È giovedì sera, sto per andare a dormire.
Per uno come me, essere ancora svegli quando esce la vagonata di pezzi allo scoccare della mezzanotte del venerdì è un evento raro.
Decido di approfittarne immediatamente: mi siedo sul letto, metto le cuffiette, apro Spotify e riproduco il nuovo pezzo degli Zen Circus, “Appesi alla Luna”, mentre nel quartiere regna il silenzio.
L’emozione è davvero forte, quei 3 (+1) toscani sono una delle mie band preferite in assoluto e sentire qualcosa di nuovo è sempre toccante.
“Sfreghi le mani invece di applaudire, mentre la vita è solo un grande bar È tardi, la gente vuole dormire, uccidere la notte in tranquillità E pensavi di non essere nessuno ma una finestra ricorda che sei sempre tu Hai barattato anche il dolore alla festa della fine della gioventù”
Che lo smalto non l’abbiano perso, lo capisci subito dalla prima strofa, sia per questi bellissimi versi che per la linea vocale di Appino. Arriva il ritornello e la qualità, sotto ogni punto di vista, non scende. La seconda strofa è leggermente più movimentata, pur mantenendo l’intimità di questa canzone che, quasi timidamente, nel finale si riempie completamente con l’ingresso di qualche chitarra distorta arpeggiante per farsi spazio nella nostra testa e nel nostro cuore.
Sicuramente col passare del tempo avremo modo di affezionarci ancora di più ad “Appesi alla Luna”, esattamente come è capitato ai membri del quartetto: il batterista Karim, infatti, ha raccontato in un post su Facebook il suo “piccolo rituale” durante la quarantena, ovvero, con il fido cane Iggy al guinzaglio, ascoltare in cuffia il provino di questa canzone di notte guardando la luna.
Trascorsi questi tre minuti e mezzo si può tranquillamente dire che gli Zen non hanno affatto deluso le nostre aspettative, anzi. Buon ascolto!
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