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Immagine del redattoreMelania Rosati

“Tutti quanti noi siamo un insieme di stracci che teniamo uniti con lo sputo”, Calmo racconta il suo primo ep “Pezze di me” - Intervista

A volte capita di scontrarci realmente con noi stessi ed in quel momento, in cui probabilmente non stiamo andando di fretta, tutta la vita vissuta fino a quel punto e gli anni che non sono mai abbastanza per sentirsi grandi, si riflettono nella nostra immagine che appare distratta allo specchio. Ecco, quella persona lì davanti che stiamo osservano, con sospetto e perplessità, non è altro che il risultato di tutti i brandelli della nostra esistenza che abbiamo cucito sulla pelle senza ricorrere ad alcuna anestesia.


Forse, sarà capitato anche a Luigi Ferrara alias Calmo, di scrutare se stesso ad uno specchio; lui che con i cenci della sua vita ha fatto esistere il primo EP intitolato “pezze di me”, rilasciato lo scorso 6 Dicembre per Fumo Dischi e presentato in anteprima in un luogo segreto nel cuore di Napoli dove, il cantautore e polistrumentista napoletano, accompagnato da Francesco Varchetta e Raffaele Salapete, rispettivamente batteria e chitarra, ha sintetizzato in poche parole il significato di questa sua prima raccolta di canzoni.


“Tutti quanti noi siamo un insieme di stracci, di cose che abbiamo imparato col tempo e che teniamo un po’ insieme con lo sputo ..."

Nessuno schema preimpostato o concetti sviluppati a tavolino, Calmo si presenta in tutta la sua sincerità, affermando che nonostante tutte le ferite, gli strappi e le ricucite non è arrivato ancora il momento di crescere, lasciando trapelare una sana malinconia che nelle sue canzoni si mescola a melodie coinvolgenti, testi toccanti e ritmi incalzanti. Ma, Calmo, sembra anche essere il contrario del nome che si è scelto, ed è proprio dal suo incredibile modo di fare musica che traspare questo.


"Credo che fare l'artista è una delle cose più vicine al concetto di vivere. Essere sempre sul filo del rasoio, vivere gli altissimi ed i bassissimi, mettersi continuamente in gioco, emozionarsi frequentemente"

Calmo attraverso la sua musica che scrive, produce, arrangia e mixa in modo maniacale, riesce bene ad esprime sentimenti e a raccontare episodi della sua vita catturando l’attenzione di chi lo ascolta. Nell'EP "pezze di me" composto da sei tracce, è quasi sempre ispirato da una ragazza alla quale si rivolge e con la quale interloquisce; chi ella sia non ci è dato saperlo ma lo lascia facilmente intuire, allo stesso tempo la sua musica riesce a incuriosire e far intuire la sua originalità. Calmo ha incuriosito anche me ed in questa intervista ho approfondito la sua conoscenza.



Ciao Calmo, benvenuto su IndieVision! Voglio, dapprima, partire dalla descrizione in bio del tuo profilo IG: ”scrivo.suono.canto.produco.mixo”, che in pratica si traduce in “faccio tutto da solo”. Come ci si arriva a tutto questo?

Ciao ai lettori ed alla redazione di IndieVision! Dovrei aggiungere anche “riprendo.monto.coloro”, siccome ultimamente sono arrivato a farmi anche i video per i social da solo. Come si arriva a questo? Soffrendo di mania del controllo e del perfezionismo. Da un lato, fare tutto da sé è una buona cosa perché oltre a realizzare il famoso detto “chi fa da sé fa per tre”, si riesce ad esprimere meglio la propria personalità artistica. Dall'altro lato, si finisce per diventare un tuttofare ... e la testa prima o poi esplode!


Avendo la padronanza in tutte queste attività, qual'è il punto di inizio o, se vuoi, il momento zero da cui parti per comporre una canzone? 

Fortunatamente non esiste un unico modo per cominciare la stesura di una canzone. Lo stimolo può venire da una frase, un motivetto nella testa; oppure dal basso elettrico, alle volte dalla chitarra, altre volte dal pianoforte, o ancora da una produzione buttata da qualche parte nel mio computer. Forse è proprio questa liquidità a rendere la cosa così magica e difficilmente “replicabile”, che è anche il bello della musica fatta con spontaneità.


Hai iniziato ad approcciarti alla musica molto presto ma ci sono voluti diversi anni prima di iniziare ad intraprendere in modo professionale il tuo percorso artistico. Quando è stato il momento in cui hai deciso che la musica doveva essere qualcosa di serio?

Quando ho sentito di volermi esprimere di più, e a rifiutare l'idea che dovessi abituarmi ad una vita “regolare”. Personalmente credo che fare l'artista sia una delle cose più vicine al concetto di “vivere”. Essere sempre sul filo del rasoio, vivere gli altissimi ed i bassissimi, mettersi continuamente in gioco, emozionarsi frequentemente. Ma gli americani dicono “no free lunch”: c'è anche il lato oscuro di tutto questo, ovvero il rischio di rimanere soli in una vita frenetica che difficilmente è condivisibile dagli e con gli altri.


Nonostante le tue origini campane ed il contestuale potere dialettale della lingua napoletana, che ultimamente si sta riprendendo sempre di più nelle nuove proposte musicali, queste caratteristiche non compaiono nella tua musica. È una scelta di stile predefinita oppure non escludi in futuro produzioni del genere?

Non sono naturalmente predisposto a scrivere in napoletano pur parlando molto questa lingua, talvolta anche in modo piuttosto sguaiato quando si fa serata con gli amici. Sono cresciuto con la musica degli Showmen, Enzo Avitabile, Pino Daniele, perché mio padre me l'ha fatta ascoltare sin da piccolissimo. Ho assimilato molto il sound e soprattutto le strutture armoniche di quella scuola, e con piacere trasporto questi insegnamenti nei miei brani. Ma la lingua italiana è quella che preferisco per esprimermi come desidero.


Il 6 dicembre è uscito il tuo primo ep dal titolo “pezze di me”. Le sei tracce, in esso contenute, raccontano momenti realistici di vita. Sono storie personali o ispirate da altre fonti?

Sempre e solo storie personali. Purtroppo non riesco a fare musica a tavolino, inventando cose o rubandole dalle esperienze altrui. La donna di cui si parla in questo EP è la stessa che mi ha fatto innamorare perdutamente in “Giuralo”, la stessa con cui ho avvertito i primi sentori di rottura in “Ti aspetto giù” e “Come ti pare”, quella con cui scherzosamente giocavo sui cambiamenti ormonali in “Ciclo :(“, quella con cui furiosamente litigavo in “Mostro”. Solo “Tuorli” è l'eccezione, ma di base questo EP ha avuto una musa reale: lei e le cose che vivevamo insieme.


Non so se ci possa essere sempre un motivo che giustifichi il titolo di una canzone, ma sono stata molto incuriosita dai titoli “Tuorli” e “Ciclo :(” che compaiono nell’EP. Qual è, sempre se c’è, la connessione con i rispettivi testi?

Qualcuno mi prenderà per pazzo, ma non esiste alcun legame tra il titolo “Tuorli” ed il contenuto del brano, prodotto insieme all’amico artista e batterista fenomenale Francesco Varchetta. La verità, è che in una prima stesura del brano, scrissi “ho comprato gli occhiali nuovi, vetrate per i miei tuorli”; poi ho deciso di stravolgere il brano e non ho più usato la parola “tuorli”. Tuttavia, essendo il mood piuttosto pazzoide, ho voluto mantenere il titolo originario, proprio perché non c’entra col brano e perché mi piace come suona. E a proposito di “pazzia”, io e mio fratello Vincenzo (visuals*) abbiamo deciso di girare un videoclip ancora più folle per “Tuorli”; lui è stato bravissimo a realizzarlo, e invito tutti a vederlo su YouTube. Invece, per “Ciclo :(“ c'è piena attinenza col testo. Forse la parola dà un po' nell'occhio, ma è quello l'obiettivo.


“Sarò guerriero, sarò più vero”, “io ti snobbo”, “io sono fatto”, “parto”, “ma che amore è?” sono, invece, i titoli che descrivono alcuni video  che hai postato sul tuo profilo Instagram ma che, in pratica, non corrispondono a nessun singolo pubblicato. Mi spieghi meglio?

Questo mondo della musica usa e getta prevede che gli artisti non siano attivi solamente dal punto di vista discografico, proponendo intere canzoni da pubblicare a raffica, ma anche dal punto di vista contenutistico sui social. Pur non condividendo molto questo modo di fare, ho ugualmente deciso di farlo, ma a modo mio. Sulle canzoni, lavoro in modo (fin troppo) certosino, dalla scrittura, alla registrazione, alla produzione, al mix, sperando che la cura e l'amore che ci metto arrivi alla gente. Sui contenuti, invece, cerco di scrivere strofe che lascino un segno nelle persone, accompagnandole con video inusuali e che danno nell’occhio. L'obiettivo è essere un po' la voce fuori dal coro, senza mai lesinare sulla qualità.


La tua versatilità artistica ti ha portato a collaborare con tanti artisti campani. Quale è stata fino ad ora l’esperienza di collaborazione più interessante e con quale altro artista italiano ti piacerebbe poter lavorare in un futuro?

È quasi impossibile dire quale sia stata la collaborazione più interessante, perché tutte mi hanno dato qualcosa di prezioso. Ti posso dire quale collaborazione mi fa sentire parte di una famiglia e mi aiuta a coltivare il mio progetto, con testardaggine e sempre nuovi stimoli reciproci. Sto parlando senz'altro di quella con Luca Notaro e Ugo Crepa, incluse le rispettive crew. Molte cose sono nate e ancora nasceranno da questo nucleo, che si fonda su una amicizia sana e vera. In futuro, mi piacerebbe lavorare con gli artisti, i musicisti ed i produttori italiani che stimo. Ce ne sono davvero tanti, e non li nomino per scaramanzia. Difficilmente collaborerò con chi non rientra nei miei gusti e che umanamente non mi trasmette sincerità.


Visto che siamo a fine di questo 2023, ti chiedo direttamente quali sono i progetti che ti attendono nel prossimo anno e se hai già  in cantiere nuova musica.

Come credo sia facile immaginare, mi auguro di crescere da un punto di vista umano, artistico e (sperabilmente) di fama. Credo che senza le prime due, la crescita della terza non può avvenire. C'è sempre da migliorare, e io sono pronto a farlo.


In un futuro mediamente lontano, mettiamo tra dieci anni, dove ti vedi e quale ti piacerebbe che fosse il tuo ruolo nella musica?

Se devo fare una previsione, posso partire dalle cose che osservo adesso e proiettarle nel futuro. In questo momento della mia vita musicale, mi accorgo con grande piacere di essere un punto di ispirazione e/o di riferimento per chi ho intorno. Mi sento fortunato ad essere circondato da artisti sempre nuovi, cantanti, cantautori, produttori, grafici, videomaker, che apprezzano quello che faccio e sono felici di collaborare personalmente con me o anche solo conoscermi. Tra dieci anni, spero che questa dinamica non cambi, ed anzi si ampli a contesti sempre più nazionali e di qualità crescente. Alla fine, nonostante tenda a fare tutto da solo, finisco sempre a lavorare con gli altri. Ed è giusto così: da soli non si va molto lontano. 




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