregori, Gaetano, è sempre una parte centrale della mia ispirazione. Poi mi influenza anche altro, anche la scena rap napoletana in parte, tipo Envy, a me piace molto perché parla di altro rispetto a me, di cose che io non vivo e non potrei nemmeno raccontare, quindi mi dà degli spunti per raccontare delle cose mie in maniera differente, anche in modo più crudo, in modo più sagace, come magari non riuscirei a fare.

 

In “Privilegio stupendo” parli di amore sfruttando, in parte, la metafora politica. Cosa significa per te un “privilegio” nei contesti affettivi?

Sì, sfrutto la metafora politica, ci tengo sempre a farlo, lo faccio spesso nel disco. Un privilegio nei contesti affettivi per me è volersi bene, nell'amicizia vedo molto questa cosa e se mi devo considerare un privilegiato in quel senso è perché ho degli amici da sempre. Ci confortiamo e ci sosteniamo a vicenda anche se non ci vediamo tanto, anche se facciamo cose diverse e prendiamo strade diverse.

 

Invece, c’è qualcosa che considereresti un “privilegio” per gli artisti nell’attuale panorama musicale? Possibilità, spazi creativi o libertà che reputi fondamentali per lavorare bene ma che, purtroppo, non sono affatto scontate?

Sicuramente un privilegio moderno è l'accessibilità a fare la musica e la creatività data dalle nuove tecnologie. Poi un privilegio è anche quando hai la fortuna di incontrare qualcuno che comprende la tua visione, apprezza la tua musica e ti si presentano varie possibilità, non soltanto economiche ma anche di networking, conoscere persone, entrare negli ambienti “giusti”, confrontarti e capire come funzionano veramente le cose e se effettivamente ti piacciono.

 

Nel disco sono presenti le tue radici, Napoli. In che modo nascere e crescere in questo contesto hanno formato il tuo percorso artistico?

L'hanno sicuramente influenzato e determinato; poi io non mi sento un portabandiera di Napoli perché sarebbe un po' presuntuoso dirlo, ma sono consapevole che tutto ciò di cui parlo succede e passa per Napoli, però nulla è mai incentrato troppo sulla città.

 

Il 21 novembre partirà il tour, con il primo live in Santeria Toscana a Milano. Cosa ti aspetti dal contatto con il pubblico per questo nuovo progetto? Ci sono artisti che porterai con te sul palco?

Spero che cantino le canzoni, prima di tutto, anche se il disco è uscito poco tempo fa, ma spero che qualcuno le abbia già imparate. Ho piacere a incontrare gli ascoltatori e fruitori della mia musica perché sono sempre persone pensanti o con le quali ho qualcosa in comune.  Mi fa piacere chiacchierare e confrontarmi sui loro percorsi di vita. Non so se avrò ospiti sinceramente, ma siccome è il mio disco da solista per questa prima volta devo fare tutto da solo, devo prendermi questa responsabilità e anche rompere un muro, una parete che fino ad ora non è esistita quindi è meglio che mi ci addentri a 360 gradi piuttosto che trovare delle vie di mezzo che mi portano in una comfort zone in cui questo momento non mi sento di voler stare.



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