Parlare dei Beatles è sempre un compito molto difficile. Sono ormai decenni che si parla di questi quattro ragazzi - John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr - venuti da Liverpool e di quanto le loro canzoni e il loro stile siano stati importanti ed influenti per la storia della musica e non solo. Nonostante il rischio di cadere nello scontato o nel già sentito, oggi proverò a parlarvi dei Beatles, il gruppo a cui devo la mia passione viscerale per la musica, e in particolare di "Abbey Road", undicesimo album in studio dei Fab Four, pubblicato nel settembre del 1969 dalla Apple Records.
Nelle intenzioni di Paul McCartney e dello storico produttore George Martin, ossia le due figure più coinvolte in questo progetto, "Abbey Road" doveva essere il capolavoro finale del gruppo, il loro canto del cigno, ma in realtà così non fu. Nel maggio del 1970, infatti, alcuni mesi dopo l'uscita di Abbey Road, fu pubblicato "Let It Be", dodicesimo ed ultimo album dei Fab Four, un disco composto interamente da brani registrati prima delle sessioni di "Abbey Road".
Le registrazioni dell'album, avvenute negli iconici Abbey Road Studios di Londra a cavallo tra la primavera e l'estate del 1969, furono caratterizzate, così come quelle del cosiddetto "White Album" del 1968, da numerosissimi momenti di tensione tra i quattro componenti del gruppo. Nonostante il clima difficile il risultato di queste sessioni portò comunque alla pubblicazione di uno dei migliori dischi della storia della musica, diventato un classico istantaneo sia per le sue meravigliose canzoni sia per la sua iconica copertina che sfata in parte il famoso detto "non si deve giudicare un disco dalla copertina": già dalla cover si può intuire la grandezza e la bellezza di questo disco.
Il titolo dell'album deriva da un intervento di Ringo Starr, che propose scherzosamente di chiamare il disco "Abbey Road"; idea che piacque sin da subito agli altri componenti del gruppo e finì per sostituire l'altra opzione più accreditata "Everest", titolo ispirato alla marca delle sigarette del tecnico del suono Geoff Emerick.
Della copertina di Abbey Road si parla spesso perché, oltre ad essere diventata famosissima, presenterebbe alcuni elementi particolari, come la targa del maggiolino, della cosiddetta "P.I.D, Paul Is Dead": la teoria-complotto, a parer mio irreale, la quale sostiene che Paul McCartney sia morto nel 1966 in un incidente stradale e sia stato successivamente sostituito da un sosia. Ma visto che di teorie complottiste in questo momento ce ne sono già troppe, mi concentrerò nel parlare d'altro. "Abbey Road" è l'unico disco dei Beatles a non presentare sulla copertina né il nome del gruppo né il titolo dell'album, entrambi presenti sul retrocopertina. La foto ritratta in questo disco nel tempo è stata spesso citata o addirittura copiata da altri artisti come i Red Hot Chili Peppers, i quali nel 1988 per il loro EP "The Abbey Road E.P" la reinterpretarono alla loro maniera, ossia facendosi ritrarre sulle strisce pedonali, come i Beatles, ma completamente nudi, con solo un calzino a copertura delle loro intimità.
Lato A del vinile
Il Lato A del disco si apre con una delle canzoni più note dei Beatles, "Come Together", brano cantato e scritto da John Lennon in cui sono presenti diverse allusioni alle droghe, al sesso e alla politica e in cui viene dato largo spazio anche al talento da musicisti dei Beatles: ogni membro del gruppo all'interno di questo pezzo, a mio avviso, è riuscito a fornire un magistrale esempio del proprio talento musicale.
"He say I know you, you know me One thing I can tell you You got to be free" (da "Come Together")
Sempre su Lato A si trova una delle migliori canzoni d'amore mai scritte "Something", una meravigliosa e commovente rock ballad scritta e cantata da George Harrison e forse dedicata alla moglie Pattie Boyd, in cui si sente la magnifica sensibilità compositiva e tutto il talento di questo grandissimo artista troppo spesso sottovalutato. "Something" è la mia canzone preferita di questo disco, nonché una delle mie preferite in assoluto, in quanto esprime in musica che cos'è l'amor per me, ossia un "qualcosa" di spontaneo e non razionale che riesce però a far provare ad ogni individuo l'effimero ma bellissimo sentimento della felicità.
Altri brani degni di nota presenti sul Lato A sono "Oh! Darling", pezzo dalle sfumature rock 'n' roll e blues, scritto e cantato magistralmente da McCartney - noto in Italia anche grazie ad una cover in italiano del 1970 realizzata da "I Ribelli" del grande Demetrio Stratos, futuro cantante degli Area - e "Octupus's Garden", il secondo ed ultimo pezzo dell'intera discografia dei Fab Four scritto da Ringo Starr, con l'aiuto di George Harrison, il quale considerava questo brano, grazie alle atmosfere pacifiche che trasmetteva, molto bello e profondo.
Lato B del vinile
Il Lato B si apre con il terzo capolavoro presente in questo disco "Here Comes The Sun", brano composto e cantato ancora una volta da George Harrison, che ci fa capire come in questo album l'apporto artistico e compositivo fornito da George sia stato essenziale e d'altissimo livello. Questo è l'unico brano dell'intero album registrato senza la presenza di John Lennon e lo stesso George Harrison, nel suo album del 1979, scrisse una sorta di brano-seguito di questo pezzo intitolato "Here Comes The Moon".
"Little darling I feel the ice is slowly mealting Little darling It seems like years since it's been clear" (da "Here Comes The Sun")
Eccezion fatta per "Here Comes The Sun" e "Because", brano scritto da Lennon, il Lato B di Abbey Road è interamente occupato da un Medley di circa 17 minuti, fortemente voluto da McCartney ma detestato da Lennon. Questo medley, nato anche grazie a George Martin, il quale spronò il gruppo a pensare sinfonicamente durante la scrittura dei pezzi, è composto da 8 canzoni, scritte dai soli Lennon e McCartney, meglio dire frammenti di canzoni, che si susseguono senza alcuna pausa. Il brano che chiude il Medley e quindi il disco è "The End", unico pezzo della discografia dei Beatles dove ogni componente del gruppo compie un assolo del proprio strumento principale - Ringo-batteria, Paul-basso, George-chitarra, John-chitarra - e che termina con uno dei versi più filosofici mai usciti dalla penna di McCartney, "And in the end / the love you take / is equal to the love you make", un verso che sintetizza perfettamente l'impronta indelebile che i Beatles con le loro canzoni hanno lasciato nella storia della musica.
Abbey Road uscì per la prima volta in vinile il 26 settembre del 1969 per la Apple Records e la prima edizione italiana, ahimè non in mio possesso, si riconosce per due motivi: il primo è la presenza sull'etichetta sia del logo BIEM che del codice PMCQ 31520, mentre il secondo è la totale assenza sia sul retrocopertina che sull'etichetta del Lato B del titolo della traccia fantasma "Her Majesty", pezzo dalla brevissima durata scritto da McCartney che per colpa di una dimenticanza è stato inserito dopo "The End", diventando così a tutti gli effetti l'ultima traccia di Abbey Road. Nonostante la prima stampa italiana non sia di facilissima reperibilità, una delle stampe più ricercate di questo disco è sicuramente la prima stampa inglese, la quale non riporta, come quella italiana, da nessuna parte il titolo di "Her Majesty"; questa edizione presenta sull'etichetta il codice PCS 7088 e soprattutto sul retrocopertina ha un errore di stampa, ossia il logo della Apple Records non allineato con i titoli delle canzoni.
E voi conoscevate le storie e le curiosità legata ad Abbey Road?
Comments