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L'ultimo album dei The Zen Circus è una casa accogliente per l'anima- Recensione

A due anni da loro ultimo EP “Il fuoco in una stanza” i The Zen Circus tornano nelle nostre cuffie con il loro album L’ultima casa accogliente”. Nove tracce tutte da ascoltare anticipate dai primi tre singoli “Appesi alla luna”, “Catrame” e “Come se provassi amore” in tutte le radio dal 13 novembre.

La band pisana definisce il corpo come l’ultima casa accogliente:

Il nostro corpo è l’ultima casa accogliente, l’unica navicella spaziale in grado di farci viaggiare attraverso l’universo dell’esistente. Un corpo trasparente, visibile e vulnerabile che celebriamo con nove canzoni fatte di testa, cuore e polmoni. Case che possono essere sia rifugi che prigioni, circondate da tante altre e tutte diverse, a formare questa enorme metropoli chiamata umanità. Più suonato che pensato, più bene di conforto che prodotto, questo disco è musicalmente il più libero che abbiamo mai fatto.

Oltre a essere il disco “musicalmente più libero” che abbiano inciso è anche stato scritto con la testa e col cuore accompagnato da un’armonia dolce e riflessiva allo stesso tempo.

Partiamo dal primo brano “Catrame” che si ricollega all’ultimo EP “Il fuoco in una stanza” e, come dicono a Rolling Stone, “ripartiamo da dove avevamo lasciato per intraprendere un viaggio diverso che ci condurrà altrove”. Passiamo poi a Appesi alla luna”, di cui è uscito anche il videclip lo scorso 5 ottobre che è stata ispirata da un viaggio a Lisbona dopo Sanremo “ah guarda quanta gente, perché mai dovresti essere tu importante?” in cui Appino racconta di essersi sentito molto solo.

Poi, la prima canzone nata in tempi di Covid “Come se provassi amore” che parla di come sia diverso pensare di dare amore ed essere realmente innamorati. Saltiamo poi a “2050” che è il racconto di un futuro in cui “il Paese festeggia il giorno in cui hanno proclamato gli stati uniti del mondo” dopo una catastrofe. Non vuole essere un brano moralista, vuole semplicemente raccontare a che punto è arrivata l’umanità. Un mondo in cui “abbiamo fatto tutto, abbiamo fatto niente” e in cui tutti, compresi loro stessi, siamo invitati a riflettere sui nostri comportamenti. Infine, per concludere, “L’ultima casa accogliente”, la track title dell’album, non a caso il pezzo finale. È una canzone d’amore, un incontro di corpi. Il corpo, l’unica casa in grado di accoglierci.

Mi piace pensare a questo album come a una raccolta di racconti legati da uno stesso fil rouge che segnano la costante crescita di un gruppo che, al suo undicesimo disco, è ancora in grado di mettersi in gioco sperimentando musiche ed emozioni nuove. Un vero e proprio viaggio introspettivo che riesce a fare emergere le emozioni più intime legate all’esplorazione dei sentimenti e che tratta, inoltre, temi sociali e attuali senza mai giudicare.


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