Cosa accomuna te, Kandinsky e Jovanotti?
Tu, Kandisky e Jovanotti avete qualcosa in comune, cosa? la musica ovviamente. Si, ma come? Facciamo un throwback nel tempo insieme.
“Il 2 Gennaio 1911, alle sette e mezzo di sera, Vassily Kandinsky assistette ad un concerto di Arnold Schönberg a Monaco. Il giorno dopo, dipinse quel concerto.” (New York Times, 2013)

Due diverse sfere sensoriali che si uniscono. Un quadro, un concerto, l’arte.
Viene da chiedersi: in quanti modi si può ascoltare musica? Kandinsky con i colori ha dato vita all'astrattismo. C'è chi lo fa con il corpo, ballando, ma i modi per ascoltare musica sono tanti se ci pensate: distrattamente su un treno, ad un concerto, di notte, di sfuggita in un bar, in cuffia, in radio, ad alto volume, in riva al mare.
Ogni momento della nostra esistenza ha un’intensità e un valore personale diverso, dipendenti dal nostro umore, dall’ambiente in cui siamo, dai nostri pensieri e così via. La stessa canzone, ascoltata in momenti differenti spesso ci sembra totalmente diversa. In questo la musica non potrà mai essere universale, ma completamente "soggettiva", personale.
Eppure, pensateci: la propensione a fare musica e ad ascoltarla è uno dei più affascinanti tratti distintivi del genere umano, da sempre, e in qualche modo un’universalità ce l’ha.
Avete mai provato a dare una definizione scientifica di musica?
Musica: “L’arte che consiste nell’ideare e nel produrre successioni strutturate di suoni semplici o complessi, che possono variare per altezza (cioè per la frequenza delle vibrazioni del corpo sonoro), per intensità (cioè per l’ampiezza delle vibrazioni) e per timbro, per mezzo della voce, di strumenti o della combinazione di entrambe queste fonti.
Chiaro, no? No. Prendiamo una chitarra, va bene anche scordata.
Se pizzicate una corda di una chitarra, produrrà un tipo di suono. Fin qui niente di nuovo, ma se prendete la stessa corda e la dimezzate, pizzicandola il suono risulterà totalmente diverso. Perché? Cambia l’altezza, che si dimezza, e quindi anche il suono prodotto. Galileo vi direbbe: «Non è la […] lunghezza delle corde, non la tensione, ma sì bene la proporzione de i numeri delle vibrazioni e dell’onde».
I numeri permettono quindi di descrivere le ottave, ovvero i rapporti armonici musicali. Ogni accordo musicale si configura quindi come un più o meno complesso accordo numerico.
Già i pitagorici intuirono il legame tra musica e matematica e in particolare che i differenti toni di una scala sono legati ai rapporti fra numeri interi: una corda dimezzata suonerà l’ottava superiore, ridotta ai suoi 3/4; la quarta, ridotta ai suoi 2/3, e così via.

(Rappresentazione della vibrazione della corda secondo la legge di frequenza fondamentale)
Non a caso ai tempi di Platone, la musica era una delle arti liberali, considerate tra le più importanti per lo standard educativo fino al 1800, a pari livello di matematica, astronomia e geometria.
Nel 1712 Leibniz, matematico tedesco, in una lettera a Goldbach, (autore di una delle più note congetture irrisolte della storia), definì la musica come “un esercizio occulto dell’aritmetica, nel quale la mente non si rende conto di calcolare”.
Il collegamento scienza-musica risulta quindi evidente. Ma ancora più semplicemente pensiamo al pentagramma: un piano cartesiano. L’asse delle ascisse è rappresentata dai tempi, e l’asse delle ordinate dalla frequenza e quindi dall’altezza del suono.

Adesso andiamo un attimo nel lato oscuro di questo articolo, il “deepweb” di cui nessuno sentiva il bisogno, io vi ho avvisato (anche se il fatto che stiate ancora leggendo è segno che siete già pazzi e potete sopportare anche questo).
Dmitri Tymoczko, un compositore e insegnante del suono, ha descritto nel suo libro “A Geometry of Music” come gli accordi musicali abitino naturalmente vari spazi topologici, mostrando tutti i possibili percorsi che un compositore può percorrere per spostarsi tra gli accordi. Alcuni suoni corrispondono alle proprietà di alcune figure geometriche, c’è dunque una relazione tra spazi topologici e musica. Sorprendentemente, lo spazio degli accordi a due note è un nastro di Möbius - una striscia di carta le cui estremità, ruotate di 180°, vengono incollate l’una all’altra - e lo spazio degli accordi a tre note è una specie di toro, (non l’animale dai), triangolare attorcigliato. Per i più masochisti vi lascio il video originale. Qui sotto uno leggermente più simpatico (NB: simpatico per un matematico, sia chiaro).
Siamo arrivati alla conclusione che la musica, in questo senso, è universale ed è anche strettamente collegata alla sfera scientifica. Ma in tutto ciò, perchè una canzone ci piace e un’altra no? Qui la scienza c’entra ben poco, o forse no.
Quando ascoltiamo una canzone ci arrivano simultaneamente frequenze, toni (o note) e accordi che, trasmessi al cervello, vengono poi rielaborati. I circuiti neurali si attivano per decidere se una canzone può piacerci o meno. La musica determina infatti il rilascio di dopamina, un importante neurotrasmettitore che fa aumentare la frequenza cardiaca e la pressione del sangue determinando in noi determinati stati d’animo.
Uno studio della Harvard University ha dimostrato l’esistenza di alcune strutture musicali intrinsecamente correlate alle emozioni che possono essere percepite, anche da persone di culture molto diverse tra loro.
In un esperimento, gli autori hanno chiesto a 750 utenti di 60 paesi di ascoltare alcuni brani, ciascuno della durata di 14 secondi, tratti da diverse canzoni scelte casualmente. “L'analisi statistica dei circa 150.000 punteggi assegnati ha dimostrato che l'idea delle canzoni che si erano fatti i partecipanti corrispondeva alla sua funzione originale, anche se i soggetti non erano familiari con il tipo di musica. Ciò dimostrerebbe che esistono strutture musicali che non dipendono dalla cultura di riferimento, ma sono in gran parte universali”.
Scienza o meno, la musica resterà sempre uno degli aspetti più belli nella nostra sfera personale, e ci accompagnerà in ogni fase della nostra vita, tramite una trasformazione linear... la smetto si :)
Che poi, tutto ciò, si può concludere così: “Le canzoni, non devono essere belle, devono essere stelle, illuminare la notte, far ballare la gente.”