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"Paesaggio dopo la battaglia": la prima volta di Vasco Brondi - Recensione

di Davide Vagnarelli


È come una prima volta per il cantautore ferrarese che firma questo nuovo album “spogliandosi” delle Luci della Centrale Elettrica. Un lavoro che già dalla copertina ha una potente forza narrativa. La copertina dell’album appunto è una foto dell’emiliano Luigi Ghirri famoso in ambito musicale per le foto a Lucio Dalla e per la copertina di “Epica Etica Etnica Pathos” dei CCCP. La foto ritrae una vecchia panda che percorre una strada di campagna lasciandosi alle spalle un temporale. Un’allegoria della rinascita, di speranza e metafora di un’Italia che resiste.


Andando al disco, questo è prodotto da un mostro sacro: Taketo Gohara e da Federico Dragogna che aveva già collaborato con Brondi nei lavori precedenti delle “Luci”. Inoltre non si può non far notare che nelle dieci tracce del disco l’orchestra di archi e fiati presente è diretta da uno dei musicisti migliori del panorama italiano: Enrico Gabrielli.


Gli ingredienti per un disco ambizioso ci sono tutti e Vasco Brondi non tradisce le attese. Infatti ritroviamo un’autentica intimità del cantautore mescolata con una interessantissima potenza narrativa. La cifra stilistica e soprattutto autorale del ferrarese è ben riconoscibile e nell’album ritroviamo il corpo e l’anima, lo spirito e la materia in ogni singolo secondo di musica.

Il disco si apre con “26000 giorni”, una canzone sulla provvisorietà dell’uomo. Questi giorni che sembrano pochi letti così ma non sono altro che i giorni che vive in media la popolazione mondiale. E proprio per questo “siamo qui per rivelarci, non per nasconderci.”


La seconda traccia che è uno dei due singoli che hanno anticipato l’album, si intitola “Ci abbracciamo”. Anche questo è un pezzo sul “non sprecare il tempo”, questo concetto è rafforzato da una ritmica ed una musicalità incalzante. Una poesia in musica tipica del cantautore e impreziosita dalla citazione di Sant’Agostino, “Amate e fate quello che volete”.

Con “Città aperta” si percepisce il romanticismo figlio della scuola alta de cantautorato italiano. Ma è un romanticismo maturo che si stacca dal Vasco Brondi degli inizi. “Ci sarò sempre per te, attraverso le ere cosmiche, da una vita all'altra infrangendo leggi fisiche" è la frase che chiude il pezzo e ne è anche il manifesto.


Nel pezzo che fa da title track al disco Vasco Brondi ci descrive il nostro paese attraverso i suoi occhi “nel paesaggio dopo la battaglia.” Nell’arrangiamento e nella scrittura possiamo trovare similitudine con il De Gregori di “Viva l’Italia”.


“Mezza Nuda” è un brano malinconico ma in accezione positiva. Qui Brondi fa riaffiorare i suoi ricordi senza disperarsi. In questo pezzo si vede “l’ascetismo” del ferrarese che viene riportato in musica, “non confondere le nostre brevi vite con l'eternità.” Trova spazio anche un inno dedicato all’Adriatico che evidentemente l'Emiliano conosce bene e in cui ritroviamo anche un’ironia nuova.



Passiamo ora alla canzone che possiamo definire più complessa del disco: “Chitarra Nera”. Questo pezzo fatto uscire da Brondi come primo singolo ha sbalordito tutti perché è tutt'altro che un singolo. Di questo pezzo c'è anche un video con Elio Germano come protagonista e Daniele Vicari alla regia. Altro elemento che fa capire quanto Vasco Brondi sia legato al brano. Il pezzo ha echi ambient ed elettronici e pochissimi virtuosismi. Al contrario è molto concreto ed è percepibile che l’autore voglia far risaltare il testo. Un testo complesso che sembra parlare ad un “Io” (quello del cantautore) più vecchio e che lo sprona ad andare avanti oppure dedicato a qualcuno con cui Brondi ha avuto un rapporto più che intimo quasi viscerale. Brondi in un podcast di Tlon definisce il pezzo come un talismano che assorbe i propri dissidi interni. In questo brano vengono stravolti i canoni metrici per far spazio all’animo umano. Il disco si chiude con “il sentiero degli dei” pezzo che si può definire pop e molto alla Federico Cherubini, amico del cantautore.


Nella sua “nuova vita” Brondi non ha paura di interpretare se stesso. Riesce a raccontare l’animo umano, i sentimenti e le paure. Con scelte stilistiche a tratti coraggiosi e con arrangiamenti calzanti, raffinati e precisi. Buona la prima per il ferrarese.



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