"Temporale": il nuovo viaggio dei Gazebo Penguins nella mente umana - Recensione
- Lucia Tamburello
- 21 apr
- Tempo di lettura: 2 min
A vent’anni dal loro esordio, i Gazebo Penguins pubblicano il nuovo album, “Temporale”, con Dischi Sotterranei ponendosi in continuità con il loro percorso artistico dal punto di vista sonoro, ma esplorando nuove prospettive per affrontare i temi intimisti ed emozionali tipici dell’alt rock italiano.
Pubblicare sette album in vent’anni aumenta inevitabilmente il rischio, per una band, di ripetersi, di rimanere troppo fedele a determinati schemi o, all’opposto, di cedere ad una ricerca morbosa di uno sviluppo che, nella maggior parte dei casi, sfocia in un’involuzione aderente alle esigenze di mercato.
Non si può negare che i Gazebo Penguins tendano al primo caso spaccando a metà il giudizio degli ascoltatori tra fan che apprezzano la coerenza e finti detrattori annoiati che ritroviamo regolarmente a pogare sotto il palco anche all’ennesimo concerto del gruppo. Per quanto “Temporale” possa ricordare il successo di “Nebbia”, si presenta come un disco estremamente attuale e attento a non ricalcare i cliché dell’emo.
Per questo lavoro, viene adottata una visione quasi oggettiva della mente umana, passando attraverso la filosofia e la mitologia greca, per raccontare le sensazioni di una singola persona in continuo dialogo con la contemporaneità ricreando condizioni condivise e un ormai strano sentore di comunità. Anche questa volta l’effetto sull’ascoltatore è lo stesso: una completa catarsi e un senso estremo di comprensione.
Sempre in continuità l’ultima parte della loro discografia, i Gazebo Penguins inseriscono degli elementi che possono essere considerati atipici per l’ambiente post-hc. Soprattutto nella prima parte di “Temporale”, dei fiati danno una parvenza di prog che nella terza traccia, “Mnemosyne” si unisce alla frenesia tipica, invece, dei primi album della band. “Tutto a posto”, “Inospitale”, “Delle mie brame” e “Quasi” sono i pezzi più fedeli ai canoni dell’emo-core, più snelle e con ritornelli orecchiabili, strappalacrime e “strappaurli”. I brani in chiusura, “Finisce male” e “Strani animali”, danno una sensazione di “defaticamento”: estremamente distesi e con componenti elettroniche un po’ più consistenti, abbandonano la furia precedente per dare un calmo arrivederci all’ascoltatore.
“Temporale”, paragonato alle uscite musicali nazionali dell’ultimo anno è come una bevuta con dei vecchi amici confrontata ad un aperitivo con delle nuove conoscenze: affronteremo gli stessi discorsi di sempre, ma faremo mattina divertiti ed emozionati.
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