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Rino Gaetano e il coraggio intellettuale di un outsider: la storia di Nuntereggae più- Sunday Vision

Era esattamente il 31 maggio di 39 anni fa quando Rino Gaetano fece la sua ultima apparizione in tv, due giorni prima della sua tragica morte in un incidente stradale.

Pur essendo di origini calabresi, Rino ha vissuto gran parte della sua vita nella città eterna, in particolare nella zona di Montesacro, che casualmente è anche il mio quartiere. Chi è di Roma probabilmente ne avrà sentito parlare e magari avrà anche partecipato alla celebre festa in ricordo del cantante il 2 Giugno a piazza Sempione, a pochi passi dalla sua casa. Un appuntamento fisso e un caloroso momento di ritrovo per tutti gli abitanti del quartiere e dei fan del cantautore, ancora dopo 39 anni dalla sua scomparsa. Chissà se anche lui se lo sarebbe mai aspettato.



Rino Gaetano viene considerato uno dei talenti più innovativi della musica italiana degli ultimi decenni, in quanto totalmente in contrasto con la musica cantautoriale del tempo. Personalità molto particolare, anticonformista e umorista già proiettato nel futuro, Rino guardava al mondo con onestà senza paura di esporsi e cantare la realtà che lo circondava. Raccontava l'Italia del tempo, dai braccianti di qualche paesino del sud alla famiglia Agnelli, dai ladri di polli ai ladri di stato, da chi gioca a Sanremo a chi muore al lavoro, dal sale del mare sul corpo di una donna all'amore immaginato, anzi supposto. Storie vere raccontate con leggerezza e ironia, un linguaggio particolare all'epoca che spesso lasciava perplessi; basta pensare all'inglese maccheronico di "I love you Maryanna" o ai giochi di parole utilizzati in " Glu Glu". Utilizzando l'arma della parola e costruendo i paradossi più incredibili, egli raccontava con perfetto realismo il mondo negli anni '80, la natura dell'uomo, la sua vita, l'amore. E lo raccontava ad un mondo che non sempre riusciva a cogliere questa sua bizzarra ironia. Non a caso il successo delle sue canzoni arrivò solo dopo l'uscita di "Mio fratello è figlio unico" -suo secondo album in studio- e la partecipazione a Sanremo con "Gianna".

Il 1978 è un anno molto particolare, in cui Rino fa molto parlare di sè con uno dei suoi brani più controversi e dirompenti di sempre, tanto da sceglierla come titolo del suo quarto album: "Nuntereggae più", un brano che gioca sul dualismo tra il ritmo incalzante della canzone reggae -genere musicale che spopola in quel momento- e l'armonia delle parole. Il titolo della canzone nasce da una frase tipicamente romanesca: "Ahò, nun te reggo più”, che il suo migliore amico Bruno era solito ripetergli, come dichiarato in qualche intervista dallo stesso Rino.

Dal suo cilindro iconico, Gaetano in soli 5 minuti di canzone tira fuori una tra le più significative e irriverenti denunce sociali della storia della musica. Dentro ci sono tutti: dai politici corrotti ai programmi televisivi, passando per spose, stupratori, avvocati, cantautori, partiti politici, facendo nomi e cognomi delle personalità più influenti del tempo, senza paura o distinzioni, dagli Agnelli a Guccini. Racconta dell'Italia del tempo, quella della DC, PCI, PSI, di Andreotti, Craxi, Pertini, dei delitti di mafia come quello di Impastato, del crollo delle borse, dell'Italia che come diceva in quegli anni Pasolini diventa «un paese sempre più stupido e ignorante». Ma la racconta con il sorriso, con la sua sottile ironia e i suoi giochi di parole, sfogandosi in un canto liberatorio. Mette così a segno uno tra i suoi brani più riusciti, facendo esplodere questo senso di stanchezza dei "falsi miti" della società anche tra i suoi ascoltatori. E' un brano di denuncia sociale estremamente disilluso, così come si evince nel finale in cui tutto finisce con la consapevolezza che il suo grido finirà inascoltato, com'è tipico delle cose importanti in Italia, (“Ma chi me sente? e allora amore mio che bella sei”), così come egli stesso commentò:

<<È uno sfottò come un altro per dire: "Vabbè, visto che vi ho detto ste cose, visto che tanto la canzone non fa testo politico, non è un comizio, il cantautore non è Berlinguer né Pannella, allora a questo punto hanno ragione quelli che fanno solo canzoni d'amore">>

Il brano non è l'unico di stampo politico che il cantautore scrive in quegli anni, basta pensare a "Fabbricando case" dello stesso album o a "Berta Filava", canzone apparentemente semplice e innocua che in realtà parlava del famoso compromesso storico tra Aldo Moro (colui che "filava la lana") ed Enrico Berlinguer ("il santo che andava sul rogo").

Come prevedibile la canzone ottenne parecchie critiche, tanto che la sua casa discografica lo indusse a portare Gianna, brano meno attivo politicamente, al festival di Sanremo, contro la volontà dell'autore, il quale decise comunque di presentarsi con frac, cilindro e ukulele, rompendo in soli 4 minuti le regole di una manifestazione musicale rigida e obsoleta.

Nonostante tutte le controversie l’album spopolò nelle principali classifiche musicali e ci rimase per ben tre mesi. Rino mise in gioco la sua carriera artistica per sostenere quello che riteneva giusto, vincendo la scommessa.

A più di quarant'anni dall'uscita di questa canzone è sorprendente e decisamente amaro scoprirne l’attualità. In fin dei conti basta sostituire qualche nome di quelli citati da Rino con qualcuno di più attuale per scoprire come in realtà non sia cambiato poi così tanto. Non solo, ma fa anche strano pensare che le sue canzoni, che non sono mai state politiche, adesso vengano usate in molte manifestazioni elettorali, così come la famiglia dell'artista ha più volte denunciato.

Ad oggi, è comunque raro trovare un Rino Gaetano che ci racconti l'Italia di adesso, dei vizi e difetti degli italiani, senza paura di esporsi e viene sempre meno la voglia di denunciare alcuni sistemi corrotti tutt'ora in voga. Concludiamo con una constatazione poco ottimista lasciandovi ancora una volta alle parole di Pasolini:

"Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia" (Pier Paolo Pasolini)


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