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Canzoni d'amore e di lotta: la forza rivoluzionaria delle canzoni d'amore queer

Aggiornamento: 7 lug

Siamo giunti al terzo capitolo del PrideVision 2025!

Quando si scrive qualcosa, c'è sempre un motivo per cui lo si scrive. Il motivo per cui state leggendo quello che state leggendo è che sto pensando parecchio all'amore in questo periodo. Ed è per questo che per raccontarvi quello che sto per raccontarvi, bisogna partire da una storia d'amore. 


Parte I: Giugno ‘25

Il 17 giugno del 1995 Mirella e Massimiliano si sono sposati nella chiesetta gialla di un paesino in mezzo alle Alpi. È una bella giornata di sole, il sagrato che dà direttamente sugli orti è pieno di gente festante. Manciate di riso volano verso la porta della chiesetta. Mirella e Massimiliano si guardano come se tutto questo casino non esistesse. Hanno gli stessi sorrisi divertiti e innamorati di Marta e di Lupo Alberto, i personaggi del fumetto di “Silver” che sono stampati sui loro inviti di matrimonio.


Il 17 giugno del 2025 Mirella e Massimiliano hanno fatto 30 anni di matrimonio.

Come tutte le mattine si sono svegliati presto, hanno fatto colazione insieme e si sono messi a lavorare, ognuno al suo computer, ma nella stessa stanza, come tutti i giorni. La sera, come ogni martedì, una volta staccato dal lavoro, Mirella ha preso la borsa della piscina e se ne è andata a nuotare. Tornata a casa, dopo aver cenato, Mirella si è messa sul letto con Massimiano a parlottare e a mangiare mirtilli. 


In quel momento li ho chiamati. Volevo essere certo di trovarli a casa insieme. Abbiamo chiacchierato per quasi un'ora. Gli ho detto che avevo intenzione di parlare di loro nell'articolo che stavo scrivendo. Gli ho detto che era un articolo in cui si parlava d'amore e loro mi hanno guardato con gli stessi sorrisi divertiti e innamorati di Marta e di Lupo Alberto che ho imparato a riconoscere fin da quando ero bambino. “Mandaci una copia dell’articolo quando l’hai finito” mi ha detto Mirella prima di salutarci. “Va bene mamma” le ho risposto io.


Il 14 giugno 2025, il figlio primogenito di Mirella e Massimiliano, che poi sarei io, si è svegliato alle 6.30 di mattina. Ha dormito poco, qualcosa come cinque ore, la sera prima era troppo stanco e ansioso per addormentarsi. Però sa che lo aspetta una giornata lunga, una giornata che, insieme a decine di persone, ha organizzato e preparato per mesi, e quindi si alza. Otto ore dopo lo troviamo sopra il cassone di un furgone addobbato con metri e metri di tulle arcobaleno. Sta ballando un pezzo della Carrà mentre guarda un fiume di gente fluire per le vie di Lecco, la sua città. La stanchezza e l'ansia sono sparite. Mirella è da qualche parte nella folla. Il cuore di entrambi è pieno di gioia.


Dunque, eccoci qua. Sto pensando parecchio all'amore in questo periodo. Sto pensando parecchio all'amore dei miei genitori, di Mirella e Massimiliano, e al mio. All'amore di due persone eterosessuali e cisgender, sposate in chiesa con tre figli e al mio amore di persona bisessuale e non monogama. 

Sebbene io, come sempre più persone in questo paese, sia ovviamente convinto che non ci sia davvero differenza tra il mio amore e quello dei miei genitori, che "Love is love", c'è invece, e non ve lo devo dire io, una fetta della popolazione per cui il trentesimo anniversario dei miei genitori e il Pride sono due eventi posizionati esattamente agli antipodi: se uno è il simbolo del "vero amore", della "famiglia tradizionale", l'altro è una carnevalata oscena e sporca dalla quale bisogna tenere lontani i bambini.


In un contesto mondiale in cui le persone della comunità LGBTQIA+ sono sempre più disumanizzate e private dei diritti, agli occhi del paese il nostro amore non è uguale a quello delle persone eterosessuali e cisgender: non solo il nostro amore non è abbastanza per sposarci o per crescere dei figli, ma è qualcosa di sporco, qualcosa da nascondere. Ecco perché ci ritroviamo in piazza: per lottare e amarci. Ecco perché ci ritroviamo in piazza per cantare. 


Parte II: Irish Eyes

Fin da quando su questo pianeta sono esistite delle persone oppresse, vale a dire più o meno dall'inizio, sono esistite delle canzoni di protesta, canzoni in cui si riversano il dolore e la rabbia di una comunità, di una minoranza. 

Le canzoni di protesta queer sono nate e cresciute insieme all'attivismo per i diritti della comunità LGBTQIA+ e si sono evolute negli ultimi 70 anni insieme al panorama musicale mondiale. Grandi classici del genere, "Smalltown Boy" dei Bronski Beat o "It's a Sin" dei Pet Shop Boys, per esempio, riprendono, dal punto di vista del testo, le atmosfere più intimiste del folk di protesta anni '60 à la Bob Dylan, mentre l'approccio più moderno è caratterizzato da influenze punk e hip-hop, almeno nell'atteggiamento, se non proprio nello stile musicale. La mia preferita di queste ultime, almeno nel panorama italiano, è "Cagne vere" di Queen of Saba ft. Big Mama, per esempio. 


Insomma, il legame tra la musica e la lotta per i diritti mi ha sempre affascinato, proprio per il potere espressivo collettivo che possono avere le canzoni. Oltre alle canzoni di protesta queer, le mie preferite sono sempre state le irish rebel songs, le canzoni di protesta del popolo irlandese contro la dominazione britannica. 

Uno dei gruppi più prolifici del genere sono i Wolfe Tones, attivi dal 1963 e ormai un'istituzione della musica irlandese. Nel loro album "A Sense of Freedom" (1983) in mezzo a una dozzina di canzoni rebel songs molto classiche, troviamo una canzone che si intitola "Irish Eyes": una canzone d'amore, una di quelle ballatone da dedicare alla persona che si ama sotto il chiaro di luna. 


A prima vista sembra stonare, sembra fuori posto lì in mezzo, ma non è così. Anche “Irish Eyes” è una canzone profondamente politica, perché parla dell'amore di due irlandesi in un clima in cui il loro amore era considerato sporco, in cui il reverendo Ian Paisley, una delle figure più importanti dell'unionismo irlandese anti-repubblicano, poteva dire dei repubblicani irlandesi: “si riproducono come conigli e si moltiplicano come parassiti”.

Se il tuo amore è considerato di “serie B”, le canzoni d'amore sono un atto rivoluzionario.  


Parte III: Perché alla fine dai, di che altro vuoi cantare?

Negli ultimi tempi ho chiesto a tante persone della mia comunità di consigliarmi delle canzoni d’amore queer, da dedicare a chi si ama, a chi si vuole bene. A parte qualche canzone dellɜ pochɜ artistɜ più mainstream (“boygenius”, “girl in red”, “Chapelle Roan” per esempio), certamente molto belle, ma che sicuramente conoscete già, purtroppo non sono riuscite a consigliarmene altre. Allora sono andato a cercarmele io le “Irish Eyes” della comunità LGBTQIA+.

Ecco cos'ho trovato. 


Home/This is Home - Cavetown 

Cavetown, pseudonimo di Robin Skinner, è un cantautore queer attivo da quando aveva 14 anni nella scena indipendente lo-fi inglese. “Home” è una canzone pubblicata per la prima volta nel 2015 sotto il titolo “This is Home” e reincisa nel 2019. Entrambe le versioni sono splendide: in “This is Home” spiccano le influenze bedroom-pop, mentre “Home” ha un suono più pulito, dove l'ukulele viene sostituito da una più classica chitarra acustica. 

“Home” è una canzone che parla di una relazione che nasce mentre la voce narrante, lo stesso Robin, è nelle prime fasi della transizione di genere. 


Miopia in amore - Glicine

“Miopia in amore” è una canzone di “Glicine”, una cantautrice del lecchese che ho conosciuto recentissimamente al “Baliba Festival”: è stata un'illuminazione. Contenuta nell'album “Apocalisse” (2022), “Miopia in amore” è un pezzo cantautorale dal sapore classico trainato da un pianoforte accarezzato magistralmente a cui fanno da contrappeso dei colpi tornanti di batteria e lo scrosciare della pioggia con cui il brano si apre e si chiude. “Miopia in amore” parla della libertà di amare e amarsi senza il peso del giudizio della società. 


seibelləseibellə - faccianuvola

Certo nelle canzoni in inglese il problema del “neutro” non esiste, ma vi siete mai chieste quanto sarebbe bello poter dedicare una canzone d'amore in italiano ad una persona non-binary senza genderizzarla? 

“seibelləseibellə” di faccianuvola fa al caso vostro! Contenuta nell'album “le stelle* il sole; l'arcobaleno))” (2024), “seibelləseibellə” è una canzone d’amore che alterna delle strofe dolci accompagnate solo dalle note di una tastiera alle acrobazie elettroniche à la Pop X del ritornello. Il tutto mantenendo la canzone neutra e, dove è necessario, utilizzando la schwa (ə), come si può notare anche dal titolo. 


Jim and Dwight - Tom Rosenthal 

“Jim and Dwight” è un singolo del 2020 del cantautore folk inglese Tom Rosenthal. Come tante delle sue canzoni, è una sottile e dolce ironia a farla da padrone. In un mondo di coppie innamorate romanticamente (per esempio vengono citati Connell e Marianne di “Persone Normali” e Homer e Marge de “I Simpson”), l'autore e lə sua persona si vogliono bene come “Jim e Dwight” di “The Office US”: una relazione platonica, certamente turbolenta, ma in fondo in fondo piena d'affetto. Se non siete persone da relazioni romantiche, questo pezzo può fare al caso vostro! 


Revolution Lover - Left at London

Left at London, pseudonimo di Nat Puff, è un'artista trans americana. 

“Revolution Lover”, contenuta nell’EP “Transgender Street Legend Vol. 1" (2018) è sia una canzone di protesta che una canzone d'amore, perché parla di comunità, di una storia d'amore nata all'interno della lotta per i diritti. Sonorità R&B, la voce suggestiva di Left at London e un testo davvero commovente rendono questo pezzo davvero imprescindibile per ogni playlist queer che si rispetti. Una delle mie canzoni preferite di sempre, ascoltatela e fatela ascoltare. 


In conclusione, manca solo una settimana alla fine del Pride Month, ma i Pride in giro per l'Italia continueranno fino a settembre. Andateci, lottate e dedicatevi canzoni d'amore, che siano quelle che vi ho consigliato qui sopra, o quelle che preferite. La rivoluzione passa anche da qui. 


Piccola nota grammaticale inclusiva:
Ho cercato di utilizzare il più possibile un linguaggio inclusivo per rispetto verso le persone non binary o per chiunque non si senta a proprio agio con l’utilizzo dei pronomi binari (maschile o femminile). Comunque, per chi non lo sapesse il simbolo che vedete ovvero “ɜ” non è altro che una "schwa lunga", ovvero il plurale della normale “schwa” più conosciuta e indicata con “ǝ”, utilizzata per evitare di declinare le parole italiane al maschile o femminile.
La parola "queer" è un termine ombrello che sta ad indicare una persona parte della comunità LGBTQIA+ e dunque, in generale, utilizzata per distanziarsi dalla definizione cisgender e eteronormativa della società.



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