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Brucherò nei Pascoli, è uscito il nuovo album "Umana" - Intervista

Ci sono dischi che nascono per dare voce alle fragilità. Umana, il nuovo lavoro dei Brucherò nei pascoli, è uno di questi. Dentro ci sono vite spezzate eppure dignitose, amori che arrancano, dipendenze, cadute e tentativi di risalita. È un album che guarda negli occhi le fragilità, senza giudicarle mai.


A tre anni da Palo, la band torna con un suono più deciso e intimo, dove convivono post-punk, elettronica e rap. La produzione dei BNP e di Tommaso Colliva ne amplifica la tensione emotiva, mentre le collaborazioni con Lamante, Edda, Glitter Boy e la cooperativa AllegroModerato aggiungono sfumature diverse, a comporre un mosaico di umanità imperfette ma vive.


Brucherò nei pascoli intervista

Il disco, uscito il 24 ottobre per Woodworm, verrà presentato dal vivo il 6 novembre al Circolo Magnolia di Milano. Ne abbiamo parlato con i Brucherò nei pascoli, per capire da dove nasce questa voglia di raccontare l’essere umani oggi.


Umana è un disco che dà voce a chi spesso non ce l’ha: fragilità, esclusione, dipendenze, cadute. Da dove nasce il bisogno di raccontare proprio questo tipo di umanità?

Non si tratta di un vero e proprio bisogno, più semplicemente proviamo a raccontare storie vicine a noi. Conosci qualcuno che non si senta fragile o escluso? Non ci sentiamo  paladini di nulla, ma osservatori curiosi del mondo che ci circonda e delle sue differenze.


La title track “Umana” parla di una ragazza che non riesce più a credere in se stessa: può essere vista come una metafora di una generazione intera?

Più che di una metafora generazionale abbiamo pensato alla vita di una ragazza di provincia. Per fortuna ultimamente se ne parla un po’ più spesso, ma la provincia rappresenta la morte sociale con la sua aria omologante e apatica. Molti paesi di provincia vivono nell’ombra delle grandi città, emulando uno status capitalista che sta disumanizzando le peculiarità di ogni luogo. Un’adolescente cresciuta in un contesto di questo genere è legittimata a desiderare di andarsene e vivere in posti come Milano o all'estero. Forse questa frizione fatta di sogni, disillusioni e centri commerciali può rappresentare, in qualche modo, lo specchio di una generazione.


I featuring di Lamante, Edda e Glitter Boy aggiungono sfumature diverse: post-punk, prog, rap. Come scegliete con chi condividere una canzone?

Ogni canzone che compone l’album è come il tassello di un mosaico che rappresenta una parte di umanità. Le collaborazioni sono servite ad amplificare la narrazione dei brani: come “Serafino”, che per esempio racconta la storia di un angelo che vuole vivere in terra anche a costo di perdere la sua immortalità, e che ci ha fatto subito pensare a Edda e alla sua personalità fluida. O come quando abbiamo scritto un pezzo che parlava di un tipo sballato e cazzuto ed è stato naturale coinvolgere Glitter Boy, che ha inciso così tanto da decidere di chiamare il pezzo “Glitter”. Abbiamo lavorato in questo modo per tutti i feat…


In “Andrea” avete collaborato con la cooperativa AllegroModerato, una band composta da musicisti con fragilità psico-fisiche. Com’è nata questa connessione e cosa vi ha lasciato?

Sempre seguendo l'istinto di voler esprimere il significato di un pezzo anche attraverso il sound e non solo nei testi, quando abbiamo conosciuto gli AllegroModerato è stato lampante fargli suonare “Andrea”. È una canzone che Davide ha scritto qualche anno fa quando faceva il maestro di sostegno di un bambino autistico, e loro erano ideali per riuscire ad esprimere a livello sonoro la fragilità psico-fisica del personaggio. Lavorare in studio insieme è stata un'esperienza emozionante dato non sapevamo cosa sarebbe venuto fuori, come capita nelle migliori collaborazioni. È una canzone a cui teniamo molto e siamo contenti che apriranno il nostro concerto al Magnolia il 6 novembre.


C’è una frase, un verso o un suono che per voi racchiude tutto lo spirito del disco?

Nel nostro album precedente, “Palo”, molti rullanti erano stati sostituiti con un suono metallico. è un dettaglio minimo ma lo percepisci anche senza accorgertene. In questo nuovo progetto abbiamo simulato delle palpitazioni con dei sub kicks, una cosa che ritorna in diversi pezzi e che, in maniera molto semplice, vuole ricordare il battito cardiaco del bambino che c’è sulla copertina del disco. Spesso fra noi ci diciamo che le idee più semplici sono anche le più funzionali, a maggior ragione per un progetto come il nostro che di scelte “semplici” ne fa troppo poche!


Dai vostri esordi fino a Umana avete attraversato tanti generi come rap, punk, elettronica, cantautorato. In cosa vi sentite più “voi stessi” oggi?

Ci sentiamo noi stessi in tutti i generi che hai elencato, se non molti di più… Quando scriviamo una nuova canzone pensiamo sempre prima a lei e poi a come suonarla. Crediamo che il genere musicale sia come un vestito da far indossare alla canzone, mai il contrario.


Una domanda più di fantasia per salutarci, immaginate di poter spedire Umana nello spazio, suonato davanti a un pubblico di alieni: quale canzone scegliereste per far capire loro cosa significa essere umani?

Probabilmente TVB, perché oltre ad essere il pezzo più esplicitamente “romantico” ha anche una lunga coda di sax che comunica molto più di quanto possano fare le parole. Che se hai davanti degli alieni, conviene…



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