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Effenberg nel suo nuovo singolo “Anch’io”, canta di tutti i possibili significati delle parole - Intervista

Lo scorso 11 aprile è uscito "Anch'io", il nuovo singolo di Effenberg pubblicato dall'etichetta Sound To Be.

Per l'occasione, il cantautore lucchese ha collaborato con Anna Carol, una delle artiste più interessanti sul panorama musicale italiano, dando così vita ad un brano elettronico ma intimo che parla di come le parole possano cambiare significato in base al contesto in cui si dicono o si sentono.



Noi di IndieVision, abbiamo avuto il piacere di fare due chiacchiere con Stefano e di parlare della sua visione della musica, di "Anch'io", della scelta del suo nome d'arte e di alcune curiosità ed anticipazioni legate all'uscita del suo nuovo album.



Ciao Stefano, benvenuto su IndieVision. Come stai? A circa un mese di distanza dal tuo nuovo singolo, come ti senti?

Ciao, grazie per l'invito. Allora, sto bene, sto abbastanza bene. Mi sento, anche con riferimento al singolo che è uscito un mese fa, mi sento bene. Sono contento perché comunque c'è stata una bella risposta e mi hanno scritto in molti che hanno apprezzato e quindi sì, diciamo, vibrazioni positive per questa uscita.

Diciamo che, quando escono i pezzi, ultimamente, è sempre un po' un terno all'otto. Ci sono canzoni che a volte escono, su cui hai lavorato tantissimo e per qualche strano motivo passano un po' in secondo piano, e altri pezzi che hanno da subito una buona considerazione. E questa è, forse, la ricompensa più bella, no? Quella che in fondo cerchiamo facendo musica. Quindi quando ci sono delle risposte, delle belle accoglienze, ovviamente, ti senti valorizzato del lavoro che hai fatto, senti che ha avuto un senso, senti che quello che hai fatto ha trovato delle risposte e ti rende fiero.

Alla fine, la musica, come forse un po' tutte le arti, forse tutte le arti cerca anche un feedback. Pensiamo anche, non lo so, a un fotografo; il fotografo ha il piacere di scattare, però poi deve fare la mostra, perché comunque è condivisione, no?

Quindi, c'è un piacere nella creazione, ma tantissimo è anche nel condividere. Perciò condividere e vedere che c'è una risposta chiude un cerchio, iniziato quando ho cominciato a scrivere il pezzo, proseguito quando l'ho arrangiato e concluso quando siamo andati in studio e quindi, la risposta del pubblico, chiude in modo armonico un processo.

 

Il tuo vero nome è Stefano Pomponi, ma per la tua carriera musicale hai scelto come nome d'arte il nome di un ex calciatore tedesco degli anni ‘90.

Come mai questa scelta?

La scelta deriva dal fatto che questo calciatore lo conoscevo quando ero un ragazzino. Lui andava in uno stabilimento balneare dove andavo anch'io e quindi, molti anni dopo, quando ho cominciato a produrre le mie prime canzoni, ho pensato a un nome d'arte e mi è venuto in mente lui. Inoltre, mi piaceva il fatto che comunque questo nome non riporta direttamente al calcio, ma sembra quasi un nome di una band, non lo so, metal e mi piaceva questo cortocircuito tra il cantautorato italiano e un nome tedesco.

 

Secondo te che rapporto c'è tra cantautorato e calcio? 

C’è un bel rapporto perché, se pensiamo anche alla storia della musica italiana, nei cantautori italiani ci sono un sacco di riferimenti al calcio; il classico è “La leva calcistica del ‘68” di De Gregori, ma anche “Silvia lo sa” di Luca Carboni, che parte con una metafora calcistica. Sicuramente c'è un grosso legame, anche perché il calcio entra un po' in tantissimi aspetti della cultura italiana, e, sicuramente, anche in quello del cantautorato; ad esempio, semplicemente, le metafore che si usano quando si dice “C'è un po' di pressing”.

Tuttavia, ultimamente mi sembra che sia una tradizione che forse adesso si è un po' persa, sento meno canzoni con riferimenti calcistici, però magari è un'idea, magari no, non lo so.

C'è sempre, ma molto più velato, difficilmente viene connesso, ma probabilmente anche per il cambio di società. C'è più offerta in generale, quindi questo porta anche a una diversificazione degli interessi del pubblico. Mentre prima era un po' più monopolizzante il calcio e c'erano queste metafore qui che venivano compresse da tutti, ora che ci sono più offerte, più sport, ci sono più metafore e più riferimenti slegati dal calcio.

 

Lo scorso 11 aprile è uscita “Anch'io”, la tua nuova canzone e il primo singolo estratto da quello che sarà il tuo nuovo disco. Per l'occasione hai avuto il piacere di collaborare con Anna Carol, una delle voci femminili più interessanti sulla scena musicale italiana. Come è nata questa collaborazione?

Questa collaborazione è nata a luglio dell'anno scorso. Io, personalmente, non la conoscevo ma avevo ascoltato qualcosa del suo disco, perché sto lavorando con Ramiro Levi, dei Selton, e con un altro produttore che si chiama Alessandro Di Sciullo.

In pratica, i Selton hanno suonato nel disco di Anna ed io avevo ascoltato qualcosa e mi era piaciuto. Su “Anch'io” volevo cambiare un po' le carte, inserire un elemento nuovo e quindi ci venne l'idea di provare a sentire Anna e gli scrivemmo un messaggio e lei subito accettò super volentieri. Poi ci siamo trovati in studio e la seconda parte del pezzo l'abbiamo un po' pensata insieme e lei ha scritto la seconda parte.

 

Quanto è importante per te trovare la persona giusta con cui condividere una canzone, visto che comunque non hai tanti featuring nel corso delle tue pubblicazioni? 

A livello diciamo di produzione non ho, fino adesso, mai sfruttato tanto questa cosa del featuring, comunque non ci ho mai pensato tanto ma, devo dire che, ultimamente mi sono un po' più aperto alle collaborazioni, perché prima, forse, era anche un discorso un po' provinciale che avevo, magari mi tenevo un po' le cose per me. L'anno scorso mi sono trasferito a Milano e ho conosciuto un po' di persone, tanti addetti ai lavori, tanti artisti, e da lì mi è venuta la voglia di condividere di più.

In altre parole, fondamentalmente, credo che sia un fattore umano; finché ero lontano da dove si fa la musica, ero da solo, e quindi anche proporre un featuring sarebbe stata esclusivamente un'operazione un po' commerciale, perché non c'era dell'umanità, semplicemente avrei pensato a qualcuno, gli avrei mandato una mail e questa cosa qui non mi veniva tanto naturale. Invece, uscendo e conoscendo persone del settore ed altri artisti, ho visto proprio che mi sono un po' aperto alle collaborazioni in generale.

 

Diciamo che, conoscendoli di persona, hai trovato in questi artisti o in altri artisti con cui collaborerai una sensibilità simile alla tua, con cui puoi aprirti e provare a instaurare un rapporto musicale, creando canzoni insieme, coinvolgendoli nella produzione o, come in questo caso, a duettare con te.

Sì sì, certo, mi è proprio venuta voglia di sperimentare di più, di sentire altre voci all'interno dei miei pezzi, prima ero un po' più geloso, forse.

Comunque, collaborare è un lavorare diverso rispetto a lavorare da soli ma alla fine è bello, perché a condividere le cose ci guadagni sempre in generale. Qualsiasi cosa tu faccia, se la fai in team, di solito funziona sempre meglio, è sempre più bello.

 

“Anch'io” è un brano che, musicalmente, dopo un avvio acustico, lascia spazio ad un ritmo elettronico, che fa da perfetto tappeto sonoro alla tua voce a quella di Anna.

Volevo chiederti, quanto è importante per i tuoi testi riuscire a trovare il giusto vestito sonoro e quanto sono stati importanti in questo Ramiro Levi e Alessandro Di Sciullo?

Sicuramente è molto importante, direi che è almeno il 50%, perché altrimenti scrivevo dei saggi o delle poesie e quindi l’arrangiamento ha un grande peso.

I due produttori sono stati fondamentali in questo, perché abbiamo fatto un lavoro molto certosino; nel senso che, siamo partiti dalle mie demo e abbiamo mantenuto quello che funzionava, mettendo altre cose e cercando di togliere quello che invece non funzionava. Per quello che riguarda “Anch'io”, anche nella demo partiva con questo arpeggio acustico, ma poi in questo caso, durante la lavorazione del pezzo, ci siamo in modo naturale spostati sull’elettronico, semplicemente Alessandro a un certo punto ha aperto un sintetizzatore, è partito questo beat e tutti siamo rimasti gasati e abbiamo detto che era bellissimo e, quindi, da lì si è sviluppato il sound elettronico, di questa coda finale.

Infine, a me è sempre interessata l'elettronica, cioè mi piace quando si mescolano il mondo elettronico e il mondo acustico, mi ha sempre affascinato.

 

Sì concordo, è sempre bello vedere questi due mondi, così distanti, fondersi alla perfezione, trovare un punto di congiunzione.

Sì, esatto. Per esempio, la chitarra classica con l'elettronica ci sta molto bene, soprattutto gli arpeggi, i quali si sposano benissimo con i sintetizzatori.

 

Il tuo nuovo singolo è una canzone che parla di parole che cambiano significato, quali sono per te quelle parole che sembrano innocue finché non le guardi dal lato sbagliato?

Nel pezzo ho fatto qualche esempio come: “Obbedisco solo a Dio” è una parola che presa così suona nobile ma se hai un’arma in mano è un po' meno nobile. Allo stesso modo anche la parola più inflazionata come un “Ti amo” è una parola che cambia di significato nel contesto in cui la vediamo, la sentiamo.

Questa idea mi è venuta in mente mentre stavo guardando un film coreano dove, ad un certo punto, il protagonista in una stanza al telefono dice ti amo e fuori dalla stanza c'era la moglie che sente queste sue parole che, ovviamente, per lei sono state una specie di coltellata al cuore. Da questa scena, mi è venuta in mente come una parola di per sé positiva possa cambiare significato in base al contesto e quindi mi sono messo a giocare un po' con le parole in questo pezzo.

 

Un verso che mi ha colpito molto all'interno del brano è “l'amore è una sentenza”; volevo chiederti, qual è il tuo rapporto con l'amore?

L'amore è una sentenza davanti a cui non si ha possibilità di appello?

Allora, bella domanda, questa è una frase che ha scritto Anna ma ne abbiamo parlato tanto insieme. Effettivamente, l'amore a volte è una sentenza. Secondo me, una delle cose più tristi che esista è il disinnamoramento, capire che magari una persona è disinnamorata o che anche te stesso, tutto ad un colpo, ti disinnamori. Questa è una delle cose più atroci che possano succedere, ma succede perché tutta quella magia che c'era prima o poi sparisce, non tornerà mai più. Quindi, secondo me, l’amore è una sentenza senza appello, però mai dire mai, le storie possono prendere delle sfaccettature infinite, ma in generale direi che è una sentenza senza appello. Infine, il disinnamoramento è una cosa un po' atroce perché la scintilla che c’era, per qualche motivo che nessuno sa, svanisce e il fatto che non ci sia rimedio, incrementa la tristezza perché se ci fosse un rimedio, qualcuno potrebbe rimediare, ma è il disinnamoramento è innato, non c'è rimedio.

 

Prima, quando ti ho chiamato, eri in studio a chiudere un ritornello e questo vuol dire che presto ci saranno novità, come nuovi singoli?  Quest'estate farai qualche concerto dal vivo?

Allora, rispondo sì a tutte e due le domande.

Ci saranno nuovi singoli prima dell'uscita del disco che, probabilmente, sarà in autunno e quest'estate farò qualche concerto, che scriverò a breve sui social.




 

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