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I Cara Calma e la loro nuova visione del dolore con "Itami" - Intervista

Abbandoniamo per una mezz'ora abbondante tutti gli stereotipi sull'emo con il nuovo album dei Cara Calma. La band, in occasione dell'uscita del suo quarto disco per Piuma Dischi, ci mostra la sua nuova prospettiva per affrontare e poi raccontare il dolore. "Itami" rimane incredibilmente fedele alle sonorità pop punk particolarmente care al gruppo, per ostentare un perfetto equilibrio narrativo tra sofferenza e speranza. Andando a "disturbare" la cultura giapponese, l'ultimo sforzo dei Cara Calma descrive le diverse facce del dolore e il lungo e tormentato processo che lo trasforma in spinta vitale.


Cara Calma itami

Itami racconta il dolore non come una condanna, ma come un passaggio che può trasformarsi in qualcosa di più. Se interagire e comprendere, può diventare il motore di una crescita personale, rafforzando il legame con gli altri e favorendo una connessione più autentica e profonda anche con se stessi”; com’è cambiato il vostro rapporto con la sofferenza nel corso del tempo a livello personale? Per tutti noi il dolore, all’inizio, era una specie di mostro sotto il letto: lo ignoravi, sperando sparisse. Poi capisci che non solo è lì per restare, ma ha anche cose da dire. Col tempo impari ad ascoltarlo, magari pure a farci due chiacchiere. Con questo disco abbiamo cercato di trasformarlo in musica, in parole, in connessioni. È stato il nostro modo di esorcizzarlo e portarlo dall’essere nemico a motore per qualcosa di positivo.

Come mai, nella prima traccia, avete deciso di associare proprio “Anime e ket4mina”? Perché siamo cresciuti a cartoni giapponesi e contraddizioni. “Anime” sono i cartoni, ma anche le nostre anime stesse: fragili ed incasinate. Ci piace scrivere per figure ed immagini ed in questo senso ketamina rappresenta lo stordimento che a volte ci serve per affrontare il caos. Era l’accoppiata perfetta per aprire il disco con un bel pugno nello stomaco.

In “Niente di che” dite: “le mie ferite si vedono dallo spazio/E tutti che si fermano a guardare”: quanto è facile/difficile affrontare il dolore in maniera positiva per una band emo? Il dolore non lo mascheriamo, lo trasformiamo. A volte esce sotto forma di quello che vorremmo, mentre a volte semplicemente diretto e sincero. In ogni caso è una forma terapia per noi stessi

In quasi tutti i testi vi rivolgete a qualcuno; a chi parla “Itami”? Parla a chiunque si senta rotto ma ancora capace di ascoltare. A chi non ha le risposte ma ancora prova a farsi qualche domanda. A chi vuole restare in piedi, anche se barcolla. Ma soprattutto parla a noi stessi, che andiamo sempre a cercare la musica quando ne abbiamo più bisogno

In base ai feedback che vi arrivano e alle reazioni ai vostri concerti, avete notato anche un cambiamento dell’atteggiamento del pubblico nei confronti del dolore dal vostro esordio ad ora? All’inizio sembrava quasi un tabù, mentre ora più che mai i concerti sono diventati veri e propri momenti liberatori. C’è più apertura, più consapevolezza. Il pubblico ci insegna che la vulnerabilità è una forza, e noi gliene siamo grati ogni sera.

La pressione di cui parlate nel brano “Venerdì” la percepite anche nell’ambiente discografico e musicale? Negli ultimi anni la musica si è trasformata quasi in una gara a chi performa di più, sembrano contare solo i numeri e questo può portare ad assecondare quella voce nella esta che ti dice “dovresti fare di più”, “devi restare rilevante”. È subdola, perché si traveste da ambizione. Ma cerchiamo di tenerla a bada facendo musica che ci rispecchi davvero. Se ci perdiamo quello, ci perdiamo tutto.

A che serve rallentare/Se non riparto più?” (“S.O.S.”): dal punto di vista artistico, vi è mai capitato di scambiare una semplice e sana pausa con uno stop definitivo? Sì, ed è spaventoso. Perché a volte ti fermi e pensi: “e se non riparto più?” Ma poi succede qualcosa, una canzone ben riuscita, uno sguardo d’intesa sul palco, e finisce che ti ricordi perché hai cominciato. La pausa di silenzio serve per prendere la rincorsa e ricominciare a fare casino ancora più forte

Il tour è giunto quasi a metà, avete già dei progetti per quando si concluderà? Volgiamo dare il giusto valore a questo disco e lo porteremo in giro per l’Italia anche per un tour estivo. Non vediamo l’ora di vedervi tutti sotto il palco e poi al bancone del bar


Yorumlar


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