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Kalpa, l'alternative lo-fi e l'importanza dell'autenticità nella musica - Intervista

Nel vasto panorama della musica emergente, ogni tanto emerge un artista che riesce a catturare l'attenzione non solo con la sua musica, ma anche con il suo nome intrigante e la sua storia personale. È il caso di Kalpa, nome d'arte di Angelo Mallardo, un giovane talento nato a Trieste nel 2001. Dopo aver trascorso anni nel mondo della musica, sia come membro di band giovanili che come solista, Kalpa ha iniziato a distinguersi nel 2020 con l'uscita dei suoi primi brani, totalmente auto-prodotti e alla sua partecipazione ad X-Factor 2021 raggiungendo la fase dei Bootcamp.


La musica di Kalpa è un accattivante mix di melodie alternative lo-fi, paesaggi sonori ambient-elettronici, chitarre anni '90 e synth profondamente nostalgici. Questa vastità di ispirazioni si manifesta nel suo primo album "Manuale del Piccolo Ingrato" uscito lo scorso 8 marzo e in particolare nel singolo che lo ha preceduto, "Verde Salvia", un brano emotivo e autentico che esplora il tema dell'amore in modo sincero e universale. In questo modo, Kalpa si conferma non solo come un talentuoso musicista, ma anche come un promettente narratore di emozioni.



Ciao Angelo e benvenuto su IndieVision! Come nasce Kalpa? Inteso sia come tuo personaggio artistico che di conseguenza nome d’arte.

Kalpa era il nome di un gruppo che fondai insieme ad altri tre ragazzi al liceo, e il nome fu scelto pescando da una sorta di mini vocabolario di parole intraducibili in altre lingue (“kalpa” è un periodo di tempo lunghissimo in sanscrito, oltre che un’unità di misura buddhista). Il significato ci sembrò abbastanza onirico da poter essere usato come nome di una band, e così lo scegliemmo senza chiederci veramente cosa volesse dire, con la tipica incoscienza e sfacciataggine che un sedicenne può avere. Com’è evidente quel progetto non andò a buon fine, ma ormai mi ero affezionato al nome e una volta sciolto il gruppo decisi di tenermelo buono.

 

Quando e dove arriva l’ispirazione musicale?

Dalle cose più disparate: può essere un suono, un tema, uno strumento, una certa estetica. Di solito arriva nei momenti meno opportuni, tipo sul lavoro o quando sto cercando di addormentarmi (la mia ampia collezione di memo vocali inutilizzate lo testimonia)

 

Qual è la musica che ti ha formato e quali sono invece i tuoi ascolti di oggi?

Da bambino ero affascinatissimo da Michael Jackson, mentre alle medie iniziai ad approcciare la musica elettronica, a partire dai Daft Punk: loro sono stati quelli per cui per la prima volta mi sono andato a documentare sulla discografia di un artista. Poi, come spesso accade durante l’adolescenza, mi feci prendere completamente da tutto ciò che venisse definito alternative: dai Radiohead a Bon Iver, dai Crystal Castles ai Gorillaz. Oggi vado pazzo per i The 1975, i Big Thief e i The National, mentre in Italia apprezzo moltissimo Ginevra, Vipra e i Thru Collected.

 

Un singolo contenuto nel tuo primo album è "Verde Salvia", un pezzo davvero emotivo e struggente: posso chiederti in che momento particolare è venuto fuori?

"Verde Salvia" è venuta fuori in maniera molto organica: volevo scrivere un brano che dal punto di vista sonoro rendesse omaggio a quei grandi classici “da stadio” un po’ kitsch alla “Iris” dei Goo Goo Dolls, e che allo stesso tempo fosse molto sincero nella scrittura. È stata anche la prima volta in cui ho provato a scrivere una canzone d’amore, che per me è sempre stata una sfida in quanto è un tema estremamente personale che rischia sempre di sembrare troppo costruito: per questo ho cercato di creare un qualcosa che potesse essere quanto più universale e autentico possibile.


Un elemento apparentemente insignificante può nascondere un significato profondissimo dei ricordi di qualcuno: è questo il senso del "Verde salvia"?

È una bellissima intepretazione! Di base la frase “Creeremo un colore più bello del verse salvia” rappresenta quella sensazione di riuscire a fare l’impossibile insieme a “quella persona”. Ma il verde salvia di per sé in questo caso è più un macguffin (espediente narrativo, ndr) e può essere qualsiasi cosa che rievochi un elemento associabile alle cose e alle persone che si amano.


Passiamo al lato visivo del tuo nuovo brano, da dove prende forma il videoclip?

Il videoclip di "Verde Salvia" è il modo più diretto che avevo di rappresentare con immagini l’estetica della canzone: è come quando ritrovi quella vecchia VHS in cui ci sono tutti i vecchi video di quando eri bambin* e ti fermi a riguardarli per ore senza riuscire a staccare lo sguardo, nella speranza di cogliere ogni piccolo movimento.


Per salutarci pensiamo al futuro, ci sono live e progetti in programma?

Uscirà tra non molto un disco di cui fanno parte tutti i singoli che sono usciti finora unitamente ad altri brani su cui ho lavorato da due anni a questa parte, e sto lavorando per farlo uscire nella maniera più dignitosa possibile. È un disco molto “suonabile”, quindi sicuramente verrà accompagnato da un tour e cercherò di portarlo live in più posti possibile.

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