NB: i pareri espressi nell’articolo, nonostante l’impegno nell’oggettività, dell’analisi hanno una componente soggettiva. Se non siete d’accordo comunicatelo con gentilezza e rispetto e già in anticipo mi scuso se ho infangato il nome del vostro artista del cuore.
Non importa quanto provi a scappare, Sanremo torna sempre, imperterrito, da settant’anni.
A differenza della nazionale di calcio del 2006 però, il ligure evento musicale divide la popolazione italiana in chi lo ama e lo segue affascinato e chi invece preferirebbe scappare in Polinesia per evitare la kermesse, il red carpet e le polemiche più o meno inutili del caso.
Anche gli Zen Circus nel lontano 2011 ne “I Qualunquisti” ammettevano di guardare il festivàl (“non credo di esser superiore anche io guardo Sanremo” cit.) e così anche quest’anno un po’ per non deludere il buon Appino e un po’ per curiosità, ieri sera ho accesso la tv su Rai 1.
La serata è stata lunga. È iniziata con Fiorello che vaga per il Teatro Ariston con la veste di Don Matteo e si è conclusa con una classifica inspiegabilmente assurda…ma andiamo per gradi.
Musicalmente aprono la serata quattro rappresentanti della categoria “Giovani” che si scontrano – passatemi il termine – per arrivare in semifinale giudicati da una giuria demoscopica di 300 persone.
Nel match Eugenio in Via Di Gioia contro Tecla vince la seconda con il 50.6%, Leo Gassman che canta contro Fadi vince con una percentuale simile a quella del round precedente.
Le reazioni tra i fan della band torinese che portava alta la bandiera dell’indie in questa categoria non sono state pacate ma è una gara ed è giusto non essere d’accordo con la giuria. Ciononostante, un po’ di amaro in bocca è rimasto.
Il tempo per disperarsi però non è molto perché sono quasi le dieci quando Irene Grandi apre le danze nella categoria “Big”.
La sua canzone titola “Finalmente io” e già dalle prime note si sente il tocco che Vasco ha dato a questo brano che la Grandi interpreta con la stessa energia di quando a venticinque anni cantava “In Vacanza Da Una Vita”. È una canzone che forse non diventerà un tormentone ma che non si può dire non sia trascinante.
Segue Marco Masini che dopo anni di silenzio dovuto a dicerie e cattiverie torna a calcare il palco con “Il Confronto”, un pezzo che emoziona forse più per l’atmosfera del festival che per altre ragioni. Bisognerà sentirla in radio o in altri contesti per decidere se piacerà realmente ma nel frattempo non male.
Tocca poi a Rita Pavone. “Niente (Resilienza 74)” è il titolo e personalmente non ho capito molto di quello che voleva effettivamente dire la canzone. Vuoi per la musica che un paio di volte è stata più alta della voce, vuoi perché ancora non mi spiego come riesca ad avere tutta quell’energia alla sua età o alla famiglia che le parlava sopra il suo brano mi ha lasciata più perplessa che il resto.
Quando annunciano Achille Lauro sul palco nessuno sa cosa aspettarsi. L’artista scende le scale con un mantello firmato Gucci e a piedi nudi. Dopo poche note il nero mantello sparisce e Lauro si esibisce in una tutina aderente e glitterata mostrando in mondovisione i suoi tatuaggi.
“Me ne frego” l’ho trovata al primo ascolto un po’ sulla falsa riga di 1969 ma conto già dal terzo ascolto in loop non solo di averla imparata ma anche di averla compresa meglio.
È poi il turno di Diodato. Ho dovuto riascoltarla per decidere se mi piacesse e non riesco proprio a farmela entrare in testa. È come se mancasse di qualcosa, come quando parti per le vacanze e sai di aver scordato qualcosa ma non ti ricordi cosa e poi quando arrivi a destinazione di accorgi di non avere lo spazzolino. Ecco, “Fai rumore” è più o meno così.
Quando Le Vibrazioni salgono sul palco e iniziano a cantare “Dov’è”, alcuni abbassano la propria soglia di attenzione o ne approfittano per andare a rifocillarsi. Non è una delle loro migliori canzoni e se proprio vogliamo essere sinceri il suo unico pregio è l’essere diretta dal solo, unico, magnifico e inimitabile: Il Maestro Beppe Vessicchio.
Anastasio si presenta in maglietta bianca extralarge e jeans: il look minimal non lo salva da una canzone con un testo debolino nonostante la base sia potente e trascinante. Contiamo su un ascolto continuo e prolungato per riuscire ad apprezzarla di più. Forse.
Elodie porta sul palco dell’Ariston “Andromeda”, canzone scritta da Mahmood. Lo stile del contestato vincitore dell’edizione sanremese dello scorso anno si sente moltissimo ma Elodie ci mette del suo e mostra a tutti la grande crescita che ha fatto da quando nel 2009 è stata eliminata da X-Factor. Un motivetto alla “Soldi” che ci porteremo avanti almeno per un po’.
Bugo e Morgan: un dinamico duo che presenta una canzone interessante. A livello di testo mi ha ricordato molto “Chi (Who)”, canzone scritta da Morgan stesso nel 2009 come inedito per gli Aram Quartet, finalisti della stagione di X-Factor.
I due paiono una macchina ben oliata e la pacatezza di Bugo compensa l’estrosità dell’ex componente dei Bluevertigo.
Siamo già a mezzanotte passata quando presentano Alberto Urso, un giovane tenore il quale so per certo che, se mia nonna fosse stata ancora sveglia, avrebbe amato così come ama Il Volo. E così come il golden trio nel bel paese non riscuote successo se non in una fascia di età dai 65 in su, mi chiedo cosa abbia spinto Amadeus a scegliere Urso che fa un genere che attira di più all’estero che da noi. Non convince, non coinvolge.
Riki canta “Lo sappiamo entrambi”. Un brano insipido dal testo e dalle sonorità tipiche sanremesi ma soprattutto poco adatte all’orario. Magari mi inimicherò qualcuno ma per quanto mi riguarda ho trovato la canzone completamente evitabile, così come l’autotune che ricorda quella canzone della pubblicità di O.C. che ti ricordava soltanto che Marissa era morta e tutti stavano soffrendo.
È finalmente l’una e tredici minuti quando Raphael Gualazzi sale sul palco con gli occhiali da sole e ci sveglia con la sua “Carioca”. Non si sa bene se è per l’ora tarda o lo schiacciamento sul divano derivato dai due artisti precedenti ma Gualazzi riesce a farci tenere il tempo col piede quando pensavamo di non farcela più.
All’una e venti esce la classifica che, come anticipavo, non solo è inspiegabilmente brutta ma addirittura non ci si capacita di come, al primo posto, ci siano Le Vibrazioni. Nemmeno il Teatro applaude con convinzione.
Segue quindi la classifica della prima serata:
1. Le Vibrazioni - Dov’è
2. Elodie - Andromeda
3. Diodato - Fai rumore
4. Irene Grandi - Finalmente io
5. Marco Masini - Il confronto
6. Alberto Urso - Il sole ad est
7. Raphael Gualazzi - Carioca
8. Anastasio - Rosso di rabbia
9. Achille Lauro - Me ne frego
10. Rita Pavone - Niente (Resilienza 74)
11. Riki - Lo sappiamo Entrambi
12. Bugo e Morgan - Sincero
Sanremo però, come sappiamo tutti, non è solo musica in gara ma è anche ospiti speciali e attualità.
Le prime due tanto discusse vallette della serata sono state la giornalista sportiva Diletta Leotta e la giornalista internazionale Rula Jebreal. Entrambe le belle donne (come Amadeus ha ripetuto più e più volte) hanno portato sul palco dell’Ariston un monologo. La Leotta ha parlato della bellezza, di come sia un dono che pesa, di come diventerà nel 2076 e di come, se non fosse stata bella, lei quel lavoro – come tanti altri del resto – non l’avrebbe ottenuto.
Un discorso nel complesso opinabile e forse omettibile.
Rula Jebreal invece ha portato una testimonianza di violenza sulle donne. E non una presa da un quotidiano a caso: la Jebreal ha portato la sua testimonianza, la sua vita, il suo passato. Ha fatto venire i brividi e ha commosso con un monologo di una bellezza e di una profondità da toccare anche i cuori più duri. Speriamo solo che il suo messaggio sia arrivato forte e chiaro.
Sempre riguardo la violenza sulle donne, Gessica Notaro e Antonio Maggio cantano “La faccia e il cuore”. Gessica è stata vittima di un’aggressione con l’acido da parte del suo ex compagno e dopo un periodo di fermo, ha ripreso in mano la sua passione più grande: il canto. Così grazie all’amico Antonio Maggio e alle parole di Ermal Meta hanno portato questa canzone fuori concorso sul palco di Sanremo dal testo che lascia grandi spunti di riflessione.
I super ospiti sono stati diversi, primo fra tutti il Tizianone nazionale, Tiziano Ferro, che sarà presente ogni sera fino a sabato. Le canzoni cantate stasera sono state “Nel blu dipinto di blu” di Modugno in una versione swing non male dove Ferro prova a far cantare il teatro ma evidentemente confonde Sanremo con San Siro, ma glielo si fa passare perché è abituato ai grandi stadi.
Canta poi “Almeno tu nell’universo” della compianta Mia Martini. Nonostante la base avesse un qualcosa rimandabile al karaoke l’artista se la stava cavicchiando fino a quando non è scoppiata a piangere. A fine brano si scusa diverse volte per aver rovinato tutto perché “questa canzone per un cantante è un’operazione a cuore aperto”. Mh.
Nella terza e ultima esibizione della serata per Ferro in cui lo si vede cantare la sua “Accetto miracoli” in cui si riprende gran parte dei punti persi nel corso della serata.
Altri ospiti che hanno fatto sicuramente la gioia del pubblico più anziano sono Al Bano e Romina Power presentati da Romina Carrisi, la figlia della coppia i quali non solo cantano i grandi classici del loro repertorio (interamente “Nostalgia canaglia”, seguito da un medley con “La siepe / Ci sarà / Felicità”), ma dopo un quarto di secolo presentano il loro nuovo inedito scritto in compagnia di Cristiano Malgioglio.
Il cast di “Gli anni più belli”, il nuovo film di Muccino, dopo una piccola introduzione al film canta “E tu come stai?” di Claudio Baglioni (di cui dopo due anni di conduzione iniziavamo a sentire la mancanza).
Emma Marrone invece delizia il festival con la sua “Stupida allegria” e un medley dei suoi successi sanremesi “Non è l’inferno / Arriverà / Amami”.
La seconda serata del festival vi aspetta stasera, alle 20.30 su Rai 1.
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