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La nuova etichetta Kumomi: un insieme di emozioni, di musica e di parole - Intervista


Kumomi è una nuova casa discografica, un progetto nato da Francesco Caprai aka OMAKE, Daniele Piccoli e Arianna Puccio.

Hanno annunciato la nascita di questo nuovo progetto proprio durante il periodo del lockdown, ma questo non ha permesso loro di tirarsi indietro, ma piuttosto si sono fatti conoscere pubblicando a maggio un mixtape "DEMOTAPE (intermezzo)" contenente i brani dei primi artisti del loro roster quali Canntona e Vespro, dello stesso fondatore Omake e lavorando, di recente, al nuovo brano di Vespro, dal titolo "Agave", pubblicato il 10 luglio.

La missione di Kumomi è quella di allontanarsi dalle congetture e dai prodotti commerciali, considerando come unico elemento fondamentale la musica, che troppo spesso risulta in secondo piano. Inoltre, Artist First, leader nella distribuzione indipendente in Italia, che ha creduto in questo progetto fin dal subito e che non ha posto vincoli sul tipo di musica e realtà da proporre.


Vi lasciamo alla nostra intervista a questa nuova realtà che ha tanto da raccontare.


Ciao ragazzi, benvenuti su IndieVision! Come prima cosa vorrei chiedervi di presentarvi e di raccontarci il vostro progetto. Come mai avete scelto questo nome “Kumomi”? OMAKE: grazie a voi di averci invitato! Il nome Kumomi l’ho scelto da appassionato del giappone (idem per il mio nome d’arte). “Kumomi” è una strumentale di Nujabes, uno dei miei beatmaker preferiti e fonte costante di ispirazione, e tradotto goffamente vuol dire qualcosa come “guardare le nuvole”, mi sembrava adatto alla linea che volevo dare a questa etichetta, questa contrapposizione intrinseca nel termine fra un essere dei sognatori ma allo stesso tempo mirare in alto.

Avete presentato la vostra etichetta poco prima del lockdown. Come avete lavorato in questi mesi difficili?

OMAKE: Cercando di non farsi prendere male per la sfiga di veder saltare tutti i piani che avevamo ancora prima di iniziare. Quindi abbiamo lavorato, ovviamente, a distanza per creare “DEMOTAPE [intermezzo]”, un mixtape in cui abbiamo in parte preso dei pezzi usciti solo sui social o su Youtube, ma per la maggior partedemo che avevamo nel cassetto e che, in una catena di homerecording fra le case di tutti abbiamo, rilavorato a distanza e pubblicato. Come mossa è stata più una cosa terapeutica che discografica, devo dire. O meglio, ovviamente aveva poco senso in quel momento concentrarsi su release “ufficiali”, specie perché sarebbero state le prime per la label; ma soprattutto è stato importante per noi dimostrare a noi stessi che avremmo potuto liberare la creatività in un momento così anomalo come quello che tutti abbiamo vissuto. ARIANNA (creative director): questi mesi di lockdown sono stati lunghi e paradossalmente più pieni di lavoro del normale, almeno per me. Lavorare a distanza richiede maggiore dinamicità ed elasticità mentale, specie nel mio lavoro dove devo aiutare i ragazzi a venir fuori al meglio della loro personalità ed immagine. Non è facile organizzare shooting a distanza, decidere gli outfit da indossare su skype e così via. Ho dovuto ritornare a fare la graphic designer e progettare decine e decine di artworks per sopperire alla mancanza di contenuti, dovuta all’assenza di incontri causa Covid. È stato un casino ma se riguardo indietro sono contentissima di tante cose fatte, soprattutto del lavoro grafico e concept di Demotape.

Canntona, Omake e Vespro sono i primi artisti con i quali avete iniziato a lavorare. Come siete entrati in contatto con loro? Avete in programma di ampliare presto il vostro roster?

OMAKE: Beh con me stesso ci sono entrato in contatto 35 anni fa, ed ancora non ci siamo capiti bene su tutto. Con Vespro invece ho iniziato a lavorarci fra la fine del 2018 e il 2019. Per lui erano le primissime cose in assoluto da pubblicare ufficialmente, per me le prime da produttore. Emanuele (Vespro) aveva sentito dei miei vecchi lavori ed era rimasto colpito, e da lì abbiamo iniziato questo percorso insieme, che è stato prima musicale che discografico. Cosa fondamentale, per me. Canntona invece l’ho conosciuto prima per un featuring con idontexist che distribuimmo su Kumomi, e poi per il suo EP “Colonie” che mi ha aveva lasciato di stucco per tutti gli aspetti artistici che completavano il progetto. Da lì poi ci siamo trovati in studio per lavorare ad un pezzo sull’EP di Missey (di cui sono produttore), e da lì abbiamo poi trasformato il lavoro musicale in lavoro anche discografico. Ovviamente abbiamo in programma di ampliare il roster a breve, ci sono un sacco di artisti che mi piacciono e che con cui potremmo andare a proporre cose che non sono fac-smili di altre, che poi è la prerogativa di Kumomi.


Sul vostro profilo Instagram avete recentemente pubblicato dei remix di brani famosi, come quello di Rosalia, da parte dei vostri artisti. Come mai avete deciso di pubblicare questo contenuto?

OMAKE: sì i remix sono miei, li ho pubblicati prima sul mio IG e poi su quello di Kumomi. Sono e siamo ben coscienti dell’importanza di Instagram in questo momento storico, approcciarsi alla discografia come fosse il ’95 non avrebbe senso. Allo stesso tempo però non sono uno di quelli che riescono a stare col telefono in mano a farsi video in continuazione, non perché lo trovi svilente ma semplicemente perché non è la mia cosa. Preferisco dare spazio a contenuti che abbiano comunque la musica e l’estetica visuale al centro. Fare i remix poi è super divertente, anche se probabilmente dovrò smettere di farli su IG perché le major hanno iniziato a bloccarmeli. Forse sono stato troppo punk io, può darsi.

In Kumomi avete una precisa direzione artistica? Volete avere un’identità precisa lavorando solo con una determinata scena musicale o avete intenzione di ampliare gli orizzonti sui generi?

OMAKE: Sì, e no. Mi spiego: ci sono sicuramente delle direzioni che, da produttore artistico, prediligo, e sono quelle che derivano da una matrice afro-americana come l’hip hop, l’r&b e tutti i possibili derivati. Non ci sono però dei paletti prestabiliti, e anche come ascoltatore sia io che tutto il team Kumomi (artisti compresi) siamo più che trasversali e con mille influenze diverse. Non mi interessa l’indie col chitarrino, quello sicuro, né il tiktokers che ha un pubblico di 12enni. Non perché quello che facciamo noi è una bomba e quelle cose invece lì fanno schifo, semplicemente perché non sono cose che mi ascolterei mai e soprattutto perché non saremo neanche noi le persone giuste per lavorarle.

ARIANNA: Per quanto riguarda l’identità visiva tutto il concept di Kumomi è costruito cercando di dar voce a qualcosa di più della musica, ho letteralmente preso i vecchi libri di arte di mio nonno (che dipingeva per hobby) e ho rielaborato i quadri a mio gusto per comunicare qualcosa di diverso dall’origine del quadro stesso. Mi piace la contaminazione, credo che la musica sia arte tanto quanto la pittura, il video, il cinema e la parola. Da quando Francesco mi ha parlato di Kumomi e mi ha chiesto di farne parte ho subito immaginato questa etichetta non solo come etichetta in quanto tale ma proprio, come cita la descrizione, una casa per le idee, un contenitore e questo ho cercato di metterlo anche nei lavori che faccio con gli artisti, che io amo definire i “miei pargoli”.

Ci raccontate come si sviluppa una vostra giornata tipo, se ce l’avete? Cosa vuol dire far parte di un’etichetta e trovarsi a lavorare e collaborare con diverse figure professionali?

OMAKE: La mia giornata tipo è più o meno un esatto split delle due macroaree della mia vita: l’aspetto da produttore e quello da discografico. Quindi da una parte ogni giorno sicuramente lavoro a qualche produzione, mi confronto con gli artisti con cui collaboro (di Kumomi e non) su cose nuove a cui stiamo lavorando, e magari sono in qualche studio insieme ad altri produttori a tirare fuori cose. Dall’altra parte c’è l’aspetto più puramente discografico, che è fatto di parlare con il distributore, con gli uffici stampa, con chi ha webzine o altro e comunque in generale con il mondo degli addetti ai lavori dell’ambiente. Oltre a chiaramente un confronto costante con Arianna per sviluppare al meglio tutto quello che succede e che succederà con Kumomi. Quindi programmazione, programmazione costante. Essendo noi una mini realtà appena nata in pratica dobbiamo smazzarci mille cose completamente diverse, perché chiaramente non è che lanci un’etichetta ed hai un ufficio con 20 dipendenti. Quindi la stessa persona che fa la musica è anche quella che va in posta a spedire il materiale promozionale. E non c’è niente di male in questo, anzi. L’ho fatto per una vita, e continuerò a farlo fino a che servirà. ARIANNA: la mia giornata tipo? vorrei dirti che oggi a 27 anni ho idea di come sarà la mia giornata, ma la realtà  è che mi sveglio sapendo che ci saranno cose da fare e non so come, ma le cose si moltiplicano. Il problema, ma anche l’aspetto elettrizzante del mio lavoro, è che è in continuo divenire. Lavoro con Francesco, ma anche con la mia piccola agenzia e collaboro con diverse realtà, quindi è una giornata mista di cose e di persone. Di base corro, costantemente, tra casa, studio, incontri, shooting. Poi lavoro di notte, faccio plan per i social, faccio da mamma e da sorella ai “miei” artisti e vivo su Pinterest. Forse il luogo che più amo é il set, lo studio, dirigere gli shooting, i fotografi, i videomaker e gli artisti è la cosa che mi spinge a fare questo lavoro ogni giorno. Quelle 8 ore di creatività continua. Sono una spugna, assorbo tutto.

Mi è piaciuta molto la scelta di pubblicare i brani dei vostri artisti all’interno di un unico mixtape, racchiuso in una audiocassetta, oltre a pubblicarli sulle piattaforme streaming. Avete voluto fare un salto nel passato. Ora come volete muovervi verso il futuro?

OMAKE: Ti ringrazio, come ti dicevo abbiamo pensato che fosse il modo giusto per svoltare quella maledetta quarantena in modo produttivo. Il futuro sarà dedicato ai singoli artisti. La fase iniziale è stata ovviamente più incentrata sulla nascita di Kumomi, in modo da poter mettere un puntino che dicesse “hey, eccoci”. Ora il fulcro di tutto sarà quello di sviluppare al meglio il percorso di Canntona, Vespro, e dei nuovi artisti che firmeremo a breve. Aspettando con ansia il poter iniziare un’attività live fatta di concerti ma anche di occasioni dove conoscere le persone, davvero.


Per entrare in contatto con il pubblico e farvi conoscere avete fatto un contest per spedire le audiocassette nelle diverse case. Avete immaginato delle situazioni dal vivo dove potervi presentare e poter dar spazio ai vostri artisti di esibirsi?

OMAKE: Certo che sì, fu praticamente la prima cosa di cui parlai con Arianna che in queste cose è sempre una fucina di idee. Poi c’è stato il lockdown che ha impedito di fare quello che volevamo fare, ma il tutto è solo rimandato.

- Avete scritto “Lo scopo è quello di creare una catena di emozioni, fatta di musica e di parole”. Possiamo quindi affermare il valore della musica come linguaggio universale, soprattutto in un periodo di ripartenza come questo?

OMAKE: La tua è una visione bellissima e romantica, come vorrei dirti che sì, è assolutamente così. Alla fine però mi sembra che ciò che sta più segnando questa “ripartenza” sia la voglia di tornare a fare gli aperitivi e fotografarli. La musica si sta spoetizzando sempre di più, diventando ogni giorno un po’ più puro intrattenimento e meno arte. Ci lamentiamo (io in primis) di Conte che dice “gli artisti che ci fanno tanto ridere”, ma poi siamo davvero sicuri in cuor nostro di voler proporre qualcosa di altro? Perché se la musica diventa solo fare i balletti su Tik Tok allora guardate che ha ragione lui eh. Non dico che con Kumomi ci vogliamo fare paladini di chissà quale moralismo, siamo piccoli appena nati e non ci muoviamo con l’ingenuità di chi vuol fare la rivoluzione. Però nel nostro minuscolo vorremmo far vedere che una cosa non esclude l’altra, cioè che si possono usare i social e tutte le tecnologie di questo mondo senza per questo fregarsene completamente del resto.

ARIANNA: quando ho scritto quella frase ho fatto emergere il mio animo romantico latente lo ammetto. La quarantena è stata strana per me, ho reagito in modi che nemmeno mi aspettavo e così tutte le persone che ci circondano. Nel casino più totale di notizie e di sentimenti non decifrabili la musica è stata il punto fermo. Forse oggi la musica non è così romantica e ci sono tutte le riflessioni del caso che fa Francesco, giustamente, ma io ho sempre pensato che la musica è prima di tutto una cosa personale, qualcosa che in cui sentirsi compreso e questo di per se è un po’ il concetto di universalità.




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