ARTICOLO EDITORIALE, l’opinione dell’autore non riflette necessariamente quella degli altri membri della redazione.
Cesare Cremonini ha pubblicato poco fa tra i suoi video IGTV una chiacchierata/intervista con Paolo Mieli – storico, giornalista e scrittore italiano – riflettendo con lui della situazione particolare che stiamo vivendo globalmente in un modo molto maturo e costruttivo: si è parlato di come la reale fine del novecento potrebbe essere sancita proprio da questa epidemia, della liceità del paragone virus-guerra, della miopia umana nel non aver saputo studiare per tempo una prevenzione adeguata a questo tipo di rischi e tanti altri spunti di riflessione degni di essere affrontati.
Cremonini, dopo il precedente video confronto con il medico divulgatore Roberto Burioni, si dimostra ancora una volta un artista molto attento a diffondere cultura a 360 gradi, non solo musicalmente. Cesare ha infatti dato mostra di una lucidità e maturità nell’affrontare il tema coronavirus superiori a quelle di molta della stampa odierna, troppo spesso occupata a rilanciare allarmismi inutili e deleteri, correndo dietro a statistiche lette superficialmente per cavalcare l’onda dello stupore e delle condivisioni. L’idea di coinvolgere nei suoi dialoghi anche uno storico gli ha permesso di poter ampliare il campo di riflessione alla sociologia e alla storiografia, prove ulteriori di acume e razionalità degne di nota da parte del cantautore bolognese, il quale di recente ha spento le sue prime quaranta candeline.
Una delle mie persone preferite a questo mondo mi ha dimostrato ancora una volta che l’arte, quando ci si mette, cambia il mondo più delle leggi e dei trattati.
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