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Con "S.E.N.T.I." lvca ha trovato un interruttore per reagire al presente - Intervista

A due anni dall'esordio con "Metto Amore Tolgo Illusione" (M.A.T.I.), torna sulle scene Luca Rebellato, in arte lvca, con l'uscita oggi 30 aprile del suo secondo EP "Senza Elettricità Non Trovo l'Interruttore" (S.E.N.T.I.).



La produzione, in uscita per l'etichetta discografica "Giada Mesi", fondata a Milano da Dargen D'Amico e Frankie Gaudesi, si distingue nuovamente per la ricerca di un sound sempre più innovativo e originale che, unito alla poetica umoristica del giovane e ad una scrittura ricca di immagini, riesce nella creazione di un prodotto efficace, in grado di farsi spazio in un panorama musicale sempre più ricco.


In "S.E.N.T.I.", così come lo era stato anche per "M.A.T.I.", lvca ha potuto contare anche sulla collaborazione dell'amico e beatmaker Nicola Cerantola, in arte ilovenikobrens, per cui nel 2016 aveva deciso di lasciare l'etichetta indipendente Ak47 e dar vita ad un nuovo progetto, concretizzatosi poi nell'uscita dell'album "Donnarumma".


Nel suo ultimo EP, rap, indie e cantautorato si mescolano sapientemente a suoni campionati, tastiere e batterie, in un collage unico e personale che ci permette di conoscere al meglio il giovane cantautore.


Ciao Luca! Benvenuto su IndieVision. Oggi a due anni dal tuo esordio con "M.A.T.I." possiamo tornare ad ascoltarti grazie all'uscita del nuovo EP "S.E.N.T.I.". Il tuo stile si è sempre mostrato come unico, con giochi di parole frequenti e una produzione musicale che attinge a generi anche molto diversi tra loro, come rap e cantautorato. Com'è nato questo secondo album? E cosa significa di preciso "S.E.N.T.I.", acronimo di “Senza Elettricità Non Trovo l'Interruttore”?


Ciao ragazzi, è un vero piacere. Questo EP, come il precedente e come tutti i progetti che verranno, nasce dalla testa e dalla penna di una persona normale che però possiede l'obiettivo di esprimere e raccontare ciò che è in linguaggio musicale. Mi piace dare titoli lunghi, leggere libri lunghi, parlare con frasi lunghe, e l'acronimo è l'unico strumento che la lingua italiana mette a disposizione a quelli come me. La prima volta usai M.A.T.I (Metto Amore, Tolgo l'Illusione), questa volta, invece, S.E.N.T.I (Senza Elettricità Non Trovo l'Interruttore). S.E.N.T.I, perché nasce successivamente dal superamento di periodo molto oscuro, in cui ho capito che per essere luce bisogna essere in possesso di un dispositivo con cui accenderla, la luce. E alla fine l'ho accesa.


In "Precipitevolissimevolmente" accenni alla tua infanzia e i problemi "nel confondere le lettere". Eppure ora la maniera con cui le lavori, le assonanze e le paronomasie frequenti nei tuoi testi, sono il tuo tratto distintivo, un vero e proprio punto di forza non indifferente. Com'è iniziato il tuo percorso?


Il mio percorso è iniziato un po' per caso in realtà. Frequentavo quella che era la scena Hip-Hop del mio piccolo grande paesino, estasiato dalla situazione e dalla realtà che riusciva a creare in quei giovani ragazzi che si trovavano tutti i pomeriggi tra breaker, grafittari e rappusi. Con un mio caro amico ho iniziato ad immergermi, sia nella cultura e sia nella musica Hip-Hop. Vivevamo pensando di essere negli anni '90 (incredibile se ci penso ora). Fino a che un giorno si comprò un microfono (il C1U USB). Attaccammo il mic al portatile e provammo come degli idioti a cantare canzoni di altri, anche se tutto ciò ci piaceva tantissimo (soprattutto a me). Ora questo caro amico non ha più continuato come il sottoscritto ma è il motivo se sto scrivendo queste righe a voi di IndieVision. Ciao Anasse! (Il nome del mio caro amico).


"Forse è per questo che ho paura di più di un telegiornale che di un temporale". Sempre in "Precivitevolissimevolmente" troviamo questa frase, per cui ti chiedo: in un periodo storico così delicato, tra attualità e cronaca portavoci di notizie tutt'altro che belle o rassicuranti, come sopravvivi alla quotidianità?


In questo momento sto cercando di laurearmi (frase che dico più spesso durante il giorno). Per cui nella quotidianità studio, frequentando una piccola sala adibita, sono fortunato se ci penso perché almeno quelle quattro-cinque persone al giorno riesco a vederle e relazionarmici. Però durante la prima quarantena, soprattutto il primo mese è stata molto dura, soprattutto per la confusione generale che generavano i media.


"Nella mia testa" è uno dei brani più delicati presenti, nonostante il finale dolce amaro con il quale realizziamo che no, non si tratta di una relazione concretizzata (o reale in quel momento), ma insomma, accade tutto dentro di te. A differenza di altri brani che trattano argomenti simili, però, "Nella mia testa" racconta una storia senza privarsi di autoironia e leggerezza. È il tuo modo di approcciarti alle dinamiche più romantiche anche nella vita di tutti i giorni?


Diciamo che pressoché tutto accade dentro la nostra testa, e se una cosa succede là dentro, comunque succede. La Canzone è anche un invito a realizzare l'immaginazione e le situazioni che viviamo dentro noi, grazie alla fantasia, ai sogni e al nostro fantasticare.


"La realtà è che siamo solo una civiltà in una città che ha troppa velocità". Ne "La città" viene fuori con forza, anche grazie alla ritmica veloce e incalzante dell’intero brano, il concetto di città come persona, come io interiore, ma anche come spazio fisico in grado di inghiottire e "starti stretto". Qual è il tuo rapporto con la tua città d’origine?


Ho un rapporto ambivalente di amore ed odio. La frase che sento dire di più soprattutto dai ragazzi della mia età è: "In un paese così piccolo è impossibile realizzarsi". Nell'ultimo periodo ho notato una crescente migrazione verso altri posti molto più popolati, preferiti forse dalla spinta di questi a farsi notare. Ciò, non ti sto a nascondere, che mi ha fatto pensare. Io amo la mia città e amo quello che puoi crearci. Non la abbandonerei mai spinto da un volere egocentrico di affermarmi in qualcosa. Ma se lo facessi, rimarrebbe sempre con me.


Con "lvca non esiste" hai anticipato l'uscita di questo EP. È il testo che mi ha colpito di più, perché è come se parlassi a te stesso osservandoti dall'esterno, come se non ti conoscessi davvero e avessi bisogno di capire chi hai davanti. Ad oggi, pensi che la musica ti abbia aiutato a scoprire lati di te che magari in passato ignoravi? Chi sente di essere lvca?


Bravissima, hai colto il messaggio. Diciamo che volevo scrivere una canzone dal punto di vista di una persona che mi conosce molto bene e non solo dal mio punto di vista che in alcuni casi, risulta limitativo. Oggi sento di essere una persona migliore dopo tutto, capace di raccontarsi sempre meglio, capace di crescere e maturare tenendo dentro se tutte le esperienze accumulate durante l'infanzia e l'adolescenza.


Passando all'aspetto strumentale, con "Lavatrice" ho notato i cambiamenti più evidenti rispetto a "M.A.T.I.". L’inserimento dell'organo e del Fender Rhodes, ad esempio, unito ai sintetizzatori, ha creato un'atmosfera molto particolare, lontana dalla predominanza di chitarre tipiche dell'indie-pop com'era stato nel tuo precedente lavoro. Anche la vena più rap presente in "Nella mia città" o le barre di "Ti bacio", contribuiscono ad entrare nell’ottica di un nuovo lvca, ancora più unico e iconico del precedente. Da quando collabori con ilovenikobrens, come si sviluppa il processo creativo dei brani?


Collaboro con Nicola da quando abbiamo iniziato a fregarcene degli ipotetici immaginari da abbracciare, musicalmente parlando, per iniziare un NOSTRO progetto. E con nostro, intendo dire di tutti, di tutti quelli che conosciamo, più precisamente. Acquisite le esperienze necessarie notammo come le canzoni venivano fuori da sole, ieri come oggi. Il processo creativo nasce letteralmente da qualsiasi cosa, almeno per me. Scrivo e suono quello che ho in testa.


Ora sicuramente ti godrai l'uscita del nuovo EP, ma per il resto hai già programmi per il futuro? C’è un palco in particolare sul quale ti piacerebbe esibirti?


Ecco sì vorrei tornare a suonare dal vivo. E no, non c’è un palco in cui mi piacerebbe suonare, diciamo che suonerei anche in piazza davanti a 3 amici se fosse possibile.



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