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MasCara è avantgarde pop, ovvero l'arte di fare quello che si vuole

“Noi non siamo stati cantautori, noi che non siamo froci persi, né gli idoli del rap”

Esce oggi per RC Waves la prima piccola perla a firma MasCara: “Questo è un uomo, questo è un palazzo”. Ne avevamo avuto già qualche assaggio grazie ai singoli precedentemente usciti, i quali avevano già dato una vaga idea della direzione artistica di questo nuovo progetto e finalmente possiamo dire che le premesse già ottime sono state ampiamente all’altezza della qualità del prodotto finito.


“Questo è un uomo, questo è un palazzo” è un elemento anomalo nel pop italiano, una creatura singolare come singolare è la natura distopica dei suoi brani. Oserei definirlo avantgarde pop visto che dare nomi alle cose ci piace così tanto e ci aiuta a dargli una giusta dimensione. Assoli mesmerizzanti e visioni sinestetiche di carne e pixel accompagnano le 11 storie raccontate in esso, storie di dèi e uomini, di tecnologia e di natura. Sono rimasto a dir poco confuso, lo ammetto, finito il primo ascolto, sebbene appunto avessi già una vaga idea del prodotto. Non credo di aver mai ascoltato qualcosa di simile e questo mi ha galvanizzato timpani e neuroni oltre le aspettative.



“Sono un hard disk che si rompe e sono fuori di me”

Sonorità cupe e spettrali, chitarre perfettamente incastrate tra fiati e sax, strofe ermetiche ed evanescenti, tematiche alquanto inusuali per i nostri giorni, malgrado siano all’ordine del giorno di ogni news feed che si rispetti: tecnologia e i rapporti umani con essa, torri di Kiefer, follower, hard disk di memorie e anime fragili. A partire dal titolo, abbiamo subito l’idea della visione avuta dall’autore nel concepire questo lavoro. Ci leggo l’idea del superuomo che si erige a monolite autonomo e solitario tra i suoi simili, circondato solo da pixel, numeri e fantasmi di reti senza fili, e che inevitabilmente si accorge solo troppo tardi che la distanza che lo separa dagli altri è la sua condanna più infima più che il suo traguardo.


Un lavoro unico e speciale, che vi chiedo di ascoltare anche solo per avere idea di cosa scorre nei fiumi della musica italiana se escludiamo artistoidi di dubbia originalità nati come fiori in una serra e pesi massimi ormai alla canna del gas.


Viva chi nella musica e nell'arte fa ancora il cazzo che gli pare.



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