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Porto Leon ci racconta i suoi fantasmi del passato - Intervista

Porto Leon è il progetto di Filippo Pasqualini, artista romano che, per sua stessa dichiarazione, “nelle canzoni dice quello che vuole”: una buona dose di schiettezza e sfrontatezza accompagnati da arpeggi di chitarra e loop elettronici.



È fuori da poco più di una settimana il suo primo EP, “Fantasmi del passato”, di cui avevamo già avuto un assaggio con i tre singoli precedentemente pubblicati (“Mai più”, “È sempre un’orgia” e “Oltre”): noi di Indievision ci siamo incuriositi e abbiamo colto l’occasione per fargli qualche domanda sulla sua musica, la sua vita e la sua città, scoprendo che alla fine sono tutti elementi intrecciati l’uno all’altro.

Domanda d’obbligo per introdurre il tuo progetto: come mai “Porto Leon”?

Porto Leon è un piccolo porticciolo di un’isoletta greca a cui sono molto affezionato.

“Io nelle canzoni dico quello che voglio”: perché scrivi? Qual è la necessità che ti spinge a farlo, e di cosa ti viene più naturale parlare?

Scrivo per cercare di trasmettere quel poco che ho capito della vita, e per cercare di capire io in primis tante altre cose che invece non mi sono affatto chiare.

I tuoi sono pezzi sicuramente cantautoriali, ma i suoni si distaccano un po’ da quel mondo, sono più elettronici. Hai fatto un meltingpot dei tuoi ascolti oppure ti ispiri a qualche figura in particolare che ti ha preceduto su questa strada?

È stato un lavoro fatto insieme a Sante Rutigliano, il produttore dell’EP. Volevamo avere un sound al passo con i tempi ma che uscisse fuori in maniera abbastanza originale rispetto al panorama italiano. Alla fine il risultato è un sound metà acustico, metà elettronico del quale sono molto soddisfatto.

Ho letto che questi brani, in realtà, raccontano della tua vita passata: è una parte di te che senti ancora vicina e rappresentativa della tua persona, oppure non ti riconosci più in quello che canti?

Sì, sono i primi pezzi che ho scritto, ormai quasi due anni fa, e nel frattempo sono cambiate tante cose, a partire dai miei riferimenti musicali. Ma questi pezzi li sento comunque miei, perché alla fine è sempre il nostro passato poi che determina chi siamo ora.



Roma è presente in maniera molto vivida nella tua musica e nel tuo linguaggio: qual è la cosa che hai più cara della tua città?

Non so se c’è una cosa in particolare, però sicuramente è un legame imprescindibile, me la sento attaccata addosso, è uno dei miei più grandi amori e lo sarà per sempre.

Com’è vivere Roma ora, post lockdown? La senti cambiata?

Mi sembra che dopo il lockdown sia tornato un po’ tutto come prima, forse l’unica cosa, ed è una cosa bellissima, mi sembra ci sia un po’ meno traffico. Credo sia dovuto al fatto che molta gente ha cominciato a lavorare da casa. Comunque ho sempre l’impressione che alla fine questa città non cambierà mai, ce la terremo sempre così, croce e delizia.

C'è un altro luogo che ti incuriosisce, in cui vivresti volentieri?

Per quanto riguarda l’Italia sono innamorato della Sicilia e di Venezia, del resto del mondo invece ho ancora tanto da scoprire, ma effettivamente penso che New York sia una città in cui non sarebbe male vivere.

L’EP si intitola “Fantasmi del passato”, e la copertina si sposa bene con il concetto di fantasma, raffigurandoti out of focus. Qual è una cosa, un concetto che invece hai ben chiaro nella tua arte?

Quando comincio a scrivere una canzone non so quasi mai di cosa voglio parlare ma di base ho sempre la voglia di cercare di fare qualcosa di universale, che parli della vita ma anche dell’evasione da essa.

Cosa vedi nel futuro di Porto Leon?

Donne successo e soldi.




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