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"Cronaca nera e musica leggera": il nuovo EP dei Ministri - Recensione

Non c'è bisogno di presentazioni per una band come i Ministri.


A distanza di 3 anni dall'uscita di "Fidatevi", l'ultimo album in studio prodotto dalla band e caratterizzato non più dalla forte solitudine e lotta interiore degli album precedenti ma da una forza nuova, la spinta a capire e capirsi (fidarsi per l'appunto), i Ministri tornano con l'EP "Cronaca nera e musica leggera", in uscita oggi 14 maggio per Woodworm/Universal.


Dopo mesi di video e meme su quella "Musica leggerissima" cantata da Colapesce e Dimartino sul palco del 71esimo Festival di Sanremo, ritrovare un'espressione simile anche nel prodotto della band milanese formata da Davide "Divi" Autelitano, Federico Dragogna e Michele Esposito, fa sorridere; per citare i loro stessi di qualche annetto fa:

"Veramente vivo in tempi bui e non ho nulla di cui preoccuparmi, perché sono diventato buio anch'io ma di notte sono uguale agli altri." (da Tempi bui)

...una frase che ancora oggi, a 12 anni dall'uscita dell'omonimo album, suona tremendamente attuale, e di musica solo in apparenza leggera, o leggerissima che si voglia, ne abbiamo sempre più bisogno. La sensazione di vuoto e rabbia in cui trascina il singolo "Peggio di niente", uscito il 16 aprile e scelto per anticipare l'EP, mette ben in evidenza l'obiettivo che la band si è prefissata con questo nuovo capitolo artistico: energia, rock e cantabilità sì, ma banalità (o leggerezza) mai. La cornice entro cui spazia il singolo è, naturalmente, quella di questo lockdown. Si alternano momenti di vita rubata, ad esempio nella seconda strofa:

"Avevo grandi presagi, avevo grandi progetti e un'idea di vendetta. Avevo il fumo negli occhi, i polmoni aperti avevo fretta." (da Peggio di niente)

o nel ritornello "E poi improvvisamente ho visto Nina volare, ho visto Nina cadere e non ho visto più niente", con citazione al celebre brano di Fabrizio De Andrè e la piccola Nina in altalena, un'immediata immagine di questi lunghi mesi strappati all'infanzia di milioni di bambini. E se da una parte troviamo l'attenzione alla tenera età, è immancabile nel finale una breve, quanto efficace, analisi politico-sociale di quel che stiamo vivendo (o meglio dire, subendo) a causa di quanti, persino in un momento di tale sconforto, perplessità e perdizione per chiunque, non hanno perso occasione per seminare odio e paura.

"E poi improvvisamente ho visto gente bestiale calpestare altra gente ed era peggio di niente" (da Peggio di niente)

Qui entra in gioco l'unicità del video ufficiale seguito al brano, diretto da Marco Pellegrino, con fotografia di Stefano Bella e produzione di Overlock Srl: ripercorrendo vari classici della cinematografia italiana, come "Miseria e nobiltà" o "La grande abbuffata", mettono in scena un quadro disturbante e degradante della crisi odierna, attraverso immagini quasi animalesche, con gli abiti, curati da Nicolò Cerioni, unici come le divise a cui eravamo abituati ma questa volta di color bianco neve e rigorosamente imbrattati di sangue, in una sorta di allegoria tra le innocenti vittime di questa vita e una classe "mostro" pronta a sovrastare tutti senza alcun rimorso.

E a proposito di neve (spoiler) sul finale del video ecco una piccolo easter egg che ben si sposa con tutto questo contesto: un coniglio bianco in mezzo al caos. Vi dice nulla il brano "E sono fatto di neve", tratto da "Cultura generale" (2015)?

"Volevi un mondo più bianco e adesso è in mano ai conigli." (da E sono fatto di neve)

Come al solito, il realismo dissacrante a cui la band ci ha abituati in questi ormai oltre 15 anni di attività, trova riscontro in una realtà che, almeno per ora, continua a non dare alcun barlume di speranza. E le politiche attuate, insieme alle dichiarazioni di alcuni personaggi tristemente di spicco, in parte ne sono la maggiore causa.

Ma proseguendo con l'ascolto dell'EP, troviamo "Bagnini"; la dicotomia insita nel lungo elenco di luoghi e persone ("case popolari, casi impopolari", "alcuni vivono come gli animali, altri vivono con degli animali", "amici veri, amici immaginari") anticipa nella seconda parte del pezzo una strofa che accosta situazioni familiari ma messe in contrapposizione con eventi così spiacevoli e non ordinari da rendere subito chiaro il nodo centrale del pezzo: precarietà ed incertezza. E in un mondo così in balia degli opposti, di dimenticanza di sé, cosa resta se non proprio "pagare e pesare di meno" come "uniche regole da ricordare"?


"Il mio quartiere, le multinazionali lavori veri, lavori immaginari il bar in piazza con fuori i militari; [...] notizie false, regolamentari la mia coerenza sdraiata sui binari." (da Bagnini)

A seguire, subito l’attacco di "Inferno", con un tranquillizzante "non ha senso" di apertura come manifesto, portavoce, con molta probabilità, di tutti noi ascoltatori abituali e non. L’intero testo sembra lo sfogo disperato di migliaia di noi, attraverso spicchi di una monotona quotidianità alienante (“Forse era meglio se restavo a letto, [...] e più passa il tempo e meno resterò in contatto.”) alla consapevolezza di quanto inutili, immobili pedine ci siamo ritrovati ad essere in balia degli eventi.


"Adesso restiamo in ordine sparso ad aspettare in silenzio che arrivi un segno dall'alto." (da Inferno)

Per paradosso, è il brano che ho amato di più ma anche quello su cui mi soffermerei di meno: ci sono così tanti spunti che ognuno di noi potrebbe far propri, da non voler rischiare di incorrere in alcun effetto sorpresa turbato dalle mie parole. Semplicemente, prendete e ascoltatene tutti.



A concludere il quartetto, troviamo il brano omonimo dell'EP "Cronaca nera e musica leggera". Musicalmente parlando, è il più cattivo e autenticamente rock dei quattro, a cui non poteva che seguire un testo ricco di negazioni, probabilmente rivolte all’autore: non fare, non dire, non puoi... e infine l'esplosione “ma è così difficile finire un solo discorso? è quasi impossibile pensare se mi state tutti attorno!”. È qui che culmina parte della confusione e crisi di saperi di cui aveva parlato proprio la band. Ed è proprio in onore di un sapere superiore e illustre, che troviamo un’altra peculiarità di questo progetto proprio nella cover dell’EP: una grafica in omaggio alle collane di Einaudi illustrate da uno dei primi designer italiani, Bruno Munari, come simbolo di un'infanzia caratterizzata dai saggi della nota casa editrice in cui rifugiarsi.


Questi quattro brani, insomma, ci aprono ad un volto del tutto nuovo della band: schiacciati dal peso di una situazione più grande di noi, e che ci costringe ad un immobilismo alla lunga anche mentale (e dunque nocivo), i Ministri hanno trovato un modo di trasformare tutta l’energia accumulata in versi, cercando di farsi spazio tra i pensieri più negativi e confusi alla ricerca di un impulso, una spinta per rimettersi in piedi.



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