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Prosegue il metaracconto di Marracash con "Noi, loro, gli altri" - Recensione

Siamo al settimo album per uno dei rapper più importanti ed influenti della scena italiana. "Noi, loro, gli altri" uscito il 18 novembre scorso - e, a due settimane dall'uscita, già disco di platino - ha sorpreso tutti. È arrivato d’improvviso, annunciato qualche giorno prima dell'uscita, e dopo quel "Persona" che ha lasciato il segno nella scena come non accadeva da tempo. Arriva come la sua naturale continuazione: se in "Persona" il focus era "l’io" analizzato con metodo psicanalitico, in questo nuovo lavoro il campo si allarga e si parla di noi, di loro, degli altri, insomma della collettività.


Troviamo ancora Marz nella “camera oscura” della produzione, già incoronato dal successo di "Persona". È lui a creare tappetti sonori "magnifici" per le rime di Marra. Oltre al producer scorrendo la tracklist troviamo tre collaborazioni di livello con Guè Pequeno, Calcutta e Blanco. Altre collaborazioni sono ben nascosti: sono presenti infatti anche Salmo, Mahmood, Joan Thiele e Fabri Fibra, ma come lo stesso rapper ha dichiarato sono “easter egg”.


Il brano d'apertura del disco, "Loro", è una sorta di abstract serratissimo in cui il rapper della Barona ci fa capire subito che è un disco per certi versi politico, impegnato. Vengono citati in maniera diretta tutti i temi più caldi e ancora "sanguinanti" dell'attualità del nostro Paese a partire dalla “macelleria messicana” della scuola Diaz, passando per mafia e corruzione fino ad arrivare alla malasanità. La seconda traccia "Pagliaccio" è dedicata al rap senza contenuti che inquina la scena italiana, alle personalità costruite a tavolino e ad altri vezzi in realtà comuni anche ad altri generi musicali. Tralasciando l'intermezzo dove Marra si rivolge direttamente alle persone prima attaccate - che ho trovato piuttosto imbarazzante per come è stato impostato - a rendere iconica la traccia è soprattutto il primo sample d’eccezione tratto dal brano “Vesti la Giubba” di Pavarotti, una sorpresa alquanto inaspettata.


Il terzo brano in collaborazione con l’amico di sempre Guè parla appunto d'amicizia e il tormentone “Infinity” dei Guru Josh Project come sample lungo tutto il brano lo incoronano come uno dei pezzi più catchy del disco. Il brano ricalca il tema del "no new friends" ormai divenuto idiomatico nel rap da quando è stato sdoganato da Drake e Dj Khaled ma non spicca, eccetto per qualche rima ben piazzata, per originalità rispetto agli altri pezzi.


Solo amore per la gente Senza apostrofo direi (da "∞ LOVE")

La quarta traccia "Io" vede il campionamento di “Angeli” di Vasco Rossi ed è uno dei pezzi più intimi e schietti del disco. Quasi in antitesi col brano precedente, il focus è rivolto all'io interiore di ogni ascoltatore, parte di quella farsa chiamata società intrisa di tutte le sue ipocrisie, maschere pirandelliane e bulimie di attenzioni e beni materiali. Un invito a guardare dentro di se a caccia di tutto ciò che facciamo in nome di ideali a buon mercato e rapporti incancreniti col prossimo. Non mancano riferimenti letterari e cinematografici, da "La coscienza di Zeno" a "Snowpiercer" per dare sostanza a delle rime taglienti e dagli incastri invidiabili. Un pezzo intenso, tra i più riusciti dell'album.


La verità non santifica, la verità non giustifica Tempo di farsi domande, mettere l'ego da parte (da "Io")

Con "Crazy Love" si apre la parentesi passionale dell'album, un brano dedicato alla sua storia ormai conclusa con Elodie, ma scritto prima che finisse. Una sorta di testamento ad una storia d'amore che lo stesso rapper ha sempre reputato importante, se non fondamentale, per uscire da quel vortice autodistruttivo passato prima della scrittura di "Persona". La stessa Elodie ha inoltre partecipato al videoclip del brano durante il quale i due, alla fine, si uccidono simbolicamente in una scena che omaggia "Rest energy" di Marina Abramović ed ULAY.



Arriva il turno di "Cosplayer" e ho come l'impressione che questa traccia Marra l'avesse in pancia già da un po', ma aspettasse il momento giusto per rilasciarla. Quel momento è arrivato e questa traccia è quella sicuramente più incisiva e impegnata dell'album. Marra ne ha per tutti, fanatici ed estremisti di ogni tipo: dagli incel alle "femminazi", dai politici che fanno gli influencer agli influencer che fanno politica. Quest'ultimo, insieme all'analogia con il patriota di The Boys, è un chiaro riferimento a Fedez ed al suo attivismo politico, recentemente bersaglio di diverse critiche per motivi a mio parere spesso pretestuosi. Marra si è anche lasciato andare, in un'intervista al Corriere, a dichiarazioni di discutibile senso proprio riguardo Fedez:"Lui rappresenta quelli che si impegnano oggi per una cosa e domani per un’altra senza avere credibilità, senza conoscere il problema. Io posso parlare di galera perché conosco chi ci è andato. Elodie può parlare di gay perché lo sono persone della sua famiglia". Un sillogismo pericoloso a pensarci, come fa notare lo stesso Fedez qualche giorno dopo in una serie di storie Instagram: "Esistono migliaia di attivisti in Italia che portano avanti ogni giorno battaglie per i diritti civili senza rientrare personalmente in una delle categorie per le quali combattono. Io credo sia così che si ottengono delle conquiste, quando il problema di una minoranza diventa un problema da risolvere per tutti. Se trovo divertente la frase: “parlo di galera, perché conosco chi ci è stato”, che è un po’ come dire: “Ti sistemo io l’impianto elettrico, perché mio zio è elettricista”; trovo molto pericoloso dire: “Elodie può parlare di gay, perché lo sono i membri della sua famiglia”. Perché sarebbe come dire che ‘per le discriminazioni razziali si possono battere solo le persone nere e i loro parenti’." Senza entrare ulteriormente nel merito della questione, mi limito ad osservare come questi dissing - o presunti tali - che da anni coinvolgono i due abbiano in realtà pochi motivi di esistere, eccetto marketing e strategie per restare sempre al centro dell'attenzione, "per la promo, per la FOMO" e che farebbero bene a risolvere questioni simili con la musica piuttosto che con le interviste, cosa che riesce meglio ad entrambi.


"Dubbi" è dedicata alle questioni tuttora irrisolte provenienti in parte dallo scorso album ed in parte da martellanti dilemmi accatastati in qualche angolo buio della mente da una vita. Un pezzo di autoanalisi e riflessione su un passato ed un presente afflitti da forti dubbi: un passato di falsi miti, di precarietà e criminalità ed un presente logorato da certezze vanesie legate al mondo del business, delle amicizie a buon mercato e dei difficili legami di lungo termine. Aspetti di vita da mettere da parte quando si partecipa a quel gioco di illusioni e delusioni che è la cosiddetta celebrità. Marra ne è consapevole e prova a chiedersi se sia diventato davvero ciò che voleva o se sia ridotto esso stesso a paradosso vivente, sempre in fuga da tutto e tutti. Un brano di grande impatto e che aiuta anche a "normalizzare" ancora una volta il dibattito ed il confronto su disagi e disturbi psicologici, troppo spesso sottovalutati o volutamente nascosti sotto al tappeto per paura di apparire deboli e diversi.


Giunge poi il turno di "Laurea ad Honorem" in collaborazione con il redivivo Calcutta. Mi è sembrato un pezzo insipido, confuso e dopo diversi ascolti ho rinunciato a capirlo e sono andato oltre. Il contributo di Calcutta pare quasi inesistente se non fuori luogo e io mi chiedo come si possa ascoltare un pezzo come "Dubbi" e subito dopo ritrovarsi in scaletta questa. Spezza.


Marra è sempre stato particolarmente brillante nelle canzoni dedicate alle sue amicizie storiche, ricordo ancora la prima volta che sentii "Il nostro tempo" quale mix di sensazioni contrastanti mi colse. Ecco, "Noi" è figlia di quel filone narrativo ed è dedicata a diversi amici di Marra persi di vista per un motivo o per l'altro col passare del tempo. Colpisce la profondità e la schiettezza del racconto, fatto di squarci del passato ed episodi così particolareggiati nei dettagli eppure così organici tra loro, una storia coesa e malinconica che sembra portarci nel cuore dell'azione, in un passato che però non abbiamo mai vissuto in prima persona.


A seguire la familiare voce di Fibra in qualche barra di "Noi, loro, gli altri skit" sintetizza con una lucidità esemplare il concept del disco:


Noi siamo qui a fare quello che ci piace Loro sono là fuori che criticano E tutti gli altri sono intorno che tirano avanti Potessi scegliere? Scelgo centomila volte noi Ma è un attimo che ti ritrovi in mezzo a loro o che finisci male Come tutti gli altri" (da "Noi, loro, gli altri skit")

Ci avviciniamo alla fine dell'album e resta appunto da chiarire bene chi siano questi altri già abbondantemente citati finora. Ecco quindi "Gli altri (giorni stupidi)" brano prodotto campionando la traccia "Giorni stupidi" di Rokas e che offre uno squarcio su ciò che succede in questi giorni e questi tempi imprevedibili, appunto. Meteore di Tiktok, risse immotivate, vocabolari in continua evoluzione e didattica a distanza dalla discutibile efficacia sono solo alcuni dei temi toccati tra le righe di questo pezzo, piacevole da ascoltare anche grazie a quest'atmosfera ricca di synth e aria di 80s.


Non poteva mancare un pezzo in collaborazione con Blanco, ormai il fenomeno dell'anno, onnipresente in qualsiasi disco e salotto, mi aspetto di vederlo candidato al Quirinale a momenti - non sfigurerebbe di certo dato lo spessore millimetrico dei nomi già fatti per quest'ultimo. "Nemesi" è un pezzo dedicato a tutti i difetti dello stesso Marra, una sorta di autodissing: le manie di persecuzione, le richieste di aiuto che lo deresponsabilizzano, la costante ricerca di una via di fuga da se stesso come un cane che si morde la coda. In questo album ora c'è tutto ed il suo contrario.


Breve intermezzo col ritornello di "Misanthropulsar" dei Dumbo Gets Mad nell'omonimo skit e si passa subito alla bomba finale, un colossal in tre, "Cliffhanger". Quasi un passo indietro rispetto al livello stabilito fino a qui: tornano le sviolinate a se stesso e su quanto guadagna, quanto corre, quanto trionfa. Pare una parodia di se stesso dopo ciò che abbiamo ascoltato ma ce ne facciamo una ragione. Per alcuni sarà un ritorno alle origini ma questo esercizio di stile, cliffhanger per usare il lessico cinematografico, a me fa l'effetto dei personaggi miracolosamente riportati in vita solo per allungare il brodo di alcune serie tv. Marra si riprende il mic e rimette i piedi in testa a Fabio: speravo de morì prima.


Insomma un album cazzuto, ennesimo traguardo per Marra e la sua musica, con tanto da dire. Si toglie altri sassolini dalla scarpa ma se ne rimette altri ben più grandi nelle tasche. Si mostra per com'è, tutto ed il suo contrario, contraddittorio e fiero di esserlo. Da suo avido ascoltatore il risultato finale mi piace, ma mi chiedo quanto ancora potrà funzionare questo metaracconto da colpo al cerchio e uno alla botte. Giocare sul focus dall'io al noi, poi dal noi agli altri ha funzionato per la seconda volta, e questo fa di Marracash un abile narratore, ma c'è qualcosa in questo lavoro che mi sa di già sentito nei suoi brani, un more of the same. Magari sarà un'impressione, avremo certezza se si tratta di pigrizia o genialità al prossimo - eventuale - cambio di prospettiva.


Vi lascio inoltre l'intervista pubblicata per Esse Magazine in cui si sono toccati questi ed altri spunti di riflessione relativi all'intenso album appena ascoltato. Buona visione.





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