La passione per le liriche e la poesia del cantautore e polistrumentista Boetti dà vita al suo nuovo singolo "Ragazza del '99", pubblicato per Manita Dischi. Quest'ultimo lavoro segna un'ulteriore svolta creativa per la carriera dell'artista romano rispetto al disco precedente "Romanzo porno", uno sviluppo più artigianale e legato agli strumenti classici. Al cambiamento dei suoni si accompagna un'attitudine emotiva più serena e intenta a lasciare spazio al fluire degli eventi.
Dal punto di vista visivo, però, appare vivido il riferimento estetico alle cover di alcuni brani pubblicati precedentemente, in particolare “Colpa tua” e “Ragazzo mio”. L'immagine che accompagna “Ragazza del ‘99” è un richiamo al passato che fa da ponte con il disco che uscirà prossimamente. Ci siamo fatti "spoilerare" qualcosa dallo stesso Boetti.
Ciao Damiano, benvenuto su IndieVision! Parliamo del tuo nuovo singolo: “Ragazza del ‘99” sembra separarsi (a livello soprattutto sonoro) dall’ultimo album “Romanzo porno”, con dei richiami classici e vintage; cosa ti è successo musicalmente nell’ultimo anno?
Negli ultimi due anni ho iniziato a sviluppare una scrittura dei brani più “larga”, di respiro. Quello che mi ha portato qui è un percorso fatto di canzoni di rabbia, spesso nervose e inquiete. Con “Ragazza del ’99” ho voluto certificare una sorta di conquistato equilibrio, di calma che vorrei fosse caratteristica dei brani a venire.
Esiste una correlazione tra questo cambiamento e il concept del brano?
Assolutamente. È uno dei motivi principali per cui ho scelto di pubblicare subito questa canzone: perché qui come in nessun’altra significato e suono coincidono, le parole esprimono esattamente il mio attuale stato d’animo. “Lascia andare”, “lascia scorrere” è un invito che faccio a me stesso.
Cosa rappresenta il ’99 per il tuo percorso artistico?
Un modo di vivere spensierato e ludico, non per questo semplice o privo di drammi, ma che sa fare tesoro delle piccole gioie della vita. Un’età ancora in parte legata all’innocenza, intesa come assenza di colpa, a un’idea di protezione domestica e genitoriale. Avere ancora fiducia nel futuro. Questa è per me una ragazza nata nel 1999.
Nel testo si parla si parla sia di sacrificio (“Lasciala andare. Non tutto ciò che ottieni lo devi meritare con il sudore e il sangue delle mani.”) sia di dolore legato al “senso delle cose”; ci parleresti di questo accostamento?
Un conto è riuscire a godere delle piccole cose, un altro è ammettere che la vita possa avere anche aspetti meno armonici. Imparare ad accettare e accogliere il dolore/la malinconia è un atto di crescita spirituale che ti riconnette a un senso più “naturale” e fisiologico del malessere. Molte volte in passato mi è capitato, invece, di credere che il sacrificio estremo fosse l’unica via per raggiungere un obiettivo.
In chiusura, utilizzi un termine molto specifico e difficilmente rintracciabile in una canzone: “mentalizzare”; come mai?
Mentalizzare è tutto ciò che accade nella mia testa, ma che a volte (anzi spesso) non corrisponde alla realtà. I pensieri possono diventare un vortice che ti inabissa, ma allo stesso tempo sono la cosa più manipolabile e sovrastrutturata che abbiamo. Vivere avendo tutto sotto controllo non è possibile e, se lo fosse, sarebbe insostenibile.
Quest’anno sei stato tra i sessanta selezionati alle audizioni di Musicultura 2024; cosa ne pensi di questo tipo di festival/contest a livello nazionale?
Musicultura è stata un’esperienza travolgente. Non capita tutti i giorni di suonare in un teatro come il Lauro Rossi di Macerata, soprattutto a me che sono perfomativamente maleducato, non abituato a stare composto e sorridente sotto un cono di luce al centro del palco. Essere selezionato anche solo per la prima fase di audizioni dal vivo è stato un onore. Durante l’esibizione ero molto, troppo spaventato, ma sopravvivere ad una situazione del genere mi ha fatto scattare qualcosa dentro. Come a dire: “Riparto da qui”. Ci sono sempre meno bandi e concorsi di valore oggi, Musicultura è sicuramente uno di questi e non posso che consigliarlo.
Cosa puoi dirci riguardo al nuovo album?
È un lavoro che mi ha permesso di guardare indietro, sia da un punto di vista personale di memoria, sia a livello artistico. Nonostante si tratti di un nuovo capitolo del mio percorso di ricerca, mi ha dato più risposte su “da dove vengo” che su “dove voglio andare”. Ho avuto occasione di approfondire temi legati alla filosofia e alla religione, soprattutto quella orientale, e l’ho scritto senza pormi limiti o preconcetti di alcun genere, provando a divertirmi come fosse l’ultimo.
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