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In "Big Bang" Enula sperimenta un diverso modo di raccontarsi: "è importante continuare a farsi domande, non tanto darsi risposte" - Intervista

Quante volte ci siamo chiesti il significato di termini così opposti come la vita e la morte? E poi cosa c'era prima della vita? E cosa dopo la morte? Quando all'equazione aggiungiamo anche la nostra di vita, sale il mal di testa ed in quel caso meglio evitare paranoie inutili.


Sì, perchè è importante continuare a farsi domande, ma senza pretendere di trovare una risposta precisa. Anche perchè spesso sarebbe impossibile. Lo sa bene Enula, giovane cantautrice reduce da una fortunata esperienza ad Amici nel 2020. Ci ha scritto addirittura un singolo, si intitola "Big Bang", e nasce proprio dalle domande che tutti ci facciamo riguardo il concetto stesso di vita e morte.


"Prima del Big Bang Non c'era un motivo Per essere triste Non c'era la techno Prima di te"

Attraverso una canzone dal ritornello ipnotico, Enula ha deciso di uscire dalla sua comfort zone più "cantautoriale" per sperimentare e scrollarsi di dosso quelle etichette che troppo facilmente tutti noi proviamo a dare per riuscire a comprendere quello che non conosciamo.


D'altronde, è la stessa cosa che facciamo per spiegarci perchè siamo venuti al mondo e cosa succederà quando ce ne andremo. "Big Bang" vuole essere un esperimento proprio per allontanarsi dalle etichette e togliere risposte aggiungendo domande. Il che sembra una cosa con(torta), ma tutto assume il suo senso, quando ci rendiamo conto che è importante interrogarsi su quello che non comprendiamo, senza dimenticarci di restare in contatto con noi stessi, e soprattutto continuare a vivere rischiando di essere felici. Proprio come fa lei.



Ciao Enula, come stai? È da poco fuori il tuo ultimo singolo “Big Bang”, che, secondo me è una vera hit. Com’è nato il pezzo?

Ciao Luca! Tutto bene, grazie. Per quanto riguarda "Big Bang", in realtà non doveva essere una hit! È nato in modo un po’ etereo. Mi sono lasciata ispirare dalla mia parte più filosofica e spirituale. Dopo averlo scritto, l’ho portato in studio, ci abbiamo lavorato ed è diventato dance. “Big Bang” nasce da domande che mi sono sempre posta da bambina riguardo l’origine e la fine della vita. Ovviamente non c’è una risposta certa, ma mi sono accorta, nel tempo, che l’importante è continuare a farsi domande, non tanto quale sia la risposta. Il pezzo è nato dopo tutto questo ragionamento.


Nel brano canti “Tutti vogliono il paradiso ma nessuno vuole morire”, cosa significa per te questa frase?

Per me ha tanti significati, vorrei chiedere a te cosa ne pensi, visto che ognuno ha la sua visione.


Secondo me questa frase indica che tutti vogliono arrivare in alto senza passare per la gavetta, che è una parte molto importante per la loro crescita. E questo concetto non vale solo per il percorso di un artista, ma anche per tutti gli altri aspetti della vita.

Sono d’accordo con te. Se io venissi da te a proporti il Paradiso, tu non scambieresti mai la vita per questo. Siamo innamorati della vita, perciò non la scambieremmo mai. Anzi, sceglieremmo di vivere eternamente. A volte per arrivare alla parte più paradisiaca di noi stessi, bisogna fare dei “periodi di morte”, ma in vita! Tutto questo possiamo farlo scontrandoci con le nostre zone d’ombra, con le dualità che abbiamo nella nostra vita.


A livello di sound ci fai conoscere una parte inedita di te. Un’altra sfaccettatura di Enula. Com’è nata la scelta di sperimentare un tuo lato più ritmato?

Nasce dalla voglia di uscire dalle mie solite produzioni, sperimentando. Si tratta di un sound che rimanda alla dance degli anni ’90. Ho dato una bella virata e da una parte questo mi preoccupa, perché vorrei evitare di sbagliare. Mi piace fare tante cose, e non vorrei essere etichettata. Credo che la mia parte più riconoscibile sia il timbro vocale, proprio per questo vorrei togliermi di dosso l’etichetta di un genere musicale prestabilito. Le prossime canzoni che farò uscire spazieranno molto, non saranno tutte come questa. E poi, vorrei raccogliere tutto questo all’interno di un album, anche se voglio scegliere il momento giusto per farlo uscire. Soprattutto in una società dove l’ascolto nei confronti dell’album è cambiato rispetto al passato.


Prima di “Big Bang”, a gennaio è uscita “Battito”, che forse a livello di sound sembra anticipare “Big Bang”. Com’è nato invece quel pezzo?

Credo sia stato naturale passare da “Battito” a “Big Bang”. È stato il risultato di tanti discorsi fatti con il mio team. Abbiamo parlato tanto di sperimentare con canzoni ritmate, dato che io per natura sono più adatta alle ballad. Anche “Battito” è nata in seguito ad una relazione finita e quello che lascia al suo termine. Bisogna andare avanti e risolversi il più possibile, capendo cosa l’altro abbia messo in luce di noi. Per me “Battito” parla proprio di una risoluzione.


Ho notato che questi due singoli sono come legati da un filo sottile, che è quello del tempo. Sia nei testi che nei videoclip noto una certa velocità, sia nell’inserire tante parole nel testo della canzone, sia nelle tue movenze all’interno dei videoclip. cos’è per te il concetto di “tempo” e che ruolo ha nella tua vita, anche in relazione alla società di oggi che sembra non darci mai tempo per rallentare?

In effetti, sembra sempre che ci corra dietro qualcosa, e che non abbiamo mai tempo per fare niente. Ma tutto questo è un’illusione e deriva da condizionamenti esterni. Se ci fai caso, fin da quando siamo piccoli ci insegnavano a scuola a consegnare i compiti in tempi velocissimi. Oppure ad arrivare in orario per gli appuntamenti, altrimenti succedeva il finimondo. Però ripeto, è tutto frutto di condizionamenti, ma nel momento in cui arrivi ad un tuo equilibrio interiore, capisci che tutta questa fretta non ha senso. Non è il tempo a definire la morte, ma la morte a definire il tempo e come decidiamo di impiegarlo.


Volevo sapere se in questo concetto di tempo e in particolare di “velocità”, c’entra qualcosa l’ansia nei confronti del futuro, che è un po’ una costante soprattutto per noi giovani. E se è un’ansia che capita di avere anche a te.

Mi capita di avere ansia nei confronti del futuro, soprattutto quando non sono centrata con me stessa. Questo è un periodo sociale abbastanza complesso, è come se fossimo in una guerra silenziosa con noi stessi e con gli altri. I social ricoprono un ruolo importante nella vita di tutti i giorni, diventando una vera e propria droga alle volte. L’ansia del futuro è lì dietro l’angolo, soprattutto quando ci ritroviamo a scrollare sui social e a vedere la “vita perfetta” che gli altri espongono su Instagram, Tik Tok ecc.

Per me la ricerca di un equilibrio con sé stessi è importantissima per poter capire noi stessi e gli altri, uscendo da queste dinamiche tossiche. Molte volte mi capita di essere insicura con me stessa, ma quando ritrovo contatto con le cose veramente importanti, ecco che la paura per il futuro diventa più gestibile. 

 

Come gestisci il tuo processo di scrittura e com’è cambiato (se è cambiato) rispetto all’esperienza di Amici nel 2020?

Io scrivo quando provo un’emozione o per parlare di qualcosa che è successo, che mi ha toccato. Di solito scrivo e compongo nello stesso momento, accompagnandomi al pianoforte. Per me è una magia così forte che, dopo aver finito, mi sembra di aver fatto un mese di terapia dallo psicologo.

 

Durante la tua carriera hai avuto modo di collaborare con molti artisti, tra cui i Tiromancino nella loro “Due rose”, che ha avuto un grande successo. Com’è nata la collaborazione e qual è stata la cosa più preziosa che degli artisti così grandi ti hanno trasmesso?

È stata una cosa inaspettata. Un giorno mi hanno chiamato, ma credevo fosse uno scherzo. Ho avuto la possibilità di fare un tour estivo con loro, ci sentiamo tutt’oggi e mi danno sempre molti consigli. È rimasto un bel rapporto d’amicizia. Da loro ho imparato come e quanto un artista riesca ad impattare sul pubblico durante il live. Inoltre, mi hanno insegnato l’importanza degli strumenti live sul palco. Durante un concerto è come se si stipulasse un patto tra artista e pubblico, ed è un legame di cui non riesco a fare a meno.

 

Dove potremo venirti a sentire quest’estate?

Quest’estate sarò un po’ in giro per i vari festival che ci saranno in Italia, e poi farò qualche piccola data live in solo. Ma stiamo ancora organizzando il tutto.

 

All’inizio dell’intervista mi hai parlato di un libro che stai scrivendo. Di cosa si tratta?

Si, come ti dicevo scrivo molto, così tanto che certe volte scrivo vere e proprie storie. Durante questo periodo mi ha contattato un editore per chiedermi proprio di scrivere un libro, così ho deciso di prendere l’occasione al volo. Si tratterà di un romanzo dove il protagonista è un ragazzo che deve affrontare un viaggio per scoprire una verità profonda. All’interno del racconto c’è una magia che definirei “universale”. Infatti, si tratta di un racconto evolutivo.


In “Con(torta)” chiedi come si fa a preferire le vertigini al coraggio di saltare. Sono passati alcuni anni, ad oggi è ancora così per te?

Assolutamente si. Continuo a non essere per nulla riflessiva. Ci vorrebbero le catene per bloccarmi. Ogni punto di vuoto o abisso che c’è, io cerco sempre di buttarmi, per vedere dove arriverò. È la cosa divertente della vita.



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