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Una boccata d'aria di nome Studio Murena: ogni tanto nel nostro paese le cose vanno come dovrebbero

Non dico a caso quando parlo di “boccata d’aria”. Rubo un post dei ragazzi del Collettivo HMCF di Bologna, che da tempo si battono per far emergere almeno la punta dell’iceberg dell’underground italiano, di qualunque genere, che sintetizza perfettamente quello che penso: vi prego, meno progetti fotocopia e più cose belle come quella di cui sto per scrivere.



Studio Murena nasce a Milano nel 2018, non sono solito spiattellare nelle mie recensioni i risultati degli artisti di cui sto parlando, tuttavia il sestetto in questi pochi anni ha avuto modo di togliersi delle belle soddisfazioni, dimostrazione che, tutto sommato e soprattutto in certe scene, una buona proposta qualitativa può portare con sé anche dei buoni risultati, incredibile ma vero, anche in Italia. Da lì in poi tre album in studio e una valanga di concerti tra festival e aperture d’autore.


Poco più di un mese fa, è stato pubblicato "WadiruM" (Virgin Music Italia / RDR Mgmt), nuovo lavoro che, come nell’omonima Valle del Sole nel sud della Giordania, vede due elementi, all’apparenza opposti, siano essi roccia e sabbia o jazz e rap, contaminarsi e fondersi per dare alla luce qualcosa di splendido. Il risultato sono 41 minuti in cui i ragazzi giocano tra tonalità, groove, effetti e suoni con svariatissime influenze, lasciando l’ascoltatore spiazzato ma estremamente appagato da tutto quello che sente. A questa base, già di per sé più che interessante, si aggiungono le parole: tante, ma non per questo buttate a caso, e sparate con un flow davvero fresco.



Ad aprire le danze, non in senso lato, è “mirago”: percussioni cadenzate e un ritmo tribale ci collegano a quella che è realmente la prima canzone. La title track “WadiruM” riprende il ritmo della precedente, trainata da un basso che si fermerà praticamente solo a fine album. Big up per il cambio dopo il secondo ritornello: Studio Murena si presenta così a chi ascolta per la prima volta, che non può non restarne affascinato.

"Cade tutto, minimale ma mica reducto Un giorno con noi sono dodici Woodstock"

Protagoniste di “MON AMI”, invece, sono le chitarre: devastante il tema sul ritornello, ma anche sulla strofa. Lorenzo, alla voce, qui tocca picchi di aggressività molto alti, il brano arriva forte e chiaro.

"Dimmi che sbaglio, pagane un altro Portami in alto, Carrero Blanco"

Per il primo cambio di sonorità, ma anche per la prima collaborazione, è il momento di “ORIGAMI”. Il mood rallenta, il groove resta davvero alto, Laila Al Habash si inserisce perfettamente nel ritornello e dà una spinta ancora un pochino più forte a questa canzone d’amore.

"Ho fatto un origami coi tuoi spigoli Fammi vedere come tremi, come scivoli Tu pensavi, ma pensare non ti serve Io ti guardo dentro e vedo guerre perse Qui tremano i muri Basse frequenze io e te"

Restiamo sull’amore, come da titolo: “SULL’AMORE E ALTRE OSCURE QUESTIONI” è il terzo azzeccatissimo singolo. Equilibrio tra amore e violenza, tema baustelliano ma tessuto musicale totalmente diverso, a partire dall’intreccio di chitarre sulla strofa per arrivare alla collaborazione con Ghemon, come Laila immediatamente ambientato nel sound, passando per l’intro-scioglilingua prima del primo verso.

"L’amore, non diresti, ma ti strappa via dal collo Parlar di cicatrici, zì, ci sta pure se in fondo Sei incisa nel profondo che è intorno"

Il sax effettato di Enrico Gabrielli (già, per citarne un paio, Afterhours e Calibro35) a sposarsi con una danza etnica apre un’introduzione da bocca spalancata. “PSYCORE” è una delle canzoni di “WadiruM” che ho preferito, e il delirio finale è uno dei tanti motivi, così come il ritornello accompagnato solo da percussioni tribali.

"La giustizia è cieca C'ha le bende agli occhi Non vede un cazzo Perciò ci fotte tutti"

Dopo il chill di “oasi skit”, che chiude il lato A spaccando in due “WadiruM”, è il momento di “ILLUSIONI E ASTRATTISMI”, in collaborazione col trombettista Paolo Fresu. È proprio quest’ultimo ad introdurre il brano, restando nell’atmosfera del precedente, quantomeno se si parla della prima parte. Seguono una sola strofa ed un ritornello, che lasciano spazio ad un’altra strumentale, come a terminare le due tracce di intermezzo.

"Dammi un rullante Non un defibrillatore"

In “OASI” a farla da padrona è il basso, sul quale un testo meno rap e più cantautorale, a dirla tutta anche uno dei testi migliori, ti arriva in faccia direttissimo, complice anche un arrangiamento molto semplice ed efficace, con l’ingresso della batteria solo dopo un minuto e mezzo.

"Nell'oasi del centro città Ho visto la morte suonare E l'umano seguire la danza"

La miglior prestazione di Carma, alla voce ma anche alla scrittura del testo, è indubbiamente in “SPECCHI”: il nostro non solo si mischia perfettamente alla splendida voce soul di Arya Delgado, ma ne esce prima con un flow diversissimo, e successivamente addirittura chiude il brano con un’uscita spoken, intensissima sia per tematica che interpretazione, tutto davvero ottimo!

"Quanto ci costa fare tutto quello che facciamo senza perderci di vista? Quanto è possibile riuscire a mantenere salda la nostra identità quando tutto intorno frana? Se ho trovato il mio sentiero, è solo grazie a te Solo grazie a voi"

Una strofa e un ritornello anche per “BUTTERBEAN”, che però riporta per immaginario ad un’attitudine più rap, salvo una base da capogiro, soprattutto sul finale.

"Mi piacerebbe un botto fare il tuono di stagione Ma il mio rapper preferito campa in cassa integrazione"

Due generazioni di rap a confronto e un nome gigantesco come Danno (Colle der Fomento) che impreziosisce il tutto con qualche barra (tra cui una citazione alla splendida “Noodles”) sono l’equazione che genera un testo crudo che funziona alla perfezione. Il secondo singolo estratto da “WadiruM”, “MARIONETTE”, merita decisamente più di un ascolto.

"Esperimenti per la nuova Apocalisse A noi ci trovi fra i presenti dello schieramento che resiste"

A chiudere l’album è il primo singolo estratto (curiosissimo che sia collocato qui), al grido metaforico, come dichiarato dalla band, di “Quando la vita ti lascia col culo a terra, l'unica cosa che puoi fare è muovere le gambe”, “CORRI” gioca -e si diverte- con cambi di tempo e dinamica, come a voler effettivamente trasmettere questo senso di movimento e frenesia. Per quanto mi riguarda il risultato c’è tutto.

"Scappa più forte che puoi Corri più forte che puoi Alla morte risponde paura Paura del tempo che corre Scappa dal tempo più forte che puoi"

Una delle innumerevoli qualità di “WadiruM”, aldilà di quelle prettamente esecutive (sia chiaro, tendo nelle mie recensioni a farlo passare in secondo piano, ma stiamo parlando di una band che suona e sa suonare come poche in circolazione), è quella di portare un precisissimo concept sonoro, pur non risultando monotoni, non perdendosi nel virtuosismo e non annoiando chi ascolta. Parte del merito è, indubbiamente, anche del cantato di Carma, per arrivare all’insieme è qualcosa di fantastico: complimenti!



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