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Primogenito racconta con le sue canzoni una società influenzata dal giudizio

Primogenito è un giovane cantautore romano con la voglia di raccontare la società in tutte le sue sfaccettature,  senza troppi giri di parole. L’artista nelle sue canzoni ci mostra degli stereotipi e descrive, attraverso delle storie inventate, la vita di questi personaggi che osserva solamente da lontano.

Con questo progetto, Primogenito, vuole dimostrare agli ascoltatori quanto il giudizio sia parte integrante dell’essere umano e  il cantautore non fa altro che rappresentarlo sotto forma di canzone.

 




Ciao Gabriele! Come nasce il tuo nome d’arte?

Questo nome d’arte nasce dal fatto che sono il primogenito di cinque figli. Il primogenito è quello che spacca un po’ i muri che si subisce l’inesperienza di un genitore. E’ il  pioniere di tutto ciò che alla fine viene ottenuto dai fratelli più piccoli. E’ una persona disposta a dare, pagare sulla sua pelle, determinati errori per far star meglio le persone che verranno dopo di lui.



Guardando il tuo profilo tik tok utilizzi la musica per raccontare gli avvenimenti della quotidianità. Come è nata questa idea di raccontarti con la musica?

Io tendenzialmente in questo periodo sto mettendo più video con i miei, perché non ho mai avuto rapporti con loro, non c’è mai stata questa armonia. Invece adesso hanno capito che quello che sto facendo, lo sto facendo seriamente. Ora mio padre si sta avvicinando al mio mondo chiedendomi di fargli sentire i provini o leggere le bozze delle mie canzoni. Non sono nato in  una famiglia che ama l’arte, la musica. Anche quando giocavo a pallone avevo una mentalità diversa rispetto agli altri, non ho mai avuto la mentalità di squadra, sono sempre stato solitario. Mi piaceva la musica, imparai a suonare la chitarra da autodidatta, e facendo qualche lezione con mio zio. In questo momento sto riprendendo  i rapporti con i  miei genitori. Adesso sto ricercando quell’infanzia che ho perso.  La quotidianità mi piace un po’ portarla sui social perché si è un po’ persa l’idea di famiglia,  di genuinità. Ormai si punta sempre al bello. Si punta sempre alle stelle, io vorrei portare una musica più concreta, più reale.

 


Nel brano “Potassio” canti: “Ho sempre scritto le mie storie con i piedi per terra”. Vorrei collegare questa frase al video diventato virale sul casting di Amici. Secondo te questo fattore di semplicità e verità nelle canzoni non è considerato un fattore positivo nel mondo dei talent show?

Secondo me non è molto apprezzata, Io con la canzone di Amici ho cercato sempre di rendere consapevoli determinate persone. Molto persone non hanno un’autocoscienza, non si rendono conto quanto i loro mezzi sono al di sotto di quello che effettivamente possono fare e non sanno invece quando i loro mezzi sono al di sopra effettivamente di quello che possono fare. In una generazione in cui i sogni sono importanti, è chiaro che una canzone che parla di realtà magari non è bene accetta. Però ecco io cerco di parlare di realtà, perché effettivamente viviamo in questo mondo. Io semplicemente parlo di quello che esiste.

 


Vorresti ancora partecipare ad un talent o l’esperienza ad amici è stata abbastanza per te?

Amici dal punto di vista delle selezioni è un bell’ambiente. Però penso che non sia il posto migliore per me. Ho fatto i casting perché quelli del mio management mi hanno invogliato ad andare a provare. Io non avevo mai cantato con i microfoni o roba del genere e volevo testarmi, non c’era mai stata questa possibilità di provare. Il programma ti dice che potrai essere tu uno di quei ragazzi al banco, ma sai che senza una spinta esterna o senza qualche caratteristica facciale particolare o con un stile riconoscibile, è difficile che si possa far parte della scuola di Amici. Il programma non mi piace per il tipo di imposizioni che sono presenti all’interno e anche per il tipo di musica che viene propone. X Factor stessa cosa, è bello, un po’ più serio ma anche lì c’è quella gerarchia e quella piccola mafietta che c’è ovunque. Sanremo giovani, comunque ti da accesso al festival, però se sei già “figlio” dell’industria, hai molte più probabilità di entrare. Sanremo rappresenta quel piccolo spiraglio di luce per gli artisti.

 




Dal 20 ottobre del 2023 dall’uscita di Eva stai sviluppando un progetto sui stereotipi.  Come è nato questo progetto?

Questo progetto è nato guardando la società. Sono un osservatore. Molte persone mi dicono che in questo progetto non mi si vede, ma in realtà si vede che sono una persona che guarda e che riesce a distaccarsi dai contesti. Una persona che riesce a far si che la musica diventi narrazione. Questi personaggi  di cui  parlo nelle canzoni reagiscono ad un determinato tipo di sofferenza. Abbiamo tanto paura di entrare nella vita degli altri. Le persone le vogliamo per quello che ci danno, a livello estetico o morale. La nostra generazione la vedo tanto distante nel capire i problemi degli altri. La conseguenza della realizzazione dello stereotipo è proprio questa, se non conosciamo la vita degli altri, non sappiamo chi sono gli altri, guardiamo ed immaginiamo e giudichiamo. Il giudizio è figlio dell’inesperienza, figlia del fatto che non vogliamo addossarci altri problemi e altre vite. Io conosco quella persona, giudico quella persona, creo una storiella che magari non gli appartiene.

 


Conosci personalmente le persone di cui parli nelle tue canzoni?

No. Io tutte queste persone le ho viste, infatti le copertine le ho disegnate per come vedo la gente. Però non sono persone che conosco , sono persone di cui conosco poco o nulla. Infatti vedo quelle persone e mi chiedo il perché giudico una persona per come la vedo. Infatti scrivo questo tipo di canzoni per riflettere su questo aspetto. Descrivo in maniera superficiale e magari errata, però è per far vedere che creiamo questi personaggi che sono solo nella nostra mente e  che magari non sono come li vediamo noi nella realtà. Con questo progetto voglio evidenziare la poca empatia che c’è in questa società.



Con questo ep vuoi rappresentare il giudizio a prima vista?

Io sono il primo che giudica a prima vista, è una delle caratteristiche dell’essere umano. Quindi anziché alienare tutto ciò in un mondo in cui non esiste il giudizio, voglio mostrare questo aspetto non giusto della società, che alla fine ci appartiene.

 


C’è un artista che magari ha mostrato concretamente molti aspetti della società e che in qualche modo ti ha influenzato?

A me piace molto il cantautorato di una volta, perché è una musica più impegnata, cioè che riflette su diverse dinamiche della società, è una musica più concreta e disinteressata al guadagno. Era più spontanea, genuina, figlia dell’ispirazione e della voglia di comunicare. Mi piace molto Rino Gaetano che è riuscito a parlare in maniera surreale la realtà del mondo.

 


Ci puoi anticipare il prossimo stereotipo di cui hai intenzione di parlare?

I prossimi due stereotipi usciranno nell’ep. Ho due singoli che anticipano un po’ un altro progetto che si basa sulla vita notturna, la vita viziosa, la vita senza uno scopo principale, la vita che comunque porta alla creazione di idoli che possono portare al degrado della persona in sé. La prossima canzone parla di una persona che è stata in una comunità di recupero o in carcere, che torna nel paesino in cui è cresciuto e quindi condannato dal giudizio delle persone. Poi ci sarà un excursus sul vizio del gioco e del denaro e  della lussuria.

 


Cosa ti aspetti e speri dal futuro?

Io spero di iniziare a far vedere anche alle altre persone una determinata coerenza sia dal punto di vista social e sia dal punto di vista della musica. Non voglio essere il ragazzo che fa le canzoni strampalate su tiktok, ma un ragazzo che ha da dire qualcosa. Vorrei una fanbase  che possa amare  la mia musica e che possa venire ai miei live. Non dico che me l’aspetto, ma lo spero.

 

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