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9 canzoni per 9 generi musicali diversi: il nuovo disco de I Miei Migliori Complimenti è una continua scoperta - INTERVISTA

Dopo più di due anni di silenzio, I Miei Migliori Complimenti voltano pagina con l’omonimo album, uscito il 5 aprile, che lascia spazio alla musica e all'immaginazione. Un concetto chiave di questo ritorno è sicuramente la sperimentazione, in quanto le 9 tracce esplorano chiaramente generi musicali diversi, dall'elettronica alla samba, tra strumenti analogici e synth, creando un ampio spettro di colori e suoni. Ogni traccia rappresenta un universo a sé, pur essendo comunque parte di una visione più ampia e complessa che si interseca alla perfezione come i pezzi di un puzzle.

Anche I Miei Migliori Complimenti, in quanto insieme di artisti, si intrecciano perfettamente tra loro, completandosi a vicenda grazie alla scrittura di Walter, alla musica di Filippo e all’apporto di una band composta da nomi conosciuti nel mondo indie /pop italiano come Frankie Bellani alle tastiere; Matteo Domenichelli ai bassi, Giorgio Conte alle chitarre e Marco Fugazza alle batterie e percussioni.

Per questo atteso ritorno abbiamo avuto il piacere di fare due chiacchiere con Walter che ha parlato a nome della band.


"Penso di essere diventato grande senza i tutorial Youtube, ma con tanti piccoli tutorial della vita"

Ciao Walter benvenuto su IndieVision! È da tempo che non pubblicate un album, quali sensazioni state provando per questo ritorno? A cosa vi siete dedicati in questi ultimi anni?

Io e Filippo abbiamo portato avanti dei percorsi professionali diversi dalla musica, ci piace pensare di non essere per forza artisti di professione, io personalmente mi definisco un hobbista, la musica è il mio hobby.

A livello musicale eravamo arrivati ad un punto in cui il nostro mondo era saturo di quello che si poteva dire e fare con le metodologie utilizzate da noi in passato per fare musica che erano rilegate perlopiù al mondo digitale, quindi abbiamo pensato che ci sarebbe piaciuto lavorare in maniera analogica. Per questo motivo abbiamo deciso di formare una super band prendendo i musicisti che ci piacevano di più in quel periodo (perchè l’album è stato registrato più di 2 anni fa) e continuano a piacerci in questo momento, sono nomi conosciuti nel settore indie e pop italiano, ovvero Frankie Bellani alle tastiere; Matteo Domenichelli ai bassi, Giorgio Conte alle chitarre e Marco Fugazza alle batterie e percussioni.

Ha senso citarli sia perché hanno importanza nella scena musicale attuale, sia perché insieme a loro siamo riusciti a rendere concreto quello che avevamo fatto noi in maniera primordiale, portando il disco ad un livello che ci piaceva e ci piace tutt’ora. È un disco che a livello testuale è stato scritto tra il 2018 e il 2020, mentre nel 2023 avevamo quasi pronti mix e master, ma essendo che purtroppo o per fortuna la musica non è una nostra priorità, ci siamo presi i nostri tempi per pubblicarlo.


In "Dove cantano i grilli e profuma la terra" ci sono numerose ripetizioni tra cui: "Un giorno mi ringrazierai", "Un giorno te ne pentirai", "Un giorno mi perdonerai", cosa volete trasmettere con tutte queste ripetizioni costanti nel brano? E a cosa si riferisce invece l'immagine rappresentata nel titolo?

Io credo che quello che un artista vuole trasmettere conta per l’artista e basta perché ad ogni persona il disco deve arrivare in modo diverso. Il bello di una canzone scritta bene, e io cerco di fare il possibile per renderla tale, è che riesce a costruire nella testa dell’ascoltatore una serie di immagini, mi interessa quello che la gente riesce a creare nella propria mente quando sente le canzoni. L’aspetto emotivo è focale nell’ascoltatore, mentre dal punto di vista autorale quello che è interessante di questo brano, come anche in tanti altri del disco, è che non segue la solita struttura che viene utilizzata nella musica contemporanea, ovvero strofa, stacco, ritornello. Io mi sono stufato di scrivere in questo modo schematico ed è per questo che in questo disco ho creato delle strutture uniche per ogni pezzo. Non dico che questo modello debba essere abbandonato ma è importante sperimentare diversamente, un po' come ho fatto in questo brano che sembra composto da tanti ritornelli.

Il titolo serve comunque ad indirizzare un minimo l'ascoltatore ma comunque anche quello è a libera interpretazione, ad esempio io vengo dalla Valtellina e a me il titolo "Dove cantano i grilli e profuma la terra" ricorda proprio quel luogo.


Hai una "Fune di fuga" dalla routine della vita quotidiana?

In realtà no, non ho una vera e propria fune di fuga, ma ti racconto meglio a cosa si riferisce questo brano. A me piace molto uscire e andare a ballare alle feste e storicamente c’è sempre un momento della serata che viene definito come "andarsene all’inglese" in cui una persona se ne va senza salutare dalla festa mentre tutti sono distratti. È così che io uso la mia fune di fuga, me ne vado ad un certo punto della serata perché magari voglio trovare la mia intimità e stare solo. Inizialmente è stata una gag perchè i miei amici sapevano che io lo facevo così alle feste. Poi la fune di fuga è anche uno strumento Pokémon che si utilizza proprio per scappare dalle situazioni ostili. Credo che questo comportamento si possa riflettere in molti momenti come nelle feste, battesimi, matrimoni o in qualsiasi altro contesto ostile.


"Viceversa" ha un sound elettronico e una sicura voce narrante quasi parlata, è molto diversa dagli altri brani ma comunque ogni pezzo ha qualcosa di speciale, come siete arrivati a rendere le tracce così uniche tra loro? Quale tipo di sperimentazione c’è stata nel tempo?

Io credo che il filo conduttore del disco sia la scrittura, è presente ancora il Walter innamorato - perchè sostanzialmente tutti i brani parlano ancora d'amore, ed è una cosa che oggi invece sto cercando di abbandonare - che però ha fatto un avanzamento rispetto alla sua scrittura adolescenziale, paracula e legata agli ambienti fisici. Ho portato la struttura ad un ambiente più astratto ed etereo, tranne in Nuova Milano, che è comunque fisica anche se non precisamente contestualizzata nel tempo. Un altro filo conduttore è il fatto che l'album è interamente condotto da Filippo Slaviero e prodotto a sei mani con altri quattro musicisti che con la loro esperienza e il loro estro hanno unito la trama di questo disco. È un disco che passa da un genere all'altro ma con una certa coerenza. Credo anche che di questi tempi fare un disco di un solo genere scritto dalla stessa persona sarebbe un po' noioso, ma nel panorama mainstream si crea quel problema che se fai qualcosa di diverso sembrano tanti singoli uno dietro l'altro. 


I titoli "C6" e "Tutorial" mi ricordano le abbreviazioni che si usavano nei messaggi anni fa e i tutorial su Youtube che si usavano per fare qualsiasi cosa, che rapporto avete con la tecnologia attuale soprattutto relazionata al mondo della musica? 

Filippo è una delle persone che utilizza la tecnologia nella maniera più sperimentale, sia nel suo lavoro (è un direttore creativo), sia musica. La tecnologia è qualcosa che ha sempre caratterizzato quello che facciamo anche al di là della musica, per noi la tecnologia è una cosa fondamentale.

Abbiamo attuato un passaggio da digitale ad analogico perchè credo che un'artista nella sua carriera dovrebbe sperimentare molto in termini sonori, io mi annoio dopo un po' che faccio cose prodotte e scritte nello stesso modo, quindi ad un certo punto ho sentito il bisogno di cambiare e Filippo ha suggerito di lasciare indietro la teconlogia contemporanea per riprendere le tecnologie del secolo scorso.


In "Tutorial" mi è piaciuta particolarmente la frase:"Com'è che si diventa grandi? Perchè non c’è un tutorial?”. Credo che lo abbiamo pensato tutti almeno una volta nella vita, voi credete di averla superata bene quella fase di crescita anche senza un tutorial?

Noi ora abbiamo 32 anni quindi comunque per una mera componente anagrafica volente o nolente siamo dovuti diventare grandi, sicuramente è stato difficile ma quando una cosa ci mette tanto tempo per evolvere senti meno la fatica. Non è stato un percorso troppo doloroso ma perchè dilazionato in un tempo lungo. Penso di essere diventato grande anche senza i tutorial Youtube, ma con tanti piccoli tutorial della vita.


Prendendo spunto dal testo di "Una cosa" in cui "Tu diventi me, io divento te", ti è mai successo di desiderare di voler diventare qualcun'altro? Oppure sei sempre rimasto te stesso durante il tuo percorso artistico?

Io ci penso spesso a questa cosa nel senso che da piccolo ero un rapper e i rapper ce l'hanno un po questa cosa di voler imitare qualcun'altro, per fortuna poi con il tempo ho pensato: "Io sono contento di essere me stesso" di essere me stesso. Personalmente non penso di voler essere nessun altro e a livello di scrittura e di approccio personale questo disco rispecchia molto come siamo io e Filippo e siamo fieri di essere in questo modo. Se uno vuole fare l'artista bisogna che guardi un po' oltre al canale mainstream e all'imitazione di altri musicisti, ognuno dovrebbe trovare quello che ha dentro e il proprio modo di scrivere, cercando di evolvere nel tempo e migliorarsi senza copiare qualcun'altro.


È arrivato il momento della domanda che mi piace fare a tutti gli artisti che intervisto: avete qualche aneddoto da raccontare che riguarda la creazione o la registrazione dell’album?

Ti racconto una cosa simpatica: un giorno stavo facendo sentire il disco a Galeffi e nel mentre stavamo parlando di tristezza e io gli ho detto: "Comunque questo disco non lo sento triste" e lui mi fa: "Walterì se scrivi ste canzoni qui sei per forza triste". La realtà è che io non mi sento triste ma probabilmente in fondo c'è un senso di tristezza che emerge da queste canzoni. Ma ora lancio una provocazione anche ai lettori: scrivono canzoni solo le persone tristi?


Vi lasciamo ora al piacevole ascolto dell'omonimo disco de I Miei Migliori Complimenti che siamo sicuri che provocherà in voi una certa curiosità data dal mix di generi e parole che si incastrano perfettamente.





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