top of page

Gubbstock Rock Festival 22: Collettivo Vivo, Lorenzo Kruger e i Bengala Fire - Live Report



Il Gubbstock Rock Festival è una cosa piccola. Non c’è dubbio. È un festival dal nome buffo, che fa sempre un po’ ridere le persone che lo sentono per la prima volta. È ogni anno una scommessa, in cui ci si chiede se ci sarà gente oppure no, se sarà apprezzato oppure no. Ansie comprensibili per chi si ritrova ad organizzare un festival in una piccola città come Gubbio, soprattutto quando l’obiettivo non è mai (non ce ne vogliano!) quello di compiacere il pubblico: è quello di dare un palco a ragazzi e ragazze giovanissim*, e poi offrire una chicca finale, un piccolo regalo, a chi ha suonato e alla città. Quest’anno il regalo ce lo hanno fatto il Collettivo Vivo, Lorenzo Kruger e i Bengala Fire.


Il Gubbstock Rock Festival sarà anche una cosa piccola, ma è un palco dove ogni anno si vedono salire non solo persone, ma veri e propri sogni. I ragazzi e le ragazze che si esibiscono non lo fanno solamente per passione, ma tutte e tutti danno l’idea di avere l’obiettivo di costruire una carriera musicale. Rarissime le cover, infatti, mentre sono stati numerosissimi i brani originali. E di anno in anno, il livello sembra aumentare: chiaro in particolare con i progetti Lecosedigiuli e I Boschi Bruciano, che si sono aggiudicati anche la possibilità di suonare a Scheggia il 18 agosto, in occasione del Gubbio DOC Fest, grazie a un contest che si è tenuto durante le due serate del Gubbstock (qui tutti i nomi dei gruppi che hanno partecipato, in ordine di esibizione: Luna Precipita, Giant Gummy Bears, Screamakenoise, Hellvillum, Lecosedigiuli, I menestrelli di Alkatraz, Konfusion, I Boschi Bruciano, M.A.B. & Zac, Neontown).


Riprendendo le chicche di cui parlavo prima, a chiudere la prima serata il 21 luglio ci ha pensato Lorenzo Kruger, ex frontman dei Nobraino. Il suo spettacolo è tra il cabaret, il flusso di coscienza e il più puro cantautorato. Oltre a far ridere il pubblico del Teatro Romano di Gubbio ha portato i pezzi del suo ultimo progetto, “Singolarità” (Woodworm publishing, 2021), un album che viaggia tra luoghi comuni, ragionamenti esistenziali e le buffe dinamiche della vita di coppia. Con la presenza scenica di un performer che ha calcato centinaia di palchi e una solenne ironia, Kruger ha confermato di essere un personaggio davvero unico nel suo genere, offrendo uno spettacolo breve ma di altissimo livello. Ha condiviso il palco anche con il Collettivo Vivo, il frutto di un percorso di scrittura della canzone iniziato ad ottobre 2021 intitolato “Songwriting Camp 2021". Dall'intuizione, alla canzone, alla registrazione, al palco”. Un percorso formativo unico e gratuito realizzato grazie al contributo del Comune di Gubbio, l’Assessorato alle politiche giovanili, l’Informagiovani di Gubbio, ideato dall'associazione culturale Archè ETS in collaborazione con la scuola di musica Al Fondino, Umbria in Voce APS e la Scuola Comunale di Musical Città di Gubbio, dal quale è nato il disco “Ritagli”, che abbiamo potuto ascoltare per intero sul palco del Gubbstock (lo trovate qui). I dieci brani dell’album sono stati scritti singolarmente e successivamente registrati da tutti i musicisti e le musiciste che hanno partecipato al camp.


Il 22 luglio è stata la volta dei Bengala Fire. La rock band della provincia di Treviso, reduce dal palco di X Factor 2021 e della preziosa collaborazione con Manuel Agnelli, ha offerto uno spettacolo del tutto diverso, incendiando il palco del Teatro Romano con la sua energia travolgente e pazzeschi assoli di batteria. Mario (Mattia Mariuzzo) è un frontman vecchio stile, di quelli che finiscono in una specie di trance artistica, si buttano per terra tra la gente e spaccano le aste. Anche i brani eseguiti trasportano in una dimensione altra rispetto al panorama musicale attuale: dai loro singoli alle cover di Motta, i The Cure e i The Fratellis, fino riportare alcuni momenti che hanno segnato il loro X Factor come la cover di “Making Plans for Nigel” degli XTC, dimostrando di essere una rock band dalle idee molto chiare, ma allo stesso tempo molto aperta ad accogliere consigli e intuizioni diverse. Più che influenze, le loro sono vere e proprie celebrazioni delle band e dei cantautori con cui sono cresciuti (anche il singolo “Amaro Mio”, per esempio, è un’ode agli Arctic Monkeys dei tempi di "Humbug"), ma l’ultimo singolo “Matador”, uscito proprio lo scorso 22 luglio, fa capire che finalmente sembrano iniziare a staccarsi dalla loro matrice per trovare un’identità tutta loro, e soprattutto tutta nuova in Italia, che funziona e trascina come non mai. Insomma, il loro live ha lasciato il pubblico in trepidante attesa di un album di inediti.


In conclusione, il Gubbstock Rock Festival è sicuramente piccolo. Ma può pregiarsi di essere un palco che dona e lascia spazio. E prima di far parlare le immagini di queste due fantastiche serate, chiuderei con le parole di Lorenzo Kruger: “Le associazioni giovanili, volontari che organizzano concerti, sono ciò che ci può salvare dall’oblio dei grandi numeri”.


Fotografie di Laura di Paoli, Federica Marcelli e Camilla Pontini.




bottom of page