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Testacoda: "I miei testi sono semplici e non hanno bisogno delle annotazioni di Genius."


Tra le nuove proposte del panorama indie milanese vi segnalo un giovanissimo artista che solo nel Gennaio 2019 faceva il suo debutto con il primo Ep dal titolo “Morire va di moda”. Si tratta di Lorenzo , in arte “Testacoda”, un nome che cela contrasti interessanti da approfondire , così come i titoli delle sue canzoni. Il suo stile viene definito un ibrido tra il rap e pop, la sua voce è come una lama tagliente con un tono percepibile di malinconia, mentre, i suoi testi sono mirati e arrivano subito all'ascoltatore, senza troppe metafore. Queste sono le caratteristiche che rendono Testacoda uno degli artisti rap più interessanti nell’attuale scena musicale indipendente, quella che ha voglia di emergere e raccontare le sue storie. Il 3 aprile è uscito il suo ultimo singolo “Morsi”, un brano che in certi versi risulta dolce ma in altri sa ben evidenziare i lati negativi di una relazione d’amore, con i quali a volte ci ritroviamo a fare i conti. In questa intervista ho avuto modo di approfondire di lui e del suo mondo. Ciao Lorenzo, innanzitutto come va e come stai gestendo la musica in questi giorni di quarantena ? La quarantena va bene, sono uscito di casa una sola volta per andare a fare la spesa, per il resto tutto online. Ho composto una decina di canzoni in quarantena e mi viene più facile del solito.

Quest’anno dopo l’uscita a Febbraio di “AKIRA”, il 3 Aprile, segue il tuo ultimissimo singolo dal titolo “MORSI”, come stanno andando anche in relazione ai precedenti singoli ? Stanno andando bene , potrebbero andare meglio ma io sono soddisfatto della mia musica quindi tutto procede secondo i piani. Prima del tuo esordio dello scorso gennaio 2019, quale è stato il tuo percorso musicale? Quando e come hai iniziato ad avvicinarti alla musica? Non mi sono mai avvicinato alla musica, alle elementari ho cantato per un anno nel coro delle voci bianche, da allora non ho mai scritto niente prima della strofa del brano “Cera” insieme ai “I miei migliori complimenti”. Come nasce la collaborazione con l’etichetta “digitale 2000” e con il suo fondatore Walter Ferrari de “ i miei migliori complimenti” ? Walter mi ha convinto ad iniziare a fare musica e devo dire che mi ha aiutato tanto coi pezzi, in ogni caso, ci conoscevamo già prima di suonare assieme. In un tuo brano dal titolo “outro” , che nel gergo musicale indica la coda finale di una canzone , parli di paure e il brano sembra alludere alla fine di una storia d’amore. Quanto i tuoi sentimenti incidono nella scrittura ? E quanto c’e’ di te in ogni canzone ? Alla fine parlo quasi sempre di relazioni, di solito mi capita di scrivere i testi delle mie canzoni quando sto vivendo appieno una relazione però quando esce il singolo capita spesso che ci siamo già lasciati.

Nel giro di pochi mesi sono due gli ep pubblicati: “morire va di moda” ed “ è proprio una cattiveria”, quest’ultimo abbastanza diverso dal primo. Come definiresti i due lavori e quali sono le caratteristiche che differenziano l’uno dall’altro. E se c’è un invisibile filo conduttore tra i due da cosa è rappresentato ? Per quanto mi riguarda, non c'è un filo conduttore. Non ho voglia di fermarmi solo su di un genere musicale e per questo i due Ep suonano diversi così come suoneranno diversi anche i prossimi lavori. La "lo-fi" l'ho fatta e adesso non mi va più perché mi ha già annoiato, se dovesse tornarmi la voglia potrei magari fare altra roba come quella ma per adesso non è nei miei piani.

“morire va di moda” è il tuo primo ep, un titolo abbastanza forte che di certo non lascia indifferenti. Hai mai pensato che , in una società come quella in cui viviamo dove gli adolescenti seguaci delle mode e che spesso riversano in situazioni difficili, questo titolo potrebbe passare come un messaggio sbagliato ? Cosa hai voluto comunicare o mettere in evidenza con questo titolo? Credo che i miei testi siano estremamente semplici da capire, non uso mai metafore e simili perché mi va di essere il più diretto possibile e di solito non uso nemmeno la punteggiatura. Mentre scrivo non mi faccio troppi viaggi su come scrivere di determinati argomenti usando parabole particolari perché, appunto, preferisco che chiunque possa capire ascoltando immediatamente, senza aver bisogno delle annotazioni di genius.

Ho letto che hai scelto come nome d’arte “Testacoda” per contrastare la realtà di non saper guidare e non avere la patente. Ma tu quanti testacoda ti auguri di provocare in chi ti ascolta? E, oltretutto, hai preso la patente?

Far prendere male le persone è un obiettivo che mi sono posto e spero di riuscire a rispettare questo impegno anche se so che ci vorrà del tempo, ma qualcuno che si è affezionato alle mie canzoni già c'è e sono contentissimo. La patente non l'ho ancora presa perché alle medie mi hanno investito e adesso ho paura di uccidere qualcuno.


A cura di Melania Rosati


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