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Anzj ci racconta il suo nuovo "Cammjno"- Intervista

Il cantante, musicista e produttore Anzj torna con il suo nuovo lavoro discografico “Cammjno” e ci accompagna in un percorso molto diverso dal suo precedente viaggio, iniziato con il suo primo ep “Spazio”. Se in “Spazio”, scritto durante il lockdown, l’artista manifestava ciò che provava attraverso la sua immaginazione, “Cammjno” rappresenta un ritorno alla vita con tutte le sue fasi e le sue difficoltà.


In “Cammjno” c’è una particolare attenzione nella creazione della cover, una composizione di 8 immagini che rappresentano il significato profondo dei vari singoli. L’immagine al servizio della musica, in questo caso, crea una sorta di filo conduttore tra queste canzoni tanto diverse tra loro, ma unite dal fatto di essere piccole parti di vita, ognuna con le sue sfaccettature.


nfatti i brani dell’ep non sono circoscrivibili in un genere ben preciso, ma seguono solamente la volontà dell’artista di dar voce a ciò che lo circonda e creare nuovi immaginari, spinto dalla volontà di andare oltre i suoi limiti, di cercare sempre e solamente la maniera più artistica nel manifestare i suoi sentimenti, in un modo del tutto originale.

Per immergerci sempre di più nel “Cammjno” di Anzj, gli abbiamo fatto qualche domanda!



Ciao Andrea! L’11 novembre è uscito il tuo nuovo progetto discografico “Cammjno”. Cosa vuoi mostrare al tuo pubblico attraverso questo percorso musicale?

In realtà “Cammjno” lo deduco come la naturale evoluzione di un percorso che è iniziato già prima con “Spazio”. Non è un qualcosa che vive all’interno della mia discografia, ma piuttosto si inserisce in un contesto molto più ampio. Quello che ho cercato di fare è stato il contrario di quello che è successo con "Spazio”, che ho scritto in epoca pandemica, quando eravamo in lockdown. Era molto più incentrato su quello che io provavo nella mia immaginazione e che volevo portare verso l’esterno. Invece in “Cammjno” succede il contrario sviluppa nel periodo di vita, si esprimono le sensazioni esterne che vanno a modificare le considerazioni che ho di me stesso e anche il modo in cui vedo Milano in primis e poi il mondo in maniera più macroscopica.




Molto curiosa è la cover dell’ep, una composizione di 8 fotografie che rappresentano il significato di ogni brano. Come è nata questa idea? Secondo te quanto il mondo delle immagini può influenzare il mondo della musicale?

Il mondo dell’immagine modifica tantissimo il mondo della musica. Però non bisogna giustificare un prodotto musicale discreto con un lavoro artistico più bello del dovuto. Non credo che il lavoro artistico possa salvare un prodotto musicale che non è di valore, però se entrambe le cose sono fatte in condizione di causa e con una visione precisa, si influenzano molto a vicenda. C’è un rapporto molto stretto tra ciò che viene visto e ciò che viene sentito. L’idea della copertina è stata molto naturale. Sono arrivato da Mattia, il mio art director, avevamo questi brani molto doversi fra loro, collegati solo dall’idea che facessero parte di un percorso, però a livello intrinseco e artistico non erano collegati, perché hanno sonorità diverse, parlano di tematiche diverse, soltanto un paio sono realmente ben connessi. La connessione è data a un livello un po’ più profondo, dal fatto che facciano parte di questo percorso. La domanda che ci siamo posti è stata: “Come manteniamo l’identità di tutti questi singoli brani dandogli un collegamento?”. Quello che è venuto fuori è stata questa serie di istantanee scattate, immaginandoci un po’ di far parte di questo viaggio.



I tuoi brani non posso essere ridotti ad un genere musicale ben preciso. Passano dal lo-fi alla trap, dall’indie-pop al rap. Se un giorni ti chiedessero di autodefinirti in un genere ben preciso, cosa risponderesti?

Faccio fatica a risponderti. non ragiono per generi ma ragiono, per le cose che mi piacciono. Non ho un background underground che mi permette di dire che faccio punk, indie ecc. Non sono questa cosa. Io nasco come musicista e produttore e cerco di emulare quello che mi piace per poi trasformarlo in qualcosa di mio personale. Però se dovessi collocarmi in un genere, io tendenzialmente ho dei testi che sono assimilabili all’indie con una sonorità tra pop ed elettronica.




Pensi che sia stato anche Spotify a creare queste distinzioni con le varie playlist?

In realtà spotify sta migliorando molto nella categorizzazione delle canzoni. Ci sono queste playlist che descrivono mood create apposta per non creare differenze di genere, ma piuttosto andare a definire delle sensazioni.



Il primo brano dell’ep è “Luna storta”. Una canzone che parla di un ritorno a casa in cui i sentimenti contrastanti creano una confusione interiore. Secondo te il ritorno può essere utile per fare i conti con il presente?

Io credo che sia fondamentale, frequentemente, cambiare e modificare il proprio punto di vista sulle cose, per darci un contesto più ampio per poterle comprendere poi realmente bene. Quello che ho capito io è che Milano mi sta permettendo di vivere in parte i miei sogni, ma in parte mi rendo conto che ogni tanto ho bisogno di respirare e riflettere su quello che sto vivendo in maniera distaccata e questo avviene quando torno a Gattinara in Piemonte. Io l’ho odiata quando stavo crescendo perché non avevo stimoli, non c’era niente. Invece adesso sto iniziando ad apprezzarla, è il luogo in cui mi vado a rifugiare da questa frenesia milanese.



In “Notti di Maggio” canti: “Sai che ancora odio la mediocrità, sai che raggiungerò qualcosa, puoi starne certa”. Che obiettivo ti sei posto in questi ultimi anni?

Io non ho mai cercato i numeri, anche se dall’esterno è un aspetto che mi mette sotto pressione. Però tendenzialmente ho cercato di scostarmi dall’idea che per avere successo si debbano avere determinati numeri. Non mi sono preposto questo obiettivo. Piuttosto io voglio poche persone che poi realmente mi seguano, che capiscano e che apprezzino a pieno quello che faccio. E’ più gratificante quando ricevi un messaggio in cui le persone ti scrivono che si rivendono nelle mie canzoni, piuttosto che avere 10000 persone in più che ti ascoltano ma nessuno di loro interagisce con te, trattandoti come un qualcosa da consumare.



Nel brano “Dentro” c’è questo non sentirsi a casa né all’interno di quest’ultime e né fuori. Qual è la tua zona di comfort che hai paura di abbandonare?

Io sto cercando di starci così lontano, tanto da non ricordala più. La mia zona di comfort è tendenzialmente stare chiuso in camera mia a scrivere, a suonare, cercare di creare. C’era un periodo in cui proprio questo mi ha fatto chiudere in me stesso, stare eccessivamente in casa per fare musica e a non voler uscire per affrontare situazioni esterne. Questo mi ha portato ovviamente ad una serie di conseguenze come l’ansia sociale. Cioè sentirsi sempre parte di questa corsa in cui vai, esci con gli altri e magari credere che gli altri fanno tutto meglio di te e più di te. Questa è la mia zona di comfort ma sto cercando di allontanarla da anni per pormi sempre fuori e sempre oltre.




In questo ep ci sono due canzoni che si contraddicono; “My Bad” con Sethu e “Tu sai tutto” con Camilla Magli. Nel primo brano si parla di una relazione nata sulla paura di mostrarsi perciò che si è realmente. Invece il secondo su una relazione in cui ci si è messi a nudo, ma con la paura che le fragilità possano essere utilizzate come armi per ferirsi. Come mai hai scelto di raccontare di questi due tipi di relazione completamente diverse l’una dall’altra?

Secondo me sono le due fasi della stessa relazione che si evolve. Nel momento in cui ti accorgi che non ti sei aperto abbastanza cerchi di fare uno sforzo verso questa apertura, questa vulnerabilità che se non dotata nel giusto modo, diventa invece una co-dipendenza e di conseguenza un’arma a doppio taglio per l’altro che può sfruttare, per ferirti e farti del male .



“Canzone semplice” trova la sua base su concetto di semplificazione, sullo spogliarsi per trovare il sonno desiderato. Se dovessi fare una semplificazione sulla tua persona, come ti descriveresti?

Tendenzialmente mi definisco una persona che cerca sempre di trovare la soluzione più creativa. Sono super perfezionista e a volte pigro. Rendendomi conto del livello di perfezione a cui vorrei tendere e poi tenendo conto delle ore che dovrei metterci per raggiungerlo, mi porta ad una sorta di abbandono in partenza cosa che poi in realtà combatto e contrasto.



In “Suono Loud” manifesti la tua voglia di farti ascoltare, stufo di stare in silenzio. Quando è nata la necessità di dire cosa pensi attraverso la musica?

Io ho iniziato come produttore e vedevo che la gente non mi cagava troppo e ho semplicemente detto: “Okay devo trovare l’espediente e il modo per potermi far ascoltare realmente”. Io nasco come musicista puro, artista puro senza voce. Poi ho iniziato a cantare e mi sono innamorato anche del canto. Ma il motivo per cui ho iniziato a scrivere è perché volevo che più persone percepissero e capissero quello che stessi dicendo.



L’ultimo brano di questo “Cammjno” è “Amore Terminale” una storia d’amore che si sviluppa attraverso immagini e messaggi visti da un pc. Perché consideri questo tipo di amore “terminale”?

Con “Amore terminale” ho voluto giocare sul doppio significato del termine “terminale” come schermo e “terminale” come qualcosa che può finire. Essenzialmente è nato tutto un po' da lì. E’ uno dei pochi brani in cui il concept è venuto fuori dal titolo che avevo già in mente. Volevo creare questo mood distopico in cui poi andare a narrare questa relazione filtrata dallo schermo che diventa falsa. Diventa quasi una proiezione della relazione stessa che ha tutti gli sbatti di una relazione, ma senza avere la parte bella della spontaneità. Ovviamente è una relazione destinata a finire. Quando dico nella canzone “Sto piangendo per te”, non sto piangendo vedendoti, toccandoti avendo modo di interagire con te, sto piangendo magari per parole lette su uno schermo, per dei pixel. C’è questa sorta di contrasto fra qualcosa di così piccolo e banale come un semplice pixel che può arrivare a ferirmi. E’ una condizione in cui ci stiamo sempre più immergendo da cui dovremmo distaccarci. E’ difficile capire che cosa è bene e cosa non lo è. Una sorta di denuncia sociale molto blanda.



Ci saranno dei live per presentare questo nuovo viaggio?

Ne stiamo parlando, ma stiamo cercando di capire. Ci stiamo prendendo il tempo per poterlo realizzare al meglio e cercare di non avere questa discrepanza tra i brani registrati in studio e i brani portati ai live.


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