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Con "Musica dal morto" Vipra non ci vuole rassicurare: La casa va in fiamme - Intervista

Sei Vipra, ok, ma cerca di integrarti. E no, il cantautore pugliese ex Sxrrxwland non vuole saperne di omologarsi ad una scena musicale stantia e la cosa ci piace molto, la stessa scena che si propone di riproporre la stessa musica, quella stessa musica che rassicura e non ci fa accorgere che la casa va in fiamme.


In questa casa ci viviamo tutti, una casa dove le ingiustizie per le minoranze sono all'ordine del giorno, dove si deve per forza sorridere e fare finta che vada tutto bene. Dopo la batosta della pandemia le attività continuano a chiudere, il mondo dello spettacolo fa fatica a riprendersi e "la musica dal vivo è un po' morta". Il nuovo disco di Giovanni Vipra parla di questo e non solo, si chiama "Musica dal morto", è uscito il 14 aprile ed è un disco scomodo ma necessario a farci capire che tutti insieme possiamo fare la nostra parte, ma solo se la smettiamo di fare finta di niente. Per questo progetto il ragazzaccio si è allontanato dalle sonorità pop del precedente "Simpatico, solare, in cerca di amicizie", lavorando senza compromessi. I giusti ingredienti sono stati i vicini di casa e un salone che, se potesse parlare, racconterebbe di un punk imbruttito e di parole crude, severe ma giuste.


Con questo disco Giovanni non vuole essere il Mr. Popstar di turno che salverà il Paese, ma la presenza ingombrante che rimbomba nelle orecchie come le zanzare ad agosto, per ricordarci che è ora di spegnerlo questo incendio, perché la casa va a fuoco.


Quindi rimboccatevi le maniche, e leggetevi la nostra intervista!



Partirei dal comunicato stampa di Sony e Asian Fake, che parla del tuo percorso in maniera irriverente, dicendo che esso ti ha portato naturalmente a odiare il mercato musicale, gli addetti ai lavori, e per estensione la struttura capitalista ed il genere umano. Qual è il messaggio che vuoi far arrivare a chi ti ascolta, con il tuo nuovo progetto?

Io in generale con la musica mi sono trovato sempre a comunicare cose diverse in base al momento in cui stavo. Mi è capitato di ricevere consigli da altri artisti del tipo “se hai imbroccato una canzone, allora poi falli tutti così” “io ho fatto così, e c’ho fatto i soldi”. Io non mi ritrovo in questa cosa, la rispetto, è un modo di affrontare la musica, ma non è il mio. Con la mia musica non c’è qualcosa di fisso che voglio comunicare, come non c’è nella vita di nessuno. Mi sono trovato in momenti della vita in cui erano centrali delle cose, come per esempio la totale mancanza di punti di riferimento nel mondo o la ricerca di una stabilità affettiva. In questo momento, invece, mi sono trovato in un una fase di parossismo del mercato musicale, perciò, ho pensato “basta parlare di sé stessi, voglio parlare di quello che dovrebbe fare la musica adesso: educare, organizzare, agitare”. Tutti gli artisti parlano “dei cazzi loro”, alcuni anche in maniera larga, così che gli altri possano identificarsi con loro. Cerco di parlare di qualcosa che c’entra con me ma anche con te. Per esempio, che da artisti non si guadagna, a meno che non si è ad un certo livello, o che se sei donna, sei in una condizione di svantaggio in questo mondo. O magari dello Stato che fa violenza sulle persone che fanno dissenso in maniera civile. Mi sono trovato a parlare di queste tematiche nel momento giusto ahahaha.


Questo nuovo progetto si chiama “Musica dal morto”, uscirà il 14 aprile, su un post che hai pubblicato su Instagram, tieni a specificare che il titolo è il contrario di “Musica dal vivo”. Cosa significa per te il titolo dell’album, e come mai l’hai scelto?

Mi piaceva molto come gioco di parole, se ci pensi la musica dal vivo negli ultimi due anni non se l’è passata benissimo. Molti live club hanno chiuso. Ho vissuto 10 anni a Roma, molti posti dove andavo a sentirmi i live o a fare clubbing purtroppo hanno chiuso. C’è stato un giro di locali che in tutta Italia ha dovuto chiudere. Si è spento quindi un giro musicale che non era quello dei big, ma quello dei piccoli e medi artisti, che potevano arricchire la fanbase e incontrarsi nei posti. È bellissimo il concerto nello stadio e nel palazzetto, ma lo fai solo se sei un’artista grosso, la maggior parte sono piccoli o medi, quindi non hai neanche tanto spazio, a meno che non entri in un talent. Potresti anche utilizzare internet, ma devi avere dietro un buon ufficio stampa e management. Se invece crei una community in una piccola città, poi si creano delle belle situazioni. Tipo nella zona di Bari c’è una bella realtà che si chiama “Fuori di testa” dove si confrontano tanti gruppi di generi diversi, sembra una cosa fuori dal tempo ma invece è una figata. Perciò, visto che la musica dal vivo è un po’ morta per tanti motivi, ho voluto dare questo titolo in maniera un po’ provocatoria.


Quest’album è molto diverso dal tuo disco d’esordio “Simpatico, solare, in cerca di amicizie”. Innanzitutto, per il sound, che abbandona il pop e l’elettronica per dare spazio ad un genere punk che risulta molto più schietto e adatto a quello che vuoi comunicare stavolta. Hai avuto titubanze all’inizio quando dovevi scegliere che direzione dare al nuovo progetto, oppure sei partito in quarta, senza pensare magari che non potesse essere compreso da chi ti ascolta…

Su “simpatico, solare” ci hanno lavorato in tantissimi, tra produttori e featuring vari, è stato un po’ un casino. Lì l’obiettivo era quello di smussarmi un po’ nei confronti dei gusti del pubblico. Ma io non volevo snaturarmi, chi me lo fa fare. Sono stato contentissimo di lavorare a quel disco, ho lavorato con tanti artisti bravissimi, gente che stimo e che rispetto. Però adesso avevo voglia di fare una cosa che piacesse solo a me, poi se piacerà anche agli altri sarò contentissimo!

Ho letteralmente preso i miei vicini di casa (Flavio, Giacomo e Francesco, i compositori del disco) per creare quest’album, ci siamo messi a casa di Giacomo in salotto a suonare. Le cose sono state suonate e fatte, senza pensarci troppo. E pensa che inizialmente volevo uscire con questo disco a novembre, il giorno della Festa Dei Morti, oppure nel giorno della morte di Richard Benson, dato che il disco è dedicato alla sua memoria. Non volevo cercare quello che piaceva agli altri, ma quello che piaceva a me, stavolta mi sono detto “come va, va”. Per esempio “Quiet Kid - FLINT” l’ho registrato dentro una stanza con un riverbero assurdo, e non in studio.


Pensa anche ad un altro aspetto, con questo disco magari riuscirai a prenderti una fetta di pubblico che prima non ti seguiva o che comunque non ti conosceva…

Si, magari succederà. Una cosa che mi hanno detto è stata “Sicuro con questo disco tanta gente che prima ti ascoltava ora non lo farà più” ahahahaha


Continuando a parlare delle profonde differenze con il lavoro precedente, in questo nuovo album non sono presenti featuring, come mai questa scelta?

Avrei potuto farne. Ma l’ho fatto in un momento in cui mi sono voluto isolare dal mondo. Poi molto spesso i rapporti amichevoli nella discografia sono sempre un po’ così, io cerco sempre di tenerli basati sull’amicizia e trasparenti, ma mi sono capitati dei rapporti che erano solo lavorativi, mentre io li avevo intesi anche come amicizia, probabilmente questa è un’impostazione che non mi appartiene. Molto spesso i featuring nascono per potersi scambiare il rispettivo pubblico, ma è una cosa che a me non importa. Anzi, se un’artista con cui non fai featuring spinge un tuo pezzo, è una cosa più vera. Volevo mantenere quanta più spontaneità possibile. Magari più avanti aggiungerò qualcosa.


Anche la copertina dell’album mi incuriosisce molto: è rappresentata una casa in fiamme, com’è stata realizzata, e com’è nata l’idea?

Questo è uncinetto zi. Un ragazzo si è messo lì a farlo, si chiama iwryn su Instagram, ha un collettivo che ha lavorato anche con altri artisti, e ha fatto questo punto croce. Io avevo l’idea di fare una casa in fiamme andando contro la dimensione domestica che l’uncinetto richiama. È una metafora di quello di cui stavamo parlando: c’è una situazione molto complessa e di emergenza, eppure l’arte, la musica soprattutto, che comunque per me è parte della cultura di un paese, ormai sembra per la maggior parte rassicurare, molti artisti non si espongono perché non conviene, e si finisce con il perdere il pubblico. La casetta bella c’è, però io volevo utilizzare questa immagine rassicurante aggiungendo un twist: in realtà non è così rassicurante, se è in fiamme. Poi, mi piaceva il fatto che non ci fossi io in copertina, e visto che nello scorso disco c’ero io, stavolta ho preferito così.



Il primo singolo estratto da “Musica dal morto” è proprio la Title track, che però contiene un secondo nome, come quasi tutte le tracce di questo lavoro. In questo caso c’è “Martini”, come omaggio a Mia Martini. Com’è nata la scelta del doppio nome?

All’inizio è nata per caso, ci veniva di associare un’artista ad una traccia, la componente di cazzeggio è stata enorme. Magari le prime suonavano come i Beastie Boys o i Pantera, quindi, ho pensato “ora metto il nome di un’artista che mi piace e lo associo questo”. Questa storia pian piano è diventata un concept, e ho deciso di scrivere delle canzoni che metaforicamente toccassero temi attuali, come la tossicità del mondo dello spettacolo, oppure le dinamiche malate dei social. Ad esempio, “Mr. Popstar – TENCO” parla del non essere un Mr. Popstar in realtà, ma una persona normale, e sentirsi spesso schiacciati. In “Orsetto Abbracciatutti - YAUCH”, invece, ho messo YAUCH dei Beastie Boys perché è un pezzo che parla di violenza e del fatto che l’amore può essere più forte e rumoroso di quest’ultima, e mi ricordava molto il Crossover dei Beastie Boys. In alcuni brani, invece, sono andato anche per opposizione, come in “Guardami! – MANGO”, che parla di un tizio che sta sempre fuori dai locali e chiede di entrare perché ha un amico famoso. Invece Mango era il contrario, era un’artista riservato, quasi mistico.


Hai citato “Guardami! – MANGO”, il secondo singolo che anticipa l’album, dove c’è un omaggio al cantante scomparso. Qual è il personaggio, tra quelli che hai citato nell’album, che senti più vicino a te, e con cui magari duetteresti?

Mi piacerebbe dirti Tenco, era un’artista che si è sentito sempre poco capito dal pubblico, a cui hanno fatto sempre domande del cavolo, come: “perché fai canzoni tristi?”. Ma ecco io non lo voglio fare per dire “sono il Tenco della situazione”. Solo che informandomi sulla sua storia ho avuto un sentire comune, stessa cosa con Martini e Mango. Hanno tutti risuonato nella mia vita, imparando qualcosa sulle loro carriere, mi sono detto “cazzo questa cosa è successa anche a me”, sono cose che mi hanno colpito. Quindi sì, mi sarebbe piaciuto duettare con Tenco, degli stranieri, invece, sicuramente con YAUCH dei Beastie Boys, a cui sono molto legato.


In un’intervista ho letto che vieni definito come “parte della nuova scena post-punk italiana”, ti piace questa definizione?

Non saprei, forse sentirsi parte di una scena vuol dire anche supportare quella scena, io ascolto tanti generi differenti, come il punk, l’hardcore ecc. Purtroppo, però, questi generi rappresentano nicchia in Italia. “Musica dal morto” serve anche per dire questo: Ragazzi, c’è un sacco di roba figa che non conoscete o che vogliono nascondervi, continuando a spammare le solite Playlist di Spotify sul Trap o sul Pop. Ci sono molto gruppi bellissimi che conosce poca gente, ed è veramente un peccato.


Come vivi il rapporto con i social e quanto tempo ci passi?

Non amo i social, mi rendo conto di quanto portino a farti entrare in un loop che ti fa sentire bene solo se prendi Like, e per avere validazione sociale. Ogni tanto mi piace usarli in maniera schizzata, per esempio, oggi ho trovato una lumaca nelle fragole e l’ho messa nelle storie.


Ti ho visto a “Noname Radio” qualche settimana fa, la nuova radio creata dalla Rai per i giovani. Che esperienza è stata? Non è stato un po’ strano partecipare ad un evento del genere con il tuo disco che è molto “contro corrente”?

In realtà gli autori Rai sono stati contentissimi di ascoltare il pezzo per Mia Martini, dato che lei fu molto presente in Rai. Credo che in Italia ci sia bisogno di qualcuno che dica qualcosa di non rassicurante. Paradossalmente la reazione di un’istituzione come la Rai è stata “Ho bisogno anche io di sfogarmi”. Poi il tutto è stato in un contesto come “Noname Radio” che è una radio per giovani. C’è stata una bella risposta, le clip della serata sono andate virali su Tik Tok. Ero molto agitato, perché chiaramente è la Rai, ma alla fine è andata.


Mi è rimasta impresso “Uomini e topi - IMAGE”, soprattutto il ritornello, dove dici che gli uomini e i topi non hanno differenze, com’è nato questo pezzo? è un omaggio al racconto di Steinbeck?

Sì, ma in realtà è anche un omaggio ad un racconto chiamato “Fiori per Algernon”, che parla di uno scienziato che riesce a far diventare intelligente un uomo utilizzando un siero sperimentato su una cavia. “Topo” è una parola molto utilizzata nel linguaggio rap. Non amo quando la gente attribuisce una qualità umana ad un animale, tipo “leone coraggioso”. come dice Steinbeck, sia i progetti degli uomini che quelli dei topi sono destinati alla rovina. I risultati dell’operato degli uomini si riflette nel mondo, questo ci fa capire che non siamo poi così diversi dai topi.


Prossime date live?

Per adesso sono confermati il Mi Ami Festival a maggio e l’apertura ai Viagra Boys il 20 agosto al Rock Beach Festival.



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