top of page

"Difetti di forma": il mondo di Atarde tra pensieri sui quaderni di scuola e lo-fi beats

“Difetti di forma” è l’EP di esordio di ATARDE - pseudonimo di Leonardo Celsi – uscito venerdì 6 maggio per Pezzi Dischi in licenza ad Island Records/Universal Music Italia. Il giovane artista, che è stato inserito nella lista dei 20 talenti italiani da seguire nel 2022 dalla piattaforma VEVO, ha presentato il suo primo lavoro con un live il 12 maggio al DOPO?Space di Milano, iniziando così a raccontare la propria storia tramite i nuovi pezzi.

Gli otto brani presenti nell’EP hanno un carattere LO-FI che ci trasmette tranquillità e malinconia e l’artwork, con i suoi toni viola/azzurri di un cielo al tramonto, riprende perfettamente il mood del disco con frasi sussurrate e ritornelli rilassanti e orecchiabili. I temi ripercorrono la sua storia artistica, quella di un giovane insicuro dei propri pensieri annotati sui quaderni di scuola e del successivo appoggio e incoraggiamento da parte dei suoi genitori e degli amici, il tutto accompagnato da frasi e ritornelli in inglese che difficilmente si tolgono dalla testa.



Ciao Leonardo, benvenuto su Indievision! Sei emozionato per il live di presentazione? Sarà in generale il tuo primo live?

Ciao! No, in realtà ho già suonato dal vivo però mai con una band, questa novità sarà sicuramente interessante e divertente, non vedo l’ora!


“Difetti di forma” è una frase tratta da “rooftop”. Come mai hai preso il titolo da un verso della sesta canzone dell’EP?

Rooftop è stata una delle ultime canzoni ad essere inserita nell’EP e ho scelto quella frase perché è la mia parte preferita della canzone. In generale il pezzo ha un mood molto allegro e solo in quel verso ritorna più malinconico come il resto dell’EP, inoltre mi piace molto come suona.


Hai deciso tu la composizione dell’artwork dell’EP? La foto sul treno esisteva già prima della realizzazione della copertina o è stata fatta appositamente?

In realtà esisteva già, si tratta di una foto a cui sono molto legato perché me l’aveva fatta mia sorella a inizio anno e mi dava un senso di pace e serenità. La foto davanti ha anch’essa una storia, l’ho scattata nel 2017 e, anche se si vede poco, è presente il riflesso di camera mia. Il cielo è sempre stato alla base del mio progetto musicale come ispirazione e il fatto che si veda camera mia mi piaceva perché è il luogo in cui ho composto tutte le mie canzoni.


Sul tuo profilo Instagram hai spiegato che le tue tracce hanno una struttura precisa che le unisce tra loro: “loml” con “tias”, “bulbi” con “rooftop”, “città” con “nastro” e poi “Passa” da sola. In cosa consiste questa organizzazione? Era già decisa o le hai collegate una volta concluso l’EP?

Le canzoni sono state collegate alla fine, io ero uscito con “bulbi” e “loml”, che sono molto diverse tra loro e poi, quando ho scelto di fare un EP, mi sono chiesto come poter fare coesistere canzoni differenti in un unico progetto. La struttura è come un libro in cui le pagine sono simmetriche e hanno temi e suoni contrapposti, mentre la decisione di paragonarle alle stagioni è un modo per evidenziare il cambio di mood tra un pezzo e l’altro.

La prima e l’ultima sono invernali; “bulbi” e “rooftop” invece sono più accese e ricordano maggiormente la primavera; mentre “città” e “nastro” sono romantiche e malinconiche e mi davano una sensazione di fine estate/inizio autunno.

“Passa” invece l’ho scritta un anno e mezzo fa, è molto importante per me perché è stata rilevante per il mio percorso artistico in generale. È l’unico pezzo ad avere vita propria perché ha un significato a sé e suona molto diverso dalle altre e quindi ho pensato di valorizzarla in questo modo.


Come mai la decisione di inserire spesso frasi o interi ritornelli in inglese? Sei particolarmente affezionato a questa lingua e ti aiuta ad esprimerti oppure è prettamente una scelta stilistica?

È un po’ entrambe le cose. Io ho cominciato a scrivere in inglese perché cantavo spesso in fake english e questa cosa mi è rimasta nel tempo, quindi alcune canzoni ho voluto tenerle sistemando le frasi con il vero inglese e partendo dal sound che avevo in testa. All’inizio spesso erano versi che non avevano senso e che hanno preso forma solamente in seguito.


Il ritornello di “bulbi” è molto orecchiabile e a primo impatto sembra una canzone allegra, quale è invece il significato più profondo di questa canzone?

In realtà è la canzone con il testo più triste di tutto l’EP. All’inizio avevo in mente solo la melodia del ritornello e poi mi sono ricondotto alla prima strofa che invece era già tutta scritta. Parla della mia situazione in ambito musicale di un anno e mezzo fa, quando ancora non avevo un’etichetta, ero uscito dal liceo e non sapevo cosa avrei fatto nella vita e come sarei potuto diventare un’artista. È una casualità che la melodia poi sia venuta così allegra.


“Passa” è forse la canzone che mi ha più colpito a livello di testo, soprattutto: “Dimmi che cosa fra / penserai mai di me / che scrivo ste note illeggibili / moniti vigili, pochi pensieri ma fitti ye”. Questa frase in particolare è riferita a quando hai raccontato ai tuoi amici del tuo progetto?

“Passa” è un brano che parla della relazione con un mio amico in modo specifico e quella frase è riferita a quando al liceo, sui miei appunti di scuola, mi mettevo a scrivere frasi e pensieri a lato del foglio. Si trattava di pensieri sconnessi presenti solo nella mia testa e quindi difficili da interpretare da parte di persone esterne, ed è per questo che nascondevo tutto ciò. La frase si riferisce a quando ho chiesto ad un mio amico cosa ne pensasse di quello che scrivevo su quei fogli e cosa ne pensasse dei miei testi.

In “tias” i violini sono stati fatti da tuo padre. Com’è stato coinvolgerlo in un tuo progetto? I tuoi genitori, essendo musicisti, ti hanno sempre supportato nel tuo percorso?

Sì, mi hanno supportato totalmente, loro hanno capito quanto mi piacesse fare musica e sono stati i primi a spingermi a farmi avanti…per questo sono molto fortunato.

Il lavoro in studio con mio papà è andato ben oltre alle nostre aspettative, noi avevamo già in mente una linea melodica ma poi mio padre una volta in studio ci ha improvvisato sopra e ha fatto ben di più. È stato molto bello lavorare con lui soprattutto perché non avevamo mai lavorato insieme e mi piacerebbe fare altro con lui in futuro.


Sui social hai dato rilievo solamente alle prime sette canzoni mentre l’ultima – totalmente in inglese- non l’hai mai menzionata, cosa c’è dietro quel pezzo?

In realtà l’idea era proprio quella di fare una ghost track, come fanno tanti artisti famosi - ad esempio i Coldplay – quindi mettere un brano mai menzionato prima che sarebbe uscito solamente con l’EP. È stata una delle primissime canzoni che avevo sul computer nel 2019, era tutta in fake English e una delle due voci l’avevo registrata per sbaglio con il microfono interno del computer e poi abbiamo deciso di tenerla per mettere qualcosa che mi ricordasse i primi tempi in cui lavoravo alla mia musica.


Raccontaci un aneddoto sulla realizzazione o registrazione dell’EP.

Vi racconto una cosa riguardo “tias”. È stato l’ultimo pezzo che ho scritto dell’EP e l’ho registrato mentre avevo il covid quindi le voci sono di me malato e raffreddato. Con il produttore abbiamo deciso di tenerle perché era molto intima come cosa.


Cosa ti aspetti dal tuo futuro, stai già pensando ad altri live?

I live sono una cosa che ho appena iniziato a conoscere ma ho idea che con la band sarà sicuramente molto divertente. Un’altra cosa che mi è piaciuta fare è stata lavorare con più produttori diversi, è stato molto stimolante conoscere gente che fa quel lavoro da più tempo di te e ti sa indirizzare in discorsi, anche non musicali, molto interessanti.




bottom of page