Una buona dose di polemica costruttiva, è quello che ho pensato al primo ascolto di Praino, giovane artista che, attraverso un rock ruvido e sanguigno, ridefinisce i contorni di quest'epoca che stiamo vivendo: veloce, dura, liquida.
Non a caso il suo progetto si intitola "Questi anni", che comprende due EP: "Mostre, civette", uscito il 3 dicembre 2021, e "Rocamboleschi finali", fuori quasi un anno dopo. Il cantautore calabrese, di base a Bologna, sa bene come arrivare al grande pubblico, unendo in maniera tutt'altro che scontata un rock sporco ad un cantautorato dal sapore retrò ma allo stesso tempo attuale, forte come un pugno nello stomaco. Parole dure, collaborazioni illustri, questo e tanto altro nell'intervista di seguito: buona lettura!
Come nasce la tua passione per la musica?
Suono la batteria fin da piccolo, con il tempo ho iniziato a scrivere e ho approcciato la chitarra da autodidatta così come il basso.
I miei genitori hanno sempre favorito i processi artistici in casa.
Quanto è stata importante la passione per la batteria nella tua crescita musicale?
Fondamentale, senza approcciare la batteria non avrei mai scoperto il mondo della musica in primis, e non avrei sviluppato quel modo di pensare e lavorare tipico dei batteristi.
Quali sono i tuoi riferimenti musicali?
Ascolto molto post rock e cantautorato contaminato, sono aperto al bello e a ciò che riesce ad entrarmi dentro, sono cresciuto ascoltando molto cantautorato, rock alternativo, dub ed elettronica.
Come nasce il tuo doppio progetto: Ovvero l’EP “Mostri, civette”, e “Rocamboleschi Finali”, e come mai la scelta di questi nomi?
I due Ep fanno parte di un progetto al quale ho dato il nome di “Questi anni”, volevo trattare dei temi che avessero come focus la vita che stiamo conducendo, come la stiamo conducendo e soprattutto dove potrebbe portarci. Ho deciso di dividere in due il disco perché sono due anime ben distinte ma che provengono dallo stesso desiderio, dalla stessa esigenza, di ragionare sulla necessità di cambiare modo di essere umani.
Com’è stato lavorare con artisti come Giorgio Canali e Gian Maria Accusani dei Prozac+, per la creazione di questi progetti?
Lavorare con tutti gli ospiti che hanno lavorato ai feat. è stato molto stimolante.
Con Giorgio ancora di più, lo seguivo ed ammiravo da sempre, essendo cresciuto con i C.S.I., lavorare con lui alla produzione è stato un momento che non dimenticherò. Con Gian Maria abbiamo lavorato al pezzo da remoto causa impegni, ma ci siamo sempre confrontati e anche lui è una persona che stimo tanto. Miglio e Ruben invece sono passati a trovarci in studio, persone rare ed estremamente preziose.
Per entrambi i progetti hai pensato tu a scrivere le parole, da cosa prendi l’ispirazione per la scrittura?
Io scrivo da sempre partendo dall’interrogarmi, ponendomi delle domane su grandi temi e soprattutto su quello che osservo fuori da me ogni giorno, mi lascio molto ispirare dai luoghi che visito\frequento e dalle persone che incontro, dalle loro store, le faccio mie e le rivivo attraverso le parole.
Scrivo molto della società e del suo incessante movimento autodistruttivo, soffro e non poco nell’interiorizzare che scrivo di temi che mi fanno vivere male.
Tra i brani del tuo ultimo lavoro, c’è “Giovani oggi”, pezzo molto forte. Utilizzo una frase di questo pezzo per la prossima domanda: Secondo te, al giorno d’oggi: quanto ci costa rimanere fermi?
Ci costa tutto. Essere giovani oggi è vivere nell’incertezza assoluta, ed è diverso dai tempi passati, oggi lo stato di incertezza è indotto dalla società che ci fagocita e ci usa, per essere giovani oggi ci vuole molto coraggio.
Nell’EP ci sono molti featuring, come per esempio quello con Miglio, secondo me azzeccatissimo perché le vostre voci si mescolano in una maniera molto delicata, nonostante il titolo e gli argomenti “duri” del pezzo. Ci sono altre persone con la quale vorresti cantare un pezzo insieme?
Molte, fra tutti Vasco Brondi, ma la cosa che vorrei ora è suonare la batteria in una band che sperimenta e spazia fra tanti generi, qualcosa bolle in pentola, vedremo.
Il pezzo che chiude l’EP, “Elena”, è un pezzo molto forte, puoi dirci qualcosa di più?
Racconto di Elena, conosciuta durante il lavoro da guardia giurata nei supermercati in pieno covid, una donna come tante che ha deciso di chiudere con questa vita, per la società era una invisibile, da quando ho conosciuto la sua storia penso spesso a quanto siamo disposti a sacrificare pur di non sentirci parte dello schifo che ci opprime.
Impegni live? Dove potremo venirti ad ascoltare quest’anno?
Faremo un altro tour appena chiuderò dei lavori in studio, in primavera inoltrata, non vedo l’ora.
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