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Golden Years trasforma la quotidianità in musica con "Fuori Menù", il nuovo album - Recensione

C’è un’estate che non ha bisogno di tormentoni per essere raccontata, che non esplode nei soliti brani simil pubblicità della Sammontana, né pretende di diventare un classico pezzo da spiaggia. "Fuori Menù" (Sony Music/Columbia Records), album uscito lo scorso 30 maggio prodotto da Golden Years, è proprio questo: una chiacchierata fatta tra amici in un giorno di mare, qualche birretta pronta e un mazzo di carte mischiato all’infinito per parlare delle proprie esistenze nel mentre; una giornata come tante, ed è proprio quella semplicità con cui non accade nulla di speciale, il motivo per cui resta impressa.


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In 12 brani, di cui 10 featuring e un totale di circa 15 artisti coinvolti, Golden Years, nome d'arte di Pietro Paroletti, ritaglia su misura una produzione elettro-pop coerente nella sua malinconia, che riesce a tenere assieme la varietà delle voci coinvolte in maniera semplice, lineare e mai fuori posto. Un disco che sa di leggerezza e al contempo di pensieri profondi travestiti da banalità quotidiane, perfetto per rivivere l'estate appena trascorsa (ma non solo).


Chi ha apprezzato la produzione già durante i mesi appena trascorsi, non potrà che essere felice di un recente annuncio: il 12 settembre, in occasione dello Spring Attitude Festival di Roma, avremo la prima esibizione live di "Fuori Menù", con tanto di via vai di ospiti e amici sul palco, come dichiarato dall'artista.


Tornando all'album, tra i diversi artisti coinvolti è Calcutta ad aprire le danze con "Sentirsi soli", e lo fa naturalmente a modo suo: ritornello catchy che sa molto di RELAX (2023) e un mood da testa sulle nuvole che controbilancia il racconto di una solitudine accettata ma dalla presenza pesante, e che sotto sotto lascia sempre un po’ di amarezza. Altro feat attesissimo quello di Frah Quintale con Nayt, che si alternano energicamente in "Anche se ti amo", brano che ci porta alla menzione d’onore di un giovanissimo artista quale prima stanza a destra, che regala un ritornello onirico e vibrante, in linea con la sperimentalità che porta avanti nelle proprie produzioni.


Ma la vera sorpresa arriva con l’inedita collaborazione tra Franco126 e Dov’è Liana: dopo l’uscita di "Futuri Possibili" (2025), il rischio di perdersi di nuovo nella malinconia esistenziale del rapper romano era dietro l’angolo, ed è qui che Golden Years interviene e sorprende: l’intro di "Thigididà" ci trascina immediatamente in una danza di cori e voci (di cui sospettiamo anche la presenza di Fulminacci, seppur non segnalato nei crediti), che per un attimo fa spegnere i pensieri, lasciandoci godere solo della musica e di un piacevole, seppur breve, assolo di sassofono che corona il brano in chiusura. Turno doppio poi per Franco126, che torna anche in "Bolle di sapone", brano prevedibile nel senso più rassicurante del termine: una “Ricordati di me” alla Venditti, ma aggiornata nel lessico di una generazione che non riesce a non vivere la vita con nostalgia in tempo reale. 


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Meno incisivo di altri, ma comunque degno di menzione, è "L’appartamento", brano con Masamasa a metà strada tra le sonorità dei Selton e di Erlend Øye; una narrazione quotidiana, ironica e un po’ romantica per cui potremmo dire che, in fin dei conti, nella vita basterebbe solo trovare qualcuno con cui andare all’Ikea e costruire un qualcosa di bello per due, per essere felici. 


Fulminacci, altro artista attesissimo, mette la firma in "Sottocosto", una ballad pop dal tono agrodolce e disilluso che riflette la frustrazione del sentirsi perennemente con un’etichetta di valore addosso, e la conseguente svalutazione percepita. Meno convincente invece "Morena", in cui lo stile di SANO mal si sposa alla penna tagliente di Tutti Fenomeni, pur mantenendo una certa coerenza d’insieme. Un mezzo passo falso? Forse, ma anche questo è parte del gioco.


Andando avanti troviamo il primo (e unico) duetto tutto al femminile, con Ariete e Lorenzza che ne "La distanza" costruiscono un dialogo fatto di riflessi e distanze, nella più tipica delle cornici dream/elettro pop. Le loro voci si sfiorano e rincorrono senza mai allinearsi, in un gioco di specchi e intrecci tanto precario quanto affascinante. Diversamente è ciò che accade nel duetto tra Drast e faccianuvola in "Signorina ciao", in cui le sovrapposizioni vocali, i riverberi e gli effetti pitch creano una traccia fortemente urban, in stile thasup, che convince poco ma si lascia ascoltare. Infine c’è Coez, chiamato in causa con "Mai" a concludere la lista di artisti coinvolti: un featuring attesissimo, ma che arriva in punta di piedi, con un’intensità più trattenuta e a tratti dimenticabile.


I "Titoli!" di coda chiudono il cerchio di "Fuori Menù", un disco che funziona nella sua leggerezza ricercata. Golden Years riesce in quell’ormai sempre più difficile impresa di mettere in pausa: non si prende troppo sul serio, non ricerca la hit né l’alternativo che distingua a tutti i costi, ma produce e lo fa a modo suo. Un album fresco, che sa di estate, amici, relazioni e ricordi, quel tanto che basta ad evocare quella sensazione di “libertà” a cui, bene o male, aspiriamo tutti.



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