top of page

Andrea Laszlo de Simone torna con "Una lunghissima ombra", il nuovo album - Recensione

Qualche anno fa risuonava dalle casse tale Immensità, sostantivo che sento doveroso usare per descrivere quanto stiamo ascoltando anche in questi ultimi giorni: Andrea Laszlo de Simone è tornato venerdì 17 ottobre con 17 brani racchiusi in “Una lunghissima ombra”, il nuovo album per 42 Records / Virgin Records.


Andrea Laszlo De Simone recensione

Come da tradizione, la prima anticipazione dell’album ci è stata data a Capodanno, per antonomasia “la notte che ci introduce al nuovo e in cui ci si scrolla di dosso il passato”, come dichiarato dallo stesso artista. “Un momento migliore” si inserisce in questa cornice, con tanto di countdown in apertura al brano; una ballata libera e senza tempo che mescola le imperfezioni di Laszlo, in comunione con le nostre, al “compleanno” del Mondo. È un bilancio intimo e delicato dei momenti trascorsi, cercando di scrollarsi di dosso il fallimento di quegli errori troppo grandi o troppo piccoli che, fin troppo spesso, ancorano a un mondo di sole ombre e poca luce.


"Forse ho mentito sempre, forse son troppo sincero ed ho una fragile mente o sono solo immaturo o più probabilmente non voglio pensare al futuro perché sono quasi sicuro che sbaglierò per sempre" (da Un momento migliore)

Da queste considerazioni, l’album dispiega un leitmotif puntellato da dualismi: vita e morte, ombra e luce, passato e futuro. Il secondo singolo, “La notte”, si profila come uno dei brani più giocosi dell’album, aprendo uno squarcio in quell’ombra che avanza, inquieta, tra i pensieri dell’autore. Un brano malinconico e delicato, che permette di respirare quella libertà tanto agognata tra un sospiro e l’altro, in contrasto con le sonorità fredde e a tratti industriali che caratterizzano i brani strumentali presenti, primi fra tutti “Buio” e “Neon”, entrambi avvolti da un’atmosfera cupa come inquietudine che avanza, tra rimpianti e prese di coscienza.


Una lunghissima ombra” nasce così dal tentativo di dare una forma visibile all’invisibile, a quelle intrusioni che ci portano lontano dal presente, dalla realtà, diventando un’opera totale definita gesamtkunstwerk, ovvero fusione di linguaggi: musica, letteratura, cinema e pittura. Come descritto da Laszlo stesso, “Un disco da vedere. Un film da ascoltare”.

A tal proposito, è stato pubblicato anche un poema visivo inedito, un video fatto di frammenti, natura, paesaggi e artefatti, ognuno per ogni brano, così che ogni riflessione venisse trasposta su immagini che scorrono, prendono vita e sono fragili allo scorrere del tempo, proprio come noi.



L’intero album si delinea, dunque, come un dialogo interiore sull’essere umano e le sue fragilità, quasi come a voler trarre forza da quei pensieri intrusivi, dalle ombre, che trascinano in un turbine di confusione e amarezza lontano dalla luce e dal tangibile.


In “Quando”, ad esempio, si cerca un colpevole di quegli errori, incomprensioni e contraddizioni che la mente non riesce a spiegarsi. Si parla, si ride e si piange senza mai capirsi, eppure si tenta sempre di andare avanti. Il brano diventa il tentativo di delegare una responsabilità interiore che, in fin dei conti, resta sempre e soltanto a noi, nonostante la volontà di respingerla. 


"E’ colpa del silenzio timido come me se non ti dico quel che penso" (da Quando)

Con “Aspetterò”, invece, abbiamo la presa di coscienza dolorosa del ritrovarsi grandi, adulti in questo Mondo veloce e confusionario. C’è lo smarrimento di chi ha capito “di non aver capito niente dell’esistenza, se non il fatto che probabilmente c’è meno da capire di quanto ci sia da accettare”, parole di Laszlo per cui è difficile non fermarsi a riflettere quel tanto che basta da smarrirsi con lui.


"E al mondo resterò, per poter vivere vivrò sapendo che non sono niente e niente avrò perché di niente è fatto tutto ed io lo so" (da Aspetterò)

Questa profonda astrazione porta l’essere umano in un dialogo col Mondo che culmina in quello che verrebbe da definire il manifesto del disco: “Non è reale”. Il pensiero implode in una pura escalation testuale e strumentale, il cui crescendo diventa tensione e allo stesso tempo sollievo, consapevolezza e comunque dubbi. Il confine tra ciò che esiste e ciò che immaginiamo si dissolve e l’ascoltatore trascende, catturato da quel vortice di emozioni e domande.


Andrea Laszlo de Simone non pretende di rispondere a quelle domande. Si è arreso a quel so di non sapere su cui tanto si scherza da giovani, non cerca risposte ma una “luce” in grado di rendere proprie ombre più piccole e gestibili. Così, anche quando tutto sembra perdersi nel buio, la speranza di quella luce è lì, in un futuro ancora da creare.


"Se la ragione ti porta in dote tutti i suoi lumi tu chiudi gli occhi e soffia" (da Planando sui raggi del sole)

Commenti


Iscriviti alla nostra newsletter!

  • Bianco Instagram Icona
  • TikTok
  • Bianco Spotify Icona
  • Bianco YouTube Icona
  • Bianco Facebook Icon
  • Whatsapp
bottom of page