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Wrongonyou ci racconta il suo nuovo disco "Sono io" - Intervista

di Gabriele Dimarco


Qualche giorno fa è uscito “Sono io”, il nuovo album di Wrongonyou, cantautore romano che ha partecipato allo scorso Festival di Sanremo nella sezione “Nuove proposte” vincendo il tanto ambito Premio per la Critica “Mia Martini”.

La sua carriera inizia nel 2013 quando inizia a pubblicare i primi brani su SoundCloud, tre anni dopo firma per la Carosello Records (etichetta discografica di Diodato, Ghemon, Coez, Levante e tanti altri) ed esce il suo primo EP “The Mountain Man”. L’anno successivo realizza la colonna sonora del film “Il Premio” che viene candidata ai Nastri d’Argento ed esce il suo primo album “Rebirth” nella cui tracklist figura “Killer”, brano che conta più di tre milioni di stream su Spotify e che fa parte della colonna sonora della prima stagione della nota serie Neftlix “Baby”. Nell’ottobre del 2019 pubblica il suo primo album in italiano, “Milano parla piano”, in cui collabora con autori e produttori di un certo spessore come Dardust, Katoo, Raina, Cogliati, Filippelli e Zibba. Il giovane cantautore raggiunge il primo vero successo radiofonico con “Mi sbaglio da un po’ “, pezzo con sonorità tra l’indie ed il soul che viene passato dalle più importanti radio nazionali come Radio Italia o Radio Deejay. Nel 2020 decide di partecipare a Sanremo Giovani col brano “Lezioni di volo” e riesce ad ottenere il biglietto per il palco dell’Ariston dove si classifica quarto ma portandosi a casa sia il Premio per la Critica che il premio di RTL 102.5 come canzone più gradita dagli spettatori della radio.


Lo scorso 12 marzo è uscito il suo nuovo progetto “Sono io” - prodotto interamente da Riccardo Scirè - in cui Wrongonyou si mette totalmente a nudo e scava dentro di sé riuscendo a raccontarsi senza aver più paura del giudizio altrui. Il titolo dell’album ribadisce perfettamente il concetto e rappresenta l’urlo liberatorio che si grida quando ci si mette davanti allo specchio e si prende consapevolezza di ciò che si è. Proprio per parlare di questo disco e non solo abbiamo intervistato Wrongonyou.


Ciao Marco! Partiamo dal Premio per la Critica di Sanremo, quali sono state le tue emozioni dopo aver ricevuto il premio in mano?

In realtà non mi hanno dato il premio e mi è dispiaciuto moltissimo, me lo hanno consegnato in una busta a causa del Covid. Comunque lì per lì non me ne sono nemmeno reso così conto, l’ho realizzato in un secondo momento quando sono arrivato in albergo e tra l’altro era il premio a cui ambivo di più.


A soli 30 anni hai già fatto tantissime esperienze, dal film “Il Premio” per cui hai realizzato la colonna sonora ai vari festival europei in cui hai suonato, com’è vivere di musica?

Finché me lo fanno fare come lavoro è stupendo, il detto “fai quello che ami e non lavorerai neanche un giorno” è verissimo però al contempo non è un ambiente semplice, bisogna lavorare duramente e devi essere sempre sul pezzo.


Calcare il palco dell’Ariston di Sanremo ti ha permesso di ottenere più visibilità, quanto è cambiata la tua vita nelle ultime settimane?

Prima di Sanremo la gente mi fermava solo nei locali in cui suonavo, ora invece mi ferma chiunque; a quanto pare “Lezioni di volo” piace sia agli adulti che ai più piccoli e sono molto contento di questo, significa che evidentemente sono arrivato a tutti. Ammetto che però non m’interessa essere riconosciuto per strada, per carità è gratificante quando torni da Sanremo non poter camminare nelle strade del proprio paese ma non è il risultato più importante. Per il resto continuo a portare a spasso il cane [ride].


Ormai è da più di un anno che voi artisti non potete esibirvi dal vivo, Sanremo è stato davvero un modo per colmare questa mancanza nonostante l’assenza di pubblico?

Da una parte sì perché è stato bellissimo suonare con l’orchestra che era uno dei miei sogni e vederla a totale mia disposizione è stata un’emozione incredibile. Però l’assenza del pubblico non si notava, l’adrenalina era talmente tanta che non ti rendevi conto di suonare dal vivo ma sono davvero tanto grato per aver cantato sul palco più importante d’Italia.


Lo scorso 12 marzo è uscito il tuo terzo album, “Sono io”, una curiosità mi è venuta guardando la copertina: oltre ad esserci la tua chitarra ed il tuo bassotto che sono due elementi biografici, ho notato che il titolo “Sono io” è scritto in stampatello, volevi ribadire con questo disco chi è Marco o è soltanto questione di estetica?

Avevamo fatto tante prove per il font però questo è quello più cinematografico, volevo qualcosa di segnante ed infatti abbiamo scelto il rosso, e sicuramente lo stampatello ribadisce bene il concetto dell’album per il fatto che è biografico.


Quale pezzo hai scritto per primo del nuovo disco? e come mai?

A livello cronologico il primo brano che ho scritto è “Sono io”, l’ho scritta due anni fa ma non l’avevo pensata per un album biografico, non mi sentivo pronto a mettermi a nudo. Invece la prima canzone che ho scritto consapevole di voler fare questo disco è “Vertigini", che è uscita in cinque minuti ed è una delle canzoni più d’impatto del progetto.


In “Prima che mi perda ancora” c’è una frase che dice: “Tra fare pace col silenzio e fare a botte con me stesso/ Finirò per impazzire”, scrivendo quest’album hai fatto invece pace con te stesso o c’è un altro pezzo di Marco che il pubblico deve ancora scoprire?

Lo dovrei scoprire pure io questo pezzo di Marco [ride] , quella frase per me significa che piuttosto che scervellarsi a capire ci sono battaglie che dobbiamo accettare e comprendere che non vanno combattute perché poi non se ne esce più. Bisogna andare avanti senza stare troppo a rimuginare e senza agire di fretta, infatti ho imparato a contare fino a dieci piuttosto che agire d’impulso.


Per questo progetto hai collaborato con autori come Andrea Bonomo, Alessandro Raina o ancora Davide Simonetta, nomi sempre collegati a canzoni di successo, com’è stato lavorare con loro?

E’ stato davvero bello perché comunque Raina ad esempio viene da un gruppo che ha fatto la storia dell’indie in Italia, gli “Amour Fou”, ma tutti e tre sono riusciti ad adattarsi al mio genere che è più pop, siamo stati in grado di esprimere totalmente la mia dimensione e penso che siano stati contenti di collaborare con me anche perché io preferisco scrivere qualcosa di più profondo piuttosto che cercare di fare la hit commerciale, infatti in passato ho scritto canzoni più leggere e ho capito che non arrivano al pubblico.


Per esempio?

In “Milano parla piano” il primo brano si intitola “Atlante”, l’ho scritto insieme a Raina e a Dardust ed è stata impegnativa però ero in una mia fase di transizione dove non riuscivo bene a mettere a fuoco e mi appoggiavo molto a chi lavorava con me invece di prendermi la responsabilità in mano e di scegliere cosa fare e cosa no, quindi lì si è persa un po’ di magia perché ero proprio assente io, la responsabilità è mia; dunque quel brano è uscito meno “sincero” perché non mi ero applicato al cento per cento, a livello personale poi ero abbastanza incasinato. Lavorare con più maturità, invece, mi ha permesso di essere protagonista della mia musica e nei miei stessi confronti, poi il lockdown mi ha aiutato parecchio sotto questo punto di vista ed infatti il mio obiettivo era quello di fare un disco sincero in cui si notasse non solo la mia crescita artistica ma anche quella personale.


Guardando al futuro di Wrongonyou cosa si vede?

Intanto cercherò un attimo di riprendere fiato perché il post Sanremo non mi permette di riposare fortunatamente e magari successivamente inizierò a scrivere qualcosa.


Ti ringrazio per aver dedicato un po’ del tuo tempo a IndieVision, ma prima di salutarci ti volevo chiedere se sei rimasto in contatto con qualche tuo compagno di viaggio delle nuove proposte di Sanremo.

Sì abbiamo una chat di gruppo ma ho legato soprattutto con Folcast, siamo entrambi vicini a Roma e abbiamo in mente di fare qualcosa assieme. Comunque grazie mille a voi per l’intervista e ci becchiamo presto!!



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